Recensioni per
L'errore ripaga l'errore
di Roxar

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
Positive : 1
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Nuovo recensore
28/04/15, ore 23:53

Mi perplime che questa storia non abbia ancora ricevuto alcuna recensione - ma magari ciò dipende dal fatto che lascia un po' senza parole, con una sensazione di annientamento e sporcizia addosso. E' di bambini strappati alla vita o costretti al limbo del coma che si parla, dopotutto.
Ma procedo con ordine. 
Innanzitutto, lo stile. Svelto, accurato, al passo con il ritmo della scena descritta. E freddo, senza che ciò sia una pecca, a mio avviso: segue la logica distaccata del protagonista, che pure non è totalmente così, perché, ovviamente, questi non è un killer asentimentale. Se ne percepisce il rimestamento interiore, la catarsi e, al contempo, il tormento che questo processo liberatorio gli provoca. Perché Brandon Sherman non vuole farlo, ma crede che ciò sia giusto. Si eleva a Dio vendicatore per darsi una giustizia che non lo ripagherà, non fino in fondo. E' un padre dilaniato dal dolore, che veste i panni dell'omicida per punire un errore imperdonabile - e punisce con lo stesso errore, macchiandosi della stessa colpa, quasi per una sorta di contrappasso inevitabile. Ed il lettore (io, quantomeno) si cala nella sua parte, indossa la sua pelle. Non sono una madre e non posso comprendere - e neanche lontanamente immaginare - ciò che possa significare la perdita di un figlio, ma mi è comunque difficile pensare che, al posto di Brandon Sherman, non avvertirei lo stesso desiderio. Una vendetta vacua, senza scopo, ma che risponde ad un congenito senso di giustizia. Devi provare ciò che io ho provato. Eppure, al contempo, è altrettanto impossibile non provare un moto di disgusto, di disapprovazione: come può prendersela con creature indifese, sporcarsi del loro sangue, assistere ai loro ultimi istanti di coscienza, pur consapevole della loro innocenza? Non è con quei bambini che se la prende, è vero; il suo obiettivo sono i padri, di cui scorgiamo clandestinamente fette di futile esistenza, senza affezionarci, ma senza che davvero li si possa credere (o non credere?) meritevoli di questo dolore. E la bellezza di questo scritto è proprio in questo: non sai da che parte stare. Non ci sono giustificazioni per la sofferenza inflitta, anche se non gratuitamente. Ma non si può fare a meno di provare compassione per questo padre straziato, anche lui da annoverare tra le vittime. Così distrutto da non riuscire a tenere separato il se stesso di prima che Colin Rice gli ricorda dal se stesso attuale. Resti sempre un genitore, anche quando tuo figlio non c'è più. E questa sua profonda empatia rende ancora più imperdonabile la sua vendetta - e ancora più comprensibile. 
Una one-shot che ti chiede più tempo per riflettere che per leggerla, perché, per questo, fili fino alla fine senza neanche ricordare di prendere fiato. 
Bellissima. Logorante, ma bellissima.