Recensioni per
È Meglio Aver Amato E Perso
di Aliseia

Questa storia ha ottenuto 9 recensioni.
Positive : 9
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
11/04/23, ore 00:34

Arrivo qui dopo un viaggio inaspettato, una festa a lungo attesa e tanto tanto cammino, eppure sono sempre stata qui. Questi luoghi, questi elfi, questi nani, queste terre, sono familiari, forse li ho sempre avuti dentro di me. Mi sembra di conoscerli da sempre, oltre ogni limite e confine. Eppure è un mondo nuovo, incubi entro in punta di piedi. Un po' come Bilbo che con stupore e meraviglia scopre posti e persone che non osava nemmeno immaginare. Mi accosto con timore reverenziale ai due Re e ringrazio Sire Thranduil per aver salvato il Re sotto la Montagna.
Grazie per essere sempre di grande ispirazione, darling, e di aver creato tutto questo e tu sai cos'altro

Recensore Master
16/09/16, ore 16:03

Questo capitolo mi ha affascinato già dal titolo, in cui mescoli i nomi dei due amanti per creare una nuova espressione davvero incantevole! Ed è particolare anche il modo in cui inizi la storia, che non riprende da dove si è interrotto il capitolo precedente, bensì dal ritorno di Thorin a Bosco Atro. Si rimane un po' spiazzati, sulle prime (io mi sono anche chiesta se per caso non avessi confuso le storie!), ma poi c'è la spiegazione, la tua creativa e originale versione della vicenda per salvare i Nani e regalare a Thorin e Thranduil un finale lieto (e io ne so qualcosa di questi "escamotage"!). Per tutti Thorin e i nipoti sono morti, nessuno di loro può più avanzare pretese sul trono, il loro destino è vivere nascosti, ma sono tuttavia vivi e possono avere una seconda occasione! Questa soluzione mi è sembrata perfetta perché, comunque, leggendo il libro o vedendo il film si è consapevoli della morte di Thorin, Fili e Kili e non sarebbe sembrato verosimile inventare qualcosa per cui quella battaglia non ci sia, o loro non vengano colpiti... non si può negare la realtà di ciò che si vede o si legge. Eppure, nella tua bellissima versione, quella morte non è la fine. I tre Nani sono in fini di vita, sì, ma poi interviene Thranduil e, in segreto, li salva. La triste scena della loro morte si può allora guardare, ma sapendo, in fondo al cuore, che la storia non finisce lì, che c'è una realtà in cui Fili e Kili tornano a casa dai loro cari e vivono felici insieme alla famiglia. Una realtà in cui Thorin, messa da parte ogni ambizione, comprende che l'unica vera ricchezza è l'amore e ottiene così la ricompensa più bella che potesse mai immaginare: un'eternità di felicità e luce al fianco di Thranduil. Commovente, epico e dolcissimo questo finale. E adesso potrò davvero guardare anche i film, perché saprò che quello che si vede sullo schermo è solo una piccola parte e che la verità è la bellissima immagine che chiude questa tua storia magnifica.
Grazie perché non solo hai scritto una ff meravigliosa e appassionante, ma anche perché mi hai ridonato la voglia di vedere i film che non avrei mai guardato altrimenti, perché potrò vederli con la consapevolezza che il vero finale è quello che hai creato tu. Questo è il potere delle nostre passioni ed emozioni.
Abby

Recensore Master
06/09/16, ore 17:27
Cap. 2:

Potendo connettermi, oggi mi sono data alla lettura delle storie che avevo lasciato in sospeso e sono rimasta affascinata da questo capitolo dedicato agli Elfi e alle loro vicende, inserito nella vicenda principale della presunta morte di Thorin e dei suoi nipoti. E' stato bellissimo ritrovare Cabranel e Caleloth, il loro rapporto così intricato ma anche così forte, che non si spezza a dispetto dei loro tentativi. Molto tenero e delicato l'accenno a Cabranel che in Kili rivede qualcosa di Caleloth e che per questo non vuole che muoia... L'apparizione di Thranduil, poi, è veramente un incanto, mesto e tuttavia sempre regale: ho amato infinitamente la scena in cui chiede a ognuno dei suoi Elfi per quale motivo vogliono entrare con lui a combattere l'Ombra, una scena epica e emozionante, davvero degna di una pagina di Tolkien! E altrettanto bello è il momento in cui affida la cura di Kili a Cabranel perché gli occhi del Nano sono luminosi come quelli del "suo" Caleloth... è veramente incredibile come tu sia riuscita a ricreare l'incanto di questa ship con lievi e delicati accenni anche in una storia in cui non sono loro i protagonisti. La visione del fratello Nestadion che, anche lui, incoraggia Cabranel a credere nella luce e nella possibilità dell'amore con Caleloth è tenera e commovente, ed è molto particolare anche la visione della moglie perduta di Thranduil: il sovrano si ritrova davanti l'amore perduto e quello che può e deve salvare e c'è una sorta di legame in questo, un "passaggio del testimone" si potrebbe dire. Mi è piaciuta tantissimo la parte in cui ogni Elfo ha dovuto combattere contro i propri rimorsi per poter sconfiggere l'Ombra e esercitare il potere di guarigione sui Nani, come dovremmo fare tutti, a dire il vero (è un bel messaggio!). E, nel finale, Cabranel e Caleloth di nuovo insieme, che si appartano nella Foresta... sì, veramente un capitolo straordinario dalle mille sfaccettature che prepara sicuramente un finale commovente!
Alla prossima (stavolta presto!).
Abby

Recensore Master
04/07/16, ore 17:54

Sono arrivata a questa storia che, come preannunci all'inizio, contiene tutto il tuo headcanon e con la quale hai "esorcizzato" il movieverse (un bisogno che capisco perfettamente, come ben sai, io lo faccio di continuo con Supernatural!). Straziante la figura che troviamo subito all'inizio, con Thranduil spezzato dal dolore per la morte dell'amato Thorin e che non vuole essere nemmeno visto... ma poi accetta la consolazione che può offrirgli Cabranel, qui visto probabilmente più come amico, fratello, che come amante. L'amore vero e il desiderio sono tutti per Thorin. Bellissima la delegazione di Elfi che va a rendere omaggio ai Nani caduti, sfidando l'ira degli altri Nani... e Thranduil che, sfiorando il corpo dell'amato, percepisce quel lieve soffio vitale che ancora vi abita e decide di portare i tre via con sé, per poterli salvare. Commovente, infine, il colloquio tra Balin e Thranduil e il Nano che, pur di poter sperare nella salvezza dei suoi cari, accetta che sia il Re degli Elfi a portarli via, nonostante la rivalità e i rancori tra le due razze.
Adesso spero che nelle prossime puntate ci sarà il miracolo e che Thranduil potrà risvegliare il suo amato e anche Fili e Kili!
Una storia bellissima, evocativa e immersa in un'atmosfera sognante, ma anche piena di dolore e vuoto per la perdita dei tre Nani (e io spero sempre nel lieto fine, lo sai!).
Complimenti di cuore per questa vera e propria gemma elfica!
A presto.
Abby

Nuovo recensore
19/04/15, ore 12:51

Ho amato moltissimo questo testo, nelle sue tre parti.
Il primo capitolo è l'apparente sconfitta, il trionfo delle forze ostili. Gli orchi, banalmente, ma ancora di più l'incomunicabilità (riaffiorata un'ultima volta la notte prima della battaglia, quando il nano scaccia nuovamente l'elfo) e l'ordine costituito delle cose, che sembrano condurre ad una conclusione inevitabile, fatale. Eppure, anche nell'ora più cupa, resta la speranza, il tremito della farfalla. E a Thranduil, già sul punto di rassegnarsi, basta quel debole anelito per decidere di afforntare senza esitazioni un ostacolo ancor più temibile della trascorsa battaglia: il baratro, l'ultimo salto, quello impensabile da superare, oltre il quale c'è la vittoria.
Come nel fregio di Beethoven di Klimt, c'è interruzione e vuoto (rappresentato, pittoricamente, da grandi tratti di spazio bianco, quasi sgradevoli alla vista) tra lo scontro con le forze ostili ed il raggiungimento della gioia. Non c'è una continuità né basta la semplice sconfitta del nemico, delle forze destruenti, per raggiungere il sasso lanciato oltre la siepe. E' necessaria una trasformazione, una sublimazione molto più grande. Un salto, appunto, di un baratro che appare incolmabile, da tentare mettendosi in gioco completamente e restando nudi, senza armatura. E così, nella tua storia, dopo aver rappresentato nelle passate one-shot l'anelito verso il superamento di se stessi e la spinta verso l'altro dei due personaggi, insieme all'aggrumarsi di insormontabili forze contrarie, qui è rappresentato il percorso che, per gradi ma anche per vertiginosi azzardi, porta al loro superamento, in quel modo rivoluzionario e impavido che costituisce il nucleo della tua splendida Thorinduil.

Ho amato - come sempre - Cabranel, fragile e insieme forte al fianco del suo re. Cabranel che non vuole consolare le lacrime di Thranduil, ma che è pronto a farsi uccidere senza battere ciglio per non vederlo piangere. Thranduil è colui che gli ha teso la mano, che gli ha restituito la speranza quando era perduto, e che soprattutto lo ha amato e accettato per quello che era.
Non è un caso, secondo me, che il sovrano abbia ritrovato il coraggio, abbia percepito il fremito di vita nel cuore dei nani proprio mentre si trovava tra le braccia di Cabranel. La sua guardia più insubordinata ed insieme la più fedele ed amata, quella a cui affida totalmente la sua persona. Io credo che Thranduil abbia nei confronti di Cabranel un attaccamento molto profondo, non del tipo di amore che riserva a Thorin ma di un altro tipo ugualmente forte. Nella fragilità di Cabranel, mascherata dalla spavalderia e dal cinismo, rivede il suo stesso desiderio di non lasciarsi andare, di combattere gli incubi del proprio passato - e lo si vedrà bene nel prossimo capitolo, di cui però ti scriverò nel luogo apposito - , di non arrendersi. Per questo il legame tra loro è così viscerale, inscindibile.
Per carità, sono impressioni personali e spero di non offenderti nell'esprimerle, mi rendo conto che possa trattarsi di contenuti che ho forzatamente attribuito ai tuoi personaggi secondo mie associazioni arbitrarie, vedendoci ciò che ci volevo vedere. Sono autoindulgente, e penso che l'unica oggettività stia in una dichiarazione di soggettività, per cui eccomi qui a tediarti con le mie idee di parte. E non ho il dono della sintesi, purtroppo, ma ci sto lavorando.

Ti abbraccio, in attesa di chiosare il prossimo atto.

Con affetto,

Orlando

Recensore Veterano
02/04/15, ore 14:12

Ciao Aliseia...credo di non aver mai recensito le tue storie...e me ne dispiace molto! Ho sempre poco tempo e quello libero che mi rimane lo dedico alla lettura di ff sul mio amato Thorin...e così ho incontrato la tua!
Premetto che...e sorrido scrivendo queste parole perchè questa è una cosa che dico sempre ad "Elfroses" quando recensisco le sue storie...e ora lo dico anche a te...premetto che a me lo slash relativo a Thorin non piace. Lo preferisco mentre fa scivolare quelle sue mani sapienti su corpi femminili ma, per qualche misterioso arcano incantatore, la tua storia mi ha molto colpito.
Elfroses lo sa bene...e se tu la conosci, leggendo le mie recensioni mi potrai capire...pur non amando le storie slash, io rimango invischiata nelle vostre parole perchè esse travalicano i confini del genere maschio/femmina...vanno oltre...sono parole di amore, di desiderio e di passione applicabili a due esseri umani, senza distinzione.
Ti ho inserita tra le mia autrici preferite per questo motivo...così potrò leggere tutto ciò che scriverai, ma perdonami se non metto tra le preferite le tue storie...o almeno non adesso :)
Questa tua "trilogia" mi ha molto colpita...mi è piaciuta l'idea di un re e due principi che sfuggono alla morte grazie all'amore di un Elfo, ho amato la scelta di Thranduil di non arrendersi, di combattere per il proprio amore. La descrizione della guarigione è poi una scena di grande intensità...precisa, dettagliata, con parole e gesti ben ponderati e verosimili ed è molto toccante l'arrivo di questo essere diafano e incorporeo che aiuta Thranduil a riportare in vita Thorin...quasi un estremo gesto d'amore da parte di chi ormai non può più godere di un amore terreno ma può solo trasfigurarsi in un amore universale.
E che dire poi del mio amato re...ho adorato la scelta di Thorin...rinunciare a tutto...rinunciare agli onori, alla gloria, alle ricchezze...rinunciare ad Erebor a a quel trono per la cui riconquista aveva patito tante sofferenze...la sua scelta dimostra davvero quanto amore prova per questo improbabile compagno di vita.
Improbabile perchè Elfo, improbabile perchè maschio, improbabile perchè così diverso dalla sua possanza e passionalità ma così vicino a lui nell'anima e che gli dona il coraggio necessario per affrontare il viaggio più lungo e pericoloso che avesse mai fatto.

"E forse erano trascorsi cento giorni, forse cento anni, quando il Nano tornò nella Foresta."

E finalmente lui ritorna...per rivivere fino in fondo questa volta quell'amore perduto e poi ritrovato.

"“Cento anni sono un battito di ciglia nella vita di un Elfo. Sono paziente. Posso aspettare”
La prima volta che aveva udito quelle parole le aveva prese come una provocazione. Solo ora capiva che erano una promessa.
Un’imprescindibile promessa di odio e di amore."

Sei stata davvero brava ad inserire in questo contesto così fantastico frasi pronunciate realmente dai personaggi...come questa...parole dette in un momento di ira e di scontro ma che qui assumono un significato completamente diverso...e bellissimo!

Ho amato anche il breve ma intenso incontro con Bilbo, prima di partire per Bosco Atro...

"Le cronache non ci raccontano cosa si dissero quei due, e se quegli occhi nell’oscurità abbiano narrato cose per cui le parole non bastano, e se quelle bocche siano state impegnate solo per parlare.
Fu una sola notte, il cui ricordo Bilbo conservò per tutta la vita come il più prezioso dei doni, nel profondo del proprio cuore."

Molto commovente! Ho ricordato subito le lacrime di Bilbo, ormai anziano, quando piangendo dice a Frodo, prima che egli parta con l'anello, di come le cose potevano andare diversamente...ecco...magari pensava proprio a questo momento...a quanto accaduto una notte di tanti e tanti anni prima.

"«Questo è il tuo Regno, Thorin Scudodiquercia. Questo è il nostro Regno. Questo è il nostro tempo, e questa terra di confine, di luce e d’ombra, è la nostra terra ».
E piegò il capo di fronte al Re senza Corona, lasciandosi baciare.
Nell’aria tiepida della Foresta fremeva, imprevista e inarrestabile, la loro Audace Primavera."

E non poteva esserci una fine migliore per due cuori in tumulto che finalmente vivono in assoluta libertà la loro Audace Primavera!
Davvero bello questo tuo lavoro...mi è piaciuto molto e l'ho letto tutto d'un fiato...perdonami se lascio la mia recensione solo qui...ma non sono riuscita a leggere e commentare singolarmente...avevo troppa fretta di sapere, di conoscere e di lasciarmi trasportare.
Chissà se un giorno amerò lo slash...per ora ho amato questa tua storia e l'amore che ne fuoriesce...staremo a vedere! :)
Spero di leggerti ancora, amica mia!
Alla prossima!
Emilia

Recensore Junior
21/03/15, ore 12:55
Cap. 2:

Dunque questa risonanza di voci, questo coro di essenze opposte che si sfidano e si armonizzano, poi, sotto la guida di una melodia sovrana, dolce e autorevole e sapiente, questa sinfonia è il Capitolo dedicato ai tuoi Elfi… E i complimenti a tal punto sono futili, perché comunque non riuscirebbero a spiegare la mia attrazione per la storia. Sono totalmente in sua balia, e mi porto appresso l’eco di questo canto, lo serbo nel cuore e lì esso si amplifica e mi conquista, ancora.
Ma iniziamo dalle singole voci che sanno richiamare, con la poesia delle parole, immagini tangibili.
Meludir e il suo sorriso luminoso, fresco quanto una pozza d’acqua irradiata dal sole. Ecco lui è gioia, devozione, una vita nuova che cresce rigogliosa come una piccola felce del sottobosco. Sopra di lui il faggio protettivo gli dona la giusta ombra, ma sa anche retrarre i propri rami per fa sì che la luce lo raggiunga. Attorno a lui la notte si dipana inquieta e misteriosa e a volte un po’ aggressiva; ma l’alto faggio la blandisce con l’esperienza dei suoi anni, trascorsi ad osservarla, a conoscerla.
Poi una nova melodia prende suono nel canto corale, isolandosi dalle altre voci. Solo due di esse la intonano, sono la notte e quel meraviglioso fiore verde; un bocciolo, in realtà, che sta per schiudersi del tutto. La notte lo ha allontanato da sé: sarà il giorno, si dice, il giorno a cui esso appartiene, a vederlo fiorire. Ma l’attrazione fra i due è irresistibile, struggente, e li porta a lambirsi di nuovo a cercare quel contatto a cui hanno rinunciato…
Così, contro la notte che matura irrequieta, si staglia un giovane abete, Lethuin, dritto e robusto, ma ancora inesperto di tante faccende. Il faggio tende le proprie fronde verso di lui, cerca di indirizzare la sua crescita, ma incontra un’ostinata resistenza. Anche il fiore verde interviene per placare la collera della notte a cui l’abete ha lanciato un’aperta sfida; ed è l’unico a poterla placare con il proprio, delicato, profumo.
In tutto ciò si profila il Sovrano della Foresta. Una presenza bianca e quasi spettrale, ora, una fredda mattina di Primavera in grado di richiamare a se tutte queste voci. Lo fa attraverso l’autorità dell’amore, e le creature arboree che popolano il suo regno lo seguono con prontezza. Sempre lo hanno percepito camminare fra di loro, e i suoi piedi scalzi e le sue dita delicate erano tenere sui loro tronchi, sui loro steli, e il suo fiato era una carezza sulle loro foglie, sui loro petali bagnati di rugiada… Anche la notte lo ha veduto camminare sotto il proprio manto. Lo ha seguito con il suo sguardo abissale e lui si è rivolta a lei, l’ha chiamata per nome, un nome giusto, e gli ha testo le mani. Così essa lo ha rispettato e ha amato la sua ombra, incondizionatamente. Ed egli sa. Ha sempre saputo, per questo la vuole con sé. Vuole che la notte scivoli sotto la sua pelle e divenga la sua forza.
Fra le creature arboree, poi, sceglie quella che più svetta a sfida del cielo. Quella che, dura, resiste anche al gelo spietato, senza mai spogliarsi delle proprie fronde, ma che cela in sé una resina dolce e salvifica.
Vanno così, in tre, a compiere un piccolo, grande miracolo. Mentre le altre voci, le altre creature, intrecciano un rifugio sacrale attorno a loro, fatto di rami e foglie e amore.
Dentro di esso prende suono una commistione di lirica tragica e speranza. Una farfalla azzurra, indica la via al Signore della Foresta, presenze inquiete scavano nell’inconscio dell’abete arrogante… Ma il motivo che più mi incanta è quello, ancora, della notte… perché è come se il giorno irraggiungibile si palesasse a lei, svelandole i segreti del suo cuore, delle sue paure… Offrendole quel fiore verde che dovrebbe aprirsi di giorno, ma che desidera con tutto se stesso fiorire sotto il manto notturno…
Poi la notte si rivolge ancora al suo Signore e anche qui la vicinanza che gli dimostra è incredibile; riesce a individuare la tepida nebbia, la polvere d’argento smossa dalla farfalla… E come ho fatto, io, a non pensarci prima: l’assurda farfalla incrinatrice di pietre è questa stessa dama-farfalla… Ora il quadro è completo.
Il Signore della Foresta riesce a restaurare la vita del Re sotto la Montagna. A vivere e farlo rivivere con la benedizione della sua dama-farfalla.
Poi ritorna alle sue creature, ai suoi Guardiani della Foresta. Mentre la notte si abbevera dello splendore del fiore verde, del suo bocciolo delicato. E sono fresche le sue labbra su di esso.
Infine una nuova presenza sopraggiunge. È la volpe astuta che s’aggira fra gli alberi e non ama quella Foresta imprevedibile… vorrebbe poterla controllare, forse, scavalcando quel Signore a cui non riconosce sudditanza. Perché essa è libera e ferale e nessuno, crede, può trarla a sé (neppure l’alto faggio, soprattutto l’alto faggio…). Il Sovrano lo ha sempre saputo, per questo ne svela ogni disegno di gloria; eppure l’accetta ugualmente, poiché anch’essa è creatura della sua Foresta. La volpe, dunque, può finalmente rendersi conto della sua grandezza, perciò si trasfigura, divenendo stella sulla fronte della Foresta… Una stella che rivolge il proprio splendore al faggio secolare e lo spia dall’alto, celandosi dietro le nubi…
Il Signore coglie ogni cosa, ma il suo cuore veleggia altrove… così s’avvia per la propria strada, nella notte sempre fedele… E i suoi passi preannunciano una nuova sinfonia. Sinfonia che attendo con impazienza...
Concludo con un grazie. Grazie per questa musica, per tutta questa bellezza.
(Recensione modificata il 21/03/2015 - 12:56 pm)

Recensore Junior
01/03/15, ore 15:45

Inizio da Cabranel, chiave di lettura delle tue storie. Inizio da quel suo sguardo blu che si posa a illuminare o forse incupire la narrazione, ma che senza dubbio la compone, le da corpo ed essenza. Come si segue un sentiero serpeggiante nella foresta, così ho seguito il suo sguardo, soffermandomi ove esso si soffermava. Su quel dolce e altero Sovrano, troppo orgoglioso per mostrare le proprie, splendide, lacrime, eppure incapace di sottrarsi al contatto di chi lo ama senza alcuna pretesa, in modo disarmante ed assoluto. Un inizio, questo, che ha subito penetrato ogni mia sciocca difesa, radicando nelle mie percezioni e conquistandomi dall’interno…
Ma non c’è tempo da perdere, perché la flebile vita che alberga ancora in Thorin è tanto ineffabile da poter apparire una mera illusione e finire col dissolversi al suo pari. Quindi si va, si corre a Erebor. E lo sguardo di Cabranel deve per forza essere mitigato dalla pallore assiepante che Feren, fedele e mite, porta con sé. Mentre il profetico sentore del Sovrano elfico, incontra il cordoglio dei Khazad. Quell’atmosfera mesta, tetra, che come un velo funebre ha offuscato il loro animo e -forse- persino l’oro di Erebor. Tale è il sacrale commiato del popolo di Durin ai propri defunti, l’eco d’un cantico atavico, terribilmente intimo, che in tempi antichi neppure le creature sprezzanti di Morgoth hanno osato interrompere. Eppure, il crepuscolare Sovrano, ha il profano ardire di spingersi oltre ogni limite. Appare una statua su cui la luce può solamente scivolare, senza penetrare nelle membra per scaldarne l’algore marmoreo. Così appare, ma chi lo conosce, chi lo ama, può vedere altro. Ed -ancora- quello sguardo cobaltico me ne svela il disperato intento. Indugia sulla mano mossa a percepire, in modo commovente, il flusso vitale non ancora arrestato del Re di Erebor.
Infine lo sguardo ritorna ai Nani toccati lì, nella loro sofferenza, per spostarsi, attratto da una forza ignota, verso i presunti morti. E il suo distogliersi pudico dal Re nanico rivale, è toccante quanto il suo soffermarsi, ammaliato, sulle figure dei giovani principi, simili agli Eldar nella morte che rivela la bellezza dell’animo in un fisico appannaggio.
Dopo la gelida lacrima sul viso guerriero di Dwalin, avvinto da una tragica rabbia, tutto gravita nelle parole scambiate tra esseri lontani, ma accumunati dalla condivisa saggezza. I sentimenti di Balin e del Sovrano statuario convergono nell’amore angosciato per un Re-Scudodiquercia asserragliato dalla morte.
La cavalcata finale porta con sé un ricordo che sembra appartenere al solo Sire elfico, eppure -per me- è inevitabile leggerlo cernito da quel costante filtro blu. Perché si narra di un eterno scontro-incontro che lo sguardo teso ad indicarmi la via conosce personalmente. Il morire e il rinascere nella luce e nell’ombra; il vincere e il perdere assieme, allo stesso tempo. Trovare l’amore, vederlo, sfiorarlo per un attimo, per poi, ancora, rovinare in un istante di incomprensione che tutto confonde. Tornare alla lontananza, alla rinuncia del sentimento prima abbracciato.
In questa ferita aperta si insinua una presenza lieve come un’ombra, su cui posso immaginare lo sguardo abissale coagularsi con un certo… fastidio? Ma forse è sola una mia impressione… vado avanti. C’è la rabbia del Re di Erebor, tonante, nera, terribile, e la sottile goduria seguita dalla sofferenza del Sovrano cangiante. Ecco, lo sguardo assiste da lontano all’incontro dei tre Signori, ma si cura solamente dei segreti rinchiusi nell’animo in tempesta del suo, di Signore.
Non vede, però, l’incontro nella Foresta, può immaginarlo, forse, ma non lo vede, e rispetta tale intimità. L’incontro fra il bianco cervo e il cacciatore appartiene solo a queste due creature.
Resta il frettoloso presene, la trepida, assurda, farfalla incrinatrice di pietre, una speranza di vita che lo sguardo blu abbraccia, non per sé, certo, ma per il suo Sire.
Ed io, ora, galleggio nelle sfumature di questo colore, nelle sue cupe tonalità, rischiarate dall’opalescenza ammaliante di un dolce Signore.

Nuovo recensore
26/02/15, ore 23:41

Evviva!! Aspettavo tantissimo che scrivessi una post-BoFA e sono stra-felice che tu l'abbia fatto! Superba, come sempre (e ho molto apprezzato anche il Bard anelante, tra parentesi). Non vedo l'ora di leggere il resto!!