Cominciamo: sono appassionata di horror e suoi sottogeneri, non mi dichiaro esperta, ma tra questa mia passione e una buona conoscenza dello storytelling penso di poter dare un parere abbastanza consistente a riguardo.
Il racconto risulta noioso e ripetitivo. Non ci sono immagini reali, l'ansia, l'angoscia o la paura del protagonista non sono altro che mere parole: non basta dire "ho paura", è necessario trasmettere al lettore la sensazione perché il racconto sia coinvolgente. L'horror come genere penso abbia un imperativo categorico: essere immersivo. Perché leggere un racconto horror se non per sentire il brivido?
Le sensazioni del protagonista sono limitate ad un elenco di sinonimi del suo stato d'animo: "camminavo con l'ansia[...]", "[...]... che mi facevano sentire così a disagio", "Respiravo ansiosamente" e ancora viene rincarata la dose con "e la paura c'era"; scrivere con parole diverse un concetto, non lo intensifica, è, banalmente, una ripetizione dello stesso concetto. Questa è una narrazione sterile, al pari di un elenco della spesa. La regola dello "show, don't tell" penso sia una pietra miliare, soprattutto scrivendo un racconto dell'orrore. Sarebbe stato interessante se avessi mostrato le sensazioni effettive procurate dall'angoscia, a maggior ragione narrando in prima persona. Neppure le creepypasta, seppur brevi, si limitano a semplici elenchi di sensazioni quando si tratta di creare un'atmosfera.
Se lo scopo era far provare sentimenti, questo non è un metodo efficace.
La consecutio temporum è da controllare, perché, al di là dei periodi al presente, conseguenti al pensiero del protagonista, la parte narrativa vede alternarsi tempi verbali (imperfetto e passato remoto) senza un senso logico.
Inoltre non ho compreso il senso di presentare Cassie al lettore, se di fatto nel racconto non ha un'utilità. Certo, al protagonista risulterà naturale presentare la propria ragazza, ma quei pensieri, quelle informazioni stonano, sembrano buttate giù di fretta per morire lì, poiché, appunto, non sono utili ai fini della storia.
E poi c'è il finale.
"Ecco, casa. Ero a casa finalmente! Suonai al campanello; Aspettai; Nessuno rispondeva; Risuonai; Aspettai e nessuno rispondeva; Decisi di aprire con le chiavi. Ommioddio."
Qua hai semplicemente inserito un eleno di azioni. Se prima avessi creato l'atmosfera, coinvolgendo il lettore e portandolo a uno stato di angoscia, questa serie di "periodi" sarebbe stata capace di distruggere tutto all'istante, quando finalmente la storia avrebbe potuto raggiungere il suo culmine.
E' chiaro il tentativo di creare suspance, ma non hai costruito nulla di effettivo: non è un climax di angoscia, né un anticlimax che da un livello di massimo terrore si risolve nel sollievo del protagonista, è un elenco anche qua. Il ritmo che suggerisci con questi periodi spezzati è quasi incalzante, ma risulterebbe tale se accadesse qualcosa di effettivo.
Quel che segue non l'ho trovato interessante. E' una conclusione che pare riprendere molto il genere creepypasta, ma in questo contesto stona, oltre che risultare scritta in modo confusionario.
Questa sarà una critica un po' pungente, forse, ma vuole sottolineare solamente gli aspetti su cui serve lavorare.
A buon rendere, DyxDee. |