Recensioni per
Dea immortale, macchina perfetta
di aturiel

Questa storia ha ottenuto 2 recensioni.
Positive : 2
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
04/04/15, ore 11:32

Ciao,
ti avevo detto che volevo leggere altro di tuo e infatti sono qui, a spulciare nel tuo progilo. 
Ho lett solo una tua storia, quella che ho valutato per il contest che, pur essendo arrivata ultima (ma erano solo tre storie e le altre due mi avevano colpita perchè rientravano nel mio ''gusto'' personale, in quello che amo meggere) ho apprezzato.  Se non sbaglio, ti ho scritto che di te mi aveva colpito in particolarmodo il taglio stilistico ''rude'' freddo, quasi come se le tue parole fossero stillettate, graffiante, sebbene usi parole semplici, quasi basilari Lo ritrovo anche qui e riconfermo che mi è piaciuto molto e trovo che bisogna essere molto abili per emozionare usando ''poche parole'' 
Complimenti

Recensore Veterano
28/01/15, ore 18:44

Valutazione ricevuta al contest "La sfida dei Dieci" - 2a Classificata

Grammatica: 5/5
Lessico: 5/5
Stile: 4/5
Presentazione: 4,9/5
Nomi e titoli: 5/5
Personaggi: 5/5
Originalità: 16/20
Uso del Pacchetto Difficile: 12,5/15
- Rielaborazione creativa e uso corretto del pacchetto: 9,5/10
- Punti sottratti per uso non corretto: -2/9
- Punti bonus pacchetto: +5/5
Gradimento Personale: 20/20

Punteggio finale: 77,8/80

Eccoci *_*
Con te sarò breve e te lo meriti, perché la tua storia mia ha lasciata senza parole. Letteralmente >_<
Praticamente perfetta sotto il punto di vista grammaticale e sintattico – hai visto anche tu che gli errori sono minimi, e tanto è stato scalato nello stile solo a causa della brevità del racconto -, praticamente stampata addosso al pacchetto. Non mi capita quasi mai di avere vita così facile nella correzione di una storia, e questo l’ho veramente apprezzato!
Comincerei con lo stile: freddo, impersonale, gelido come il metallo… in poche parole perfettamente adatto al concetto che volevi esprimere! Lo rafforza, ne è corollario e vettore. Hai scelto di usare frasi brevi, quasi troncate di netto, e di ripetere concetti all’infinito, come se la tua storia stessa fosse una macchina, costretta a reiterare in eterno le stesse, monotone azioni. Le parole scelte sono semplici, quasi elementari: colpiscono per la loro fragilità, per l’inconsistenza apparente che c’è dietro… fin quando non ci si rende conto che colei che parla è in realtà poco più di una bambina, e tutto ha un senso.
La tua storia mi ha fatto una strana prima impressione: leggendone l’inizio scuotevo il capo, pensando che ti fossi limitata a scrivere in parole differenti la canzone, a riportarne in maniera estesa i brani. E poi, continuando, ogni mio pensiero filava via, trascinato dal ritmo incalzante della storia, da quella cascata di introspezione appena velata che, in questo caso, è di una profondità ammirevole.
Appena velata, perché di lei sappiamo solo che è un guscio vuoto e perfetto, un’arma senza emozioni. Profonda, perché è essa stessa che narra la sua condizione con parole dure e indifferenti, lasciando solamente immaginare cosa abbia comportato tutto questo per lei.
Hai usato la prima persona presente, una scelta rischiosa che hai saputo gestire bene e che, in questo contesto, è giustificata e contribuisce all’impatto emotivo – la storia non sarebbe stata la stessa narrata da uno spettatore, avrebbe perso il senso profondo.
L’impatto visivo rafforza l’impressione di asetticità che emana dal tuo racconto: elegante nella sua semplicità, quasi nudo, spogliato di tutto ciò che è inutile. Come la tua protagonista senza nome. L’impatto emotivo è fortissimo: il carattere, poco comune a vedersi, gli conferisce un’aria aliena mentre l’enorme quantità di spazi vuoti mima e amplifica quell’immensa sala in cui la tua protagonista volteggia al ritmo di una musica incompiuta, catapultando il lettore lì, accanto a lei, in un edificio che ho immaginato bianco e metallico, illuminato da un neon glaciale.
Trovo che la scelta della presentazione sia del tutto azzeccata. Unico neo: il testo non è giustificato, anche se ho visto che la versione pubblicata lo è. Purtroppo ai fini del contest è il file inviato che conta, ma sappi che ho apprezzato molto la versione di EFP.
Mi ha colpito molto la fredda consapevolezza della tua protagonista: lei sa di essere ciò che è, ha piena coscienza di quel che ha perso e, forse, di quel che poteva avere, ma non è in grado di dispiacersene né, tantomeno, di rendersene realmente conto. In questo è perfettamente inserita nel contesto che ti suggeriva il pacchetto, del quale hai seguito in maniera precisa le linee guida… e qui sorge spontanea una domanda: perché? ç_ç perché mi hai costretta a togliere quei due punti dal pacchetto? Credimi, è stata una sofferenza fisica! Il genere, infatti, non è romantico, né hai accennato al romanticismo all’interno della storia – cosa che, me ne rendo conto, stonava alquanto con ciò che hai creato. La citazione, invece, non è presente: era questa il vero elemento di difficoltà del pacchetto, e un po’ mi è dispiaciuto non trovarla, lo ammetto.
Non so se hai seguito il ritmo della traccia musicale o meno, ma io ce l’ho ritrovata – nelle atmosfere, nelle cadenze, nel suono monotono in sottofondo - e questo l’ho adorato, perché amo quel pezzo. È da anni – almeno quattro, per la precisione – che cerco di scriverci su qualcosa, arrovellandomi su una storia che esprimesse le emozioni che mi fa provare quando la sento. Non ci sono mai riuscita ma, se ce l’avessi fatta, il tuo racconto sarebbe stato ciò a cui avrei aspirato, sono sincera.
Detto questo, devo abbassare un po’ il tono estatico che credo di star usando, perché mi addentro nella vera nota dolente della storia, forse l’unico punto leggermente a suo sfavore: l’originalità. Spogliata delle emozioni e del fascino che esercita su di me, la storia diviene alquanto simile alla tua protagonista: perfetta sotto molti punti di vista, ma di poca sostanza in realtà. Tutto è appena abbozzato e non è permesso addentrarsi più a fondo della superficie, se non con l’immaginazione. Credimi, apprezzo da morire il fatto che questo faccia gioco alla trama, ma la storia in sé non dice in realtà molto più della canzone da cui prende spunto. La vera innovazione è nelle creature contro cui la protagonista è stata scatenata: vorrei sapere di più di questa guerra, di questi nemici all’apparenza così affascinanti.
Bella comunque l’ambientazione fantascientifica, che è presente anche se in realtà mai ben descritta.
Personalmente non riesco a non essere di parte: hai toccato delle corde del mio animo che non riescono a smettere di vibrare, e l’hai fatto in una maniera che mi rende assolutamente invidiosa! Per quanto mi riguarda la tua storia ha il fascino dei se: e se lei non avesse scelto la trasformazione, cosa sarebbe? Se potesse provare qualcosa, come sarebbe la sua vita? Se continuerà a mutare, cosa diverrà? Non è dato di saperlo, ma non stona che tutte queste domande non abbiano una risposta. Lei le accetta e, inconsciamente, alla fine della lettura lo facciamo anche noi, in una fusione che è scomoda e idilliaca ad un tempo – perché, se è vero che la felicità non l’ha raggiunta, lo è anche che non ne ha bisogno, non può capire di averne. È una donna, all’inizio della storia, prima che i cambiamenti intervengano, e una macchina alla fine: una divina, perfetta macchina.
Insomma, una storia che ho riletto, e rileggerò, molto volentieri. Non so che altro dirti, non trovo le parole: mi è piaciuta, e tanto. Tutto qui, anche se so che non è molto :D

Ps: sai, in parte lei mi ricorda Wolverine degli X-men O_o e so che il paragone è un tantino azzardato, ma forse è per via del metallo nelle ossa :D