GIUDIZIO PER AVER PARTECIPATO AL CONTEST «CHILDREN OF THE NIGHT»
«SOMNIUM» DI MELIAN (.:MELIAN:.)
VINCITRICE DEL PREMIO «POST TENEBRAS LUX» PER LE MIGLIORI TINTE DARK
Nella penombra, sembrò un bacio: lo sconosciuto abbracciò Anthon con la foga spropositata di una belva e gli tappò la bocca con una mano, mentre il ragazzo si divincolava, trovando però un'inaspettata potenza a disilludere le sue speranze di fuga. Sembrò un bacio, ma in realtà fu un morso: la gola squarciata, il sangue che fluiva – poesia.
- Sviluppo della trama e dei personaggi
La storia è un vero e proprio tributo alla follia. Follia intesa in senso positivo, negativo, neutro; è tutto questo eppure non è nulla di tutto ciò, una narrazione che sembra cominciare in modo tranquillo e per nulla fuori dall'ordinario e che si rivela essere poi sconclusionato e primo di un vero e proprio pensiero e fondamento logico, così diverso dal modo in cui i fatti vengono narrati quando si parla di Eveline che, per un momento, persino il lettore resta spiazzato e non capisce con esattezza che cosa stia succedendo.
Si potrebbe credere che i frammenti che vengono posti tra un passaggio e l'altro siano la semplice lettura di una giovane ragazza letteralmente rapida dal proprio libro ma, mano a mano che si procede durante la lettura, si scopre invece che non è per niente così: si viene travolti da un fiume di pensieri, rincorrendoli il più rapidamente possibile per non restare in qualche modo indietro; ci si ritrova in un mondo dalle fredde membra e dalle sfaccettature tra il macabro e l'idilliaco, perdendosi letteralmente in essi come una goccia si perde nel mare.
I passaggi in corsivo corrono rapidi come un treno sulle rotaie, insinuandosi tortuosi su per la mente e diramandosi sconclusionati dinanzi agli occhi, come se chi stesse facendo quei pensieri non abbia la mente del tutto lucida e si ritrovi a sciorinare le prime cose che gli vengono in mente pur di non impazzire e rendere partecipi una seconda presenza che, in realtà, non è per niente con lui; passato e presente si mescolano in quei pensieri disarticolati, momenti che non dovrebbero aver luogo poiché avrebbe dovuto continuare il proprio riposo, eppure eccolo lì, che pensa, pensa e pensa, e il cervello - che dovrebbe essere stato strappato via o in putrefazione, ma questi son dettagli in più - macina senza sosta e sempre più in profondità, gettandosi nel baratro dei ricordi.
Poco a poco, attraverso quelle parole, si delinea un antico Egitto dal sapore del sole cocente, quell'Egitto di riti antichi e di olii profumati, di mummificazioni e faraoni, di sabbia calda sotto i piedi e fra le mani; ho apprezzato, ancora una volta, il particolare inerente all'alchimia che avevo già ritrovato in una tua vecchia storia, agli Dei Egizi e al richiamo di Prometeo - vedere la luce come nessun mortale l’ha mai vista, per rapirla dalle stelle lontane come se fossi Prometeo -, inserendo tanti e piccoli dettagli che, visti singolarmente, magari non hanno nemmeno senso per il modo in cui si diramano quei pensieri, ma che tutti insieme hanno la loro particolarità e fanno comprendere tutto ciò che si sta cercando di spiegare, rendendo tutto molto più sensato.
Non si può parlare di vera e propria caratterizzazione dei personaggi, almeno per quanto riguarda il narratore maschile. Si comprende, però, che la prima protagonista che appare, ovvero Eveline, è una giovane ragazza che fa parte di una nobile famiglia e che è stanca di vivere fra quelle quattro mura, ma che, non potendo viaggiare come desidera, si rifugia nei libri, che la portano in mondi fantastici e sempre più lontani; di Alphonse posso dire poco e niente, essendo presentato relativamente poco e facente per lo più parte di ben altra storia, però posso parlare del nostro folle narratore, che ha passato secoli e secoli in un sarcofago e che si è risvegliato solo quando ha sentito una nuova presenza sovrannaturale girare da quelle parti. Lo si vede come un qualcuno ormai perso nel proprio limbo, un corpo putrescente che riesce chissà come ad appigliarsi a pensieri che sono suoi solo in parte e che poi cominciano ad intersecarsi in quelli che fanno prettamente parte di Alphonse, pensando e pensando fino a far vorticare qualunque cosa. Un personaggio emblematico che non ha né nome né caratteristiche ben definite, ma che in qualche modo riesce a far parlare di sé e a farsi persino vagamente apprezzare.
Facciamo comunque un piccolo passo indietro e parliamo dell'intera narrazione del racconto.
Da un certo punto di vista, quando si narrava dell'Egitto mi è balzata subito alla mente “La regina dei dannati”, più per il modo in cui si susseguiva la narrazione e il luogo in cui sembravano voler convergere i pensieri che per veri e propri momenti descritti in quel determinato libro; è stata giusto una sensazione momentanea e non del tutto spiacevole, anzi, ha fatto sì che ne volessi sapere di più per vedere fin dove si sarebbero spinti quei pensieri, che corde avrebbero toccato e perché si fosse arrivati a quel punto dopo che il nostro narratore aveva “rubato il fuoco” dei Bevitori di Sangue.
Apprezzato anche quello che mi è parso essere un vago riferimento al cavallo di Troia, poiché delinea un modo di voler cercare di dare alla storia un determinato contesto e voler cercare, senza spingersi troppo oltre, di insinuarsi negli eventi, senza volerlo fare a forza per far sì che essi abbiano un loro senso in una determinata coerenza storica; ho apprezzato i richiami ad Atene, al cerchio della continuità della vita, alla stessa che si rigenera e si distrugge, creando un circolo vizioso ancora e ancora, sangue del sangue e carne della carne, venendo tutto inghiottito dalla terra stessa e dai pensieri sempre più disarticolati di questo vampiro; pensieri che prendono mano a mano forma, ritrovandosi poi a convergere verso quella conclusione che, in un modo tutto suo, riesce persino a risultare vagamente coerente.
L'utilizzo della musica come strumento di richiamo è stato altrettanto apprezzato, dava un'atmosfera simile, per l'appunto, a quella del pifferaio magico e, in un certo qual senso, rendeva il tutto ancora più macabro e con uno strano retrogusto ottocentesco, non dato solo dal periodo in cui si svolge la storia ma anche da tanti piccoli particolari che vengono disseminati durante il corso del racconto: la voglia di Eveline di viaggiare e di non vedersi omologata in quella che potrebbe essere una società un po' stretta, il profumo della cera sciolta di una candela, l'odore di libri vecchi e polverosi e gli schiamazzi nelle bettole, il tutto unito anche all'ottima narrazione.
Nonostante i bei paesaggi, con tanto di ottime premesse, ammetto che un po' mi è mancato vederti delineare fino in fondo la figura del vampiro, sapendo quanto tali creature rientrino in parecchie tue storie e come tu stessa riesca a sviscerarle in ogni possibile sfaccettatura; ci ho purtroppo visto poco dei vampiri a cui mi hai preparata di solito, per quanto le scene fossero suggestive e facessero comprendere tutto il possibile ed immaginabile di questa creatura dai pensieri tormentati e disarticolati.
- Stile, sintassi & grammatica
Il modo in cui vengono descritte determinate scene mi è piaciuto. Alcune sembra davvero di vederle dinanzi agli occhi e di sentire il calore del sole d'Egitto sulla pelle, e ormai si sa che ho un debole per quelle storie che riescono a comunicare un certo tipo di sensazioni anche solo attraverso il giusto uso delle parole.
Ammetto che al principio non ho molto apprezzato questo altalenarsi della narrazione, e non perché non fosse in qualche modo bella; giacché mi piacciono gli stili narrativi molto più puliti e non prediligo quelli sconclusionati, all'inizio ho storto un pochino il naso ma, leggendo nelle note che era per l'appunto una cosa voluta per far sì che quei pensieri partissero semplicemente come un risvegliarsi di coscienza - e quindi non devono per forza avere un senso -, non potevo penalizzarti per questo.
Qui di seguito, però, ci sono un paio di piccoli accorgimenti che credo possano rendere la storia un pochino più fluida di quanto già non sia:
❒ La fiamma aranciata → Non è un errore, ma in una storia di questo tipo trovo che l'espressione “fiamam aranciata” stoni non poco; magari si potrebbe sostituire con un molto più sobrio “fiamma arancione” o “aranciastra”. Non suona armonioso come forse volevi intenderlo, ma è decisamente più leggibile nel contesto
❒ Il libro spiegato → “Spiegato” non lo trovo un aggettivo molto accostabile ad un libro - probabile chiaro gusto personale, ma sono convinta che le parole abbiano un bel suono solo in determinati contesti e che debbano dunque suonare bene -, lo cambierei con un semplice “aperto”
❒ quella fantasticherie → quelle fantasticherie
❒ voglio schermarmi dai tumulti del mondo e dalle voci umane che mi raggiungono con troppa insistenza perché la Bestia non ne sia pungolata e attratta → voglio schermarmi dai tumulti del mondo e dalle voci umane che mi raggiungono con troppa insistenza, perché la Bestia non ne sia pungolata e attratta
❒ ricordo con insolita vividezza ogni notte che ho vissuto come un predatore → ricordo, con insolita vividezza, ogni notte che ho vissuto come un predatore
❒ Ci rende i testimoni perfetti di una storia che si ripete e dove gli uomini compiono sempre le stesse azioni e i medesimi errori senza imparare nulla → Ci rende i testimoni perfetti di una storia che si ripete, dove gli uomini compiono sempre le stesse azioni e i medesimi errori senza imparare nulla
❒ Ma che sia dono o logorio, essa ci accompagna sempre → Ma, che sia dono o logorio, essa ci accompagna sempre
❒ urlò con la faccia congestionata dalla rabbia al suo avversario → urlò al suo avversario, con la faccia congestionata dalla rabbia
❒ stretto in un cappotto dai bottoni preziosi; portava un cappello calato sugli occhi → stretto in un cappotto dai bottoni preziosi, portava un cappello calato sugli occhi
❒ Un volto assorto, dove il sangue umano fluisce inconfondibile sottopelle rendendo i lineamenti → Un volto assorto, dove il sangue umano fluisce inconfondibile sottopelle, rendendo i lineamenti
- Parere personale
Ciò che ho particolarmente amato, oltre la buona dose di follia presente fra le righe, è il modo in cui sei riuscita a giostrare il tutto, per quanto abbia espresso un po' di perplessità per l'alternarsi della narrazione.
La storia presentava in sé ottimi spunti e un qualcosa di fresco e nuovo, qualcosa che cercava di apparire rivoluzionario senza però strafare troppo, e direi che, da un certo punto di vista, ci è persino riuscita; per quanto alcune cose sapessero di già visto - vuoi perché influenzata da questo e da quello, vuoi perché magari si voleva fare una sorta di tributo nascosto -, il modo in cui l'hai inserite nel racconto funzionavano da sole e davano una perfetta impressione di sé, creando un mix perfetto che prendeva pian piano forma davanti agli occhi.
Hai saputo creare delle belle atmosfere, a volte persino un po' cupe, anche se hai dato predominanza alla narrazione sconclusionata dei pensieri del vampiro, cosa che, pur lasciando vagamente spaesati, ha un suo perché durante tutto il racconto e non può dunque non catturare in qualsiasi modo l'attenzione. C'erano quelle vaghe tinte dark che emergevano quando narrava del passato e di come si approcciasse alla mente di quel vampiro di nome Alphonse, ricreando una scena nella scena che, se vista separatamente, non avrebbe avuto lo stesso effetto che si è avuto invece grazie alla conclusione stessa, con la morte della povera Eveline, vittima ignara il cui solo peccato era quello d'esser sognatrice e ingenua. |