Sbaglio, o questa storia richiama il film Wall•e?
Fin dalle prime righe (dal nome Eve in particolare) ho avuto l'impressione che a parlare fosse proprio il caro robottino, impressione che si è accentuata andando avanti a leggere. Anche se il femminile all'inizio del racconto confuta le mie supposizioni.
Ma lasciamo da parte Wall•e.
La storia è un esempio originale di come sia l'amore, di cosa sia l'amore per gli umani. Il tutto, visto attraverso gli occhi di un robot, dà un senso di straniamento che porta a pensare: "ma siamo davvero così, noi umani?"
E a ben rifletterci, sì, siamo così. Sempre in cerca della parte mancante che ci serve per farci funzionare, incappando troppo spesso in viti e bulloni che non ci servono, non riconoscendo quelle viti e quei bulloni che in realtà ci completano.
Ne ho lette parecchie di riflessioni di questo tipo, ma quelle di questo robot sono antiche e nuove al contempo, sempre valide e sempre apprezzabili.
Ho notato solo alcuni errori, e.g. "Nessuno la fatto"
Ma per una volta posso chiudere un occhio, no?
Sperando di leggere altri tuoi scritti,
Iama
P.s.: ho solo un appunto: la storia non è una drabble. (Recensione modificata il 27/12/2014 - 11:57 am) |