Mi ero ripromessa di ricominciare da qui, e credo di averlo annunciato anche a te – tanto per impormi dei paletti esterni, perché sai bene che l’autocontrollo non è esattamente la più eminente delle mie (non così tante) virtù… La decisione è stata dettata, sempre all’insegna dei vincoli esterni (davvero non ce la posso fare a stare al mondo), dalla guida alla lettura stilata per me dalla Fra, cui devo l’ennesima bottiglia di roba buona ed un altro “grazie” da aggiungere alla serie infinita. Col senno di poi, mi dico che c’è anche un senso tematico nel procedere su questa Aetna dopo S.O.S.; perché se c’è un Santo che ha più di tutti a che fare con la Morte, nel nome e nel tipo di potere che esercita, quello è Deathmask.
A me, anche nelle mani maldestre del Cialtronissimo, Deathmask è sempre stato simpatico. E ti dirò, per quanto moralmente riprovevole – che, poi, se ne può discutere! – la sua visione della giustizia e della forza, ha per lo meno nobili ascendenti filosofici, almeno quando applicata su grande scala, ovvero la scala geopolitica, più che dei comportamenti individuali. Quando hai il potere di spappolare le stelle in punta di dita, giocoforza operi su grande scala, non hai altre scale; ancor più, poi, quando sei uno strumento al servizio di un’Istituzione, umana o divina che sia, corrotta o integerrima (ce ne sono?) che sia. Insomma, quando entrò in scena Deathmask ai Cinque Picchi, il suo monologo tutto mi parve tranne che il delirio di uno stolto. Oddio, il ragazzo magari era visibilmente un pochettino squilibrato (nessuno è perfetto!); ma certo non uno stolto. (Non inizio qui uno sproloquio su come non credo si possa dire altrettanto di Dohko, ma ricordamelo per una prossima occasione.) Perché la sua visione delle cose, almeno a me, sembra tutto sommato realista, e lo era parsa anche alla piccola me di cinque anni o giù di lì. Brutale. Violenta. Deprimente. Ma realista.
Basta accendere un telegiornale qualunque, in questi giorni, per rendersi conto che il metro e la misura di Deathmask sono moneta corrente, e non ci sono donne e bambini che tengano. Ed ha ragione Aphrodite: è una ben macabra moneta.
Il problema è quando l’individuo, dismessa la divisa o la ferraglia che sia, si guarda le mani che hanno compiuto certe cose. Allora l’individuo deve raccontarsi altre cose e metter su altre storie, o metter teste sopra ai muri, per dare un senso alle proprie azioni e dormire la notte. Credo. In linea di principio – ti farò sapere se mai commetterò una qualunque variante tra l’eccidio e il genocidio.
In questo prologo – saranno le rose riappuntate anche in calce, saranno i gesti che trasudano simbolismo, sarà il tono lucido, quasi canzonatorio, ma comunque a suo modo crudele – Aphrodite si conquista a pieno diritto i due terzi della scena, senza colpo ferire. E va bene così.
È bastata una manciata di frasi, ma è immediatamente lampante che anche questa è una cosa bellissima. <3 |