Recensioni per
I canti del popolo del drago
di Malvagiuo

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 9
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Nuovo recensore
04/10/15, ore 17:35

La storia come trama e struttura é molto buona. A scala più piccola, invece, risulta abbastanza stancante: alcuni periodi esagerano di composizione, mentre altri sono eccessivamente ridotti, creando non rare volta una sorta di ritmo a "fisarmonica".
Un'altro difetto é l'eccessiva ripetizione dei nomi, indicando con i nomi propri i personaggi anche tre volte a paragrafo. Per il resto, la storia é valida e -con le difficoltà di sorta spiegate sopra- mi ha ben catturato. Consiglio una revisione complessiva per migliorare le caratteristiche globali dello scritto.

Recensore Master
19/07/15, ore 11:01

Ciao :)
Come ti avevo detto, sono passato a dare un'occhiata e... wow! Mi sono trovato di fronte ad un bellissimo scritto!
Penso tu sia portato per il fantasy. Scrivi molto bene e hai una buona immaginazione :)
Anche qui, hai mostrato un mondo brutale, ma anche ricco di misteri.
Davvero un bel lavoro, complimenti! Mi piace come scrivi, è tutto davvero scorrevole :)
A presto :)

Recensore Master
01/05/15, ore 18:51

[3° classificato al contest La Caduta dell'Inverno Boreale]

Questa è una considerazione molto soggettiva, ma ci tengo comunque a fartela: mi piacciono tantissimo i nomi che hai dato ai diversi personaggi e ai luoghi. Mi piacciono proprio per il loro sapore vichingo, e non sono gli unici ad averlo: anche i luoghi, e in generale l'atmosfera che si respira nel tuo racconto fanno pensare agli antichi popoli del nord. Questi villaggi abbarbicati sulle isole, questi piccoli agglomerati umani che vivono di pesca e di leggende, l'aria che si respira in queste righe mi riporta alla mente le isole Lofoten e Vesterålen della Norvegia.

Sullo stile non ho esitato un momento a darti il massimo: hai uno stile maturo e consapevole, sei padrone al cento per cento di ciò che scrivi, lo stile che usi non è "preso in prestito" ed è uno strumento con cui ti destreggi al meglio per raccontare ciò che devi raccontare, per fare capire al lettore ciò che deve capire. Non sarà troppo virtuosistico o originale, ma sicuramente chiarezza e immediatezza sono virtù che non si possono negare all'andamento della tua scrittura. Insomma, la tua storia si legge che è un piacere dal punto di vista stilistico. Ti faccio solo un appunto per quanto riguarda dialoghi del bambino. Non tutti, ovviamente, ma alcuni dialoghi sono davvero troppo "da adulto", per metterli in bocca a un bambino di cinque anni. Che poi, anche a questo proposito ti segnalo quella che sicuramente è una svista, ma abbastanza gravosa:

Volfin aveva solo cinque anni, era ancora troppo presto per iniziarlo alla conoscenza dei riti del popolo di Yngrun.

Al contrario, era ferma e glaciale, impregnata di tutta la rabbia che poteva contenere il cuore di un bambino di otto anni.

Non possono esserci grossi salti temporali in mezzo, dato che pochissimo dopo ci offri un'indicazione precisa di quanto tempo sia passato: [...] in quel luogo che fino a pochi giorni prima era la sua casa. Pertanto è indubbiamente una svista. In ogni caso questo problemuccio dei dialoghi rimane, anche se è limitato solo alla prima parte:

«Ma se non superò la prova, perché lui poté rimanere e gli altri no?»

«E quale fu il premio per essere stato scelto?»


Le battute precedenti a queste sono perfette, ma queste due in particolare non mi sembrano realistiche per un bambino di cinque anni, soprattutto perché non credo che un bambino di cinque anni sappia usare il passato remoto, e usarlo a proposito. Inoltre la costruzione della seconda frase non è né semplice, né naturale, né immediata, non riesco proprio ad immaginarmi un bambino di cinque anni che la pronuncia (sempre, ovviamente, se Volfin ha cinque anni e non otto).
Ti segnalo infine un punto che mi sembra stilisticamente espresso male: Il suo sguardo spaziava da uno all'altro di loro. → io avrei omesso quel "di loro", che detta in parole povere mi suona davvero forzato.
Ma questi restano comunque dei cavilli, sui quali non vorrei dilungarmi oltre.

Ho apprezzato in particolar modo come hai descritto i non-morti, in particolare Igridyne, sia quando viene scelta dal Dio Drago, sia quando poi, successivamente, Astyr la incontra sull'isola. E il modo originale con cui hai descritto i non-morti (non sei estremamente dettagliato nel descriverli, ma ce ne offri un abbozzo che rende perfettamente l'idea) è il principale motivo per cui hai ottenuto il massimo punteggio: oltre al loro aspetto, anche il loro modo di fare freddo, silenzioso, il loro essere miseri, prosciugati, e soprattutto assoggettati (tutti i non-morti che ci presenti sono sottomessi a qualcuno: i razziatori ad Astyr, Igridyne e Astyr al Dio Drago) è assolutamente inquietante.

Un momento che ho apprezzato tantissimo è stata la prima scena, in cui descrivi la battuta di pesca di Astyr: ho adorato il suo modo di relazionarsi con il figlio e di spiegargli le cose, la curiosità (più che legittima) del bimbo, il particolare della prua a forma di testa di drago... In questa scena più che in ogni altra si respira l'aria dei mari nordici oltre il circolo polare artico (ovviamente volendo fare un paragone). Dire che mi sei piaciuto in questo pezzo è dire poco. E non solo in questo pezzo, ovviamente. Basti dire che la tua era una della storie che concorreva per il premio giuria.

"Pollice in su" anche per il personaggio di Gîrkal, che ritengo quasi essere il più originale tra tutti. Mi piace anche il suo modo di fare paterno nei confronti di Volfin, senza però essere eccessivamente protettivo al punto di essere mendace (ad esempio, in questo scambio di battute mi piace moltissimo come Gîrkal tratti il bambino, come se fosse un adulto consapevole - e in parte lo è, viste le esperienze passate: «Moriremo, Gîkki?» [...] «Forse. Ma non sarebbe la cosa peggiore.»). Inoltre, mi piace come il bimbo chiama l'anziano pescatore: Gîkki. È davvero toccante vedere quanto gli sia affezionato, e come lo consideri un punto di riferimento dopo la morte della madre e dopo la partenza del padre. Trovo che il rapporto tra questi due personaggi sia il più bello di tutti, o almeno quello che più mi ha coinvolto e commosso.

Ho apprezzato parecchio anche il modo in cui Astyr reagisce alla morte della moglie e all'incursione dei razziatori. A parte la disperazione iniziale (più che legittima), impiega poco a recuperare lucidità. In particolare ho apprezzato tantissimo il modo in cui lo hai tratteggiato nel paragrafo immediatamente successivo a quello in cui descrivi la distruzione del villaggio:

«Razziatori. Sono arrivati molto prima del previsto.»
«Quanti erano?» domandò Astyr.


Benché la tragedia sia vicina, Astyr ha già recuperato la sua compostezza, anche se è una compostezza di superficie, perché alcuni particolari ci fanno intuire il suo tormento interiore, che sicuramente non è stato ancora superato: Astyr non smetteva di contorcersi le mani. Nei suoi occhi brillava una luce febbrile, resa ancora più sinistra dai bagliori riflessi delle fiamme. Ho amato particolarmente questo pezzo, perché dimostra la tua attenzione per i particolari.
Citando queste frasi, mi viene in mente che questo scambio di battute tra Astyr e Gîrkal è un altro dei pezzi che più ho amato nella tua storia, perché mi piace vedere in che modo il "volto giovane" e il "volto anziano" di una medesima comunità discutono per decidere il destino della comunità stessa. Non so come spiegarmi, ma mi ha affascinato tantissimo vedere in che modo la gente cerca di provvedere a sé stessa, in un microcosmo come questo che pare abbandonato a sé stesso, senza capo e senza re, ma nel quale vige una sorta di "comune accordo", come se ci trovassimo in una famiglia allargata. Ognuno possiede la sua porzione di autorità. Per una volta, mi è piaciuto sentire parlare di un piccolo mondo autosufficiente e abbandonato a sé stesso, senza nobiltà, senza borghesia, senza re e grandi palazzi. Un piccolo mondo che deve conquistarsi da solo la propria libertà, che deve difendersi da solo, che non deve chiedere tutte queste cose a un re. Poi magari nel tuo immaginario Drokval in realtà fa parte dei territori di un re, di un conte, o di un signore qualunque, ma in queste righe non se ne sente comunque la presenza, e questo mi basta. E questo ti fa guadagnare qualche punticino in originalità, anche.

Un altro aspetto che io trovo degno di nota, e che di nuovo dimostra la tua attenzione ai particolari, e la tua consapevolezza e sicurezza nello scrivere, anche, è questo enorme punto di domanda che aleggia attorno alla figura invisibile del Dio Drago. È vero, è di un racconto fantasy che stiamo parlando, dunque l'elemento magico si può mettere tranquillamente in conto. Voglio dire, nulla vieta in un simile contesto che quest'isola sia davvero abitata da una divinità che assume la forma di un drago, ma allo stesso tempo ti farei un coro di applausi per il modo in cui cerchi di dare anche una giustificazione razionale a queste leggende: ovvero è chiaro, da come la descrivi, che l'isola è un vulcano, e semplicemente da questo suo stato di natura potrebbero derivare le leggende del Dio Drago, a maggior ragione se ci troviamo in una civiltà ancora ingenua e succube del mondo naturale come in questo caso. Certo questo non spiega ovviamente la faccenda dei non-morti, e nemmeno ce n'è bisogno perché, ripeto, ci troviamo sempre e comunque in un racconto fantasy e non c'è assolutamente bisogno di dare una spiegazione razionale e realistica ai fatti magici in cui incorriamo. Ma comunque ho apprezzato moltissimo questa doppia chiave di lettura, come ho apprezzato la scelta di non palesare la figura della divinità.
Poi questa rimane una mia interpretazione, magari non era tua intenzione offrire una doppia chiave di lettura, fornire anche una sorta di "faccia realistica" al Dio Drago, ma in quella descrizione dell'isola come di un vulcano (che noi, con i nostri occhi scientifici e disincantati, vediamo come un vulcano, ma che Astyr vede come qualcosa di magico) e nella tua scelta di non palesare il Dio Drago io ci ho visto anche un po' di questo. Ti chiedo poi di perdonarmi, se ho totalmente sbagliato tiro.

Il contesto "geografico" non è molto approfondito, anche se l'ho trovato comunque molto affascinante e di mio gusto. Non si capisce bene in che mondo siamo, è un racconto geminato un po' in mezzo al nulla, ma questa lacuna è comunque compensata dalle belle e gradevolissime descrizioni che non manchi di fare. Le descrizioni sono proporzionate benissimo ai fatti e ai pensieri, sono equilibrate perfettamente e inserite sempre al momento giusto, mai in luoghi inopportuni. Fanno quello che dovrebbero fare: arricchiscono, non distraggono né deviano l'attenzione del lettore dalla trama, ma anzi la impreziosiscono e la rendono più gradevole e godibile.

A una seconda lettura ho apprezzato di più lo svolgimento della trama. Soprattutto ho letto alcune cose tra le righe, ho fatto alcuni collegamenti che prima, in una lettura forse troppo veloce e un poco distratta, non avevo notato. Ad esempio il fatto che Astyr, ormai divenuto un'esecutore della volontà del Dio Drago, non si limiti ad annientare i razziatori, ma li tramuti in propri servitori, in orde di non-morti, sembra andare di pari passo con il prezzo richiesto dal Dio, del quale non ci metti al corrente. Ma quel sarai in grado di fare ciò che io mi aspetto che tu faccia mi fa intuire che il compito di Astyr, in quanto servo del Dio Drago, sarà quello di infarcire le proprie fila di altri servi non-morti (magari servi non consapevoli, servi minori, non di "grado più elevato" come possono esserlo Astyr o Igridyne), a partire dai razziatori. Igridyne rimane sull'isola, mentre Astyr è una sorta di suo emissario errante, compie la sua volontà aggiungendo di volta in volta altro equipaggio alle sue nere navi.
Di nuovo perdonami se mi sono lanciata in interpretazioni troppo ardite, non pretendo di sapere filo per segno che cos'hai pensato dietro questa storia, sono solo ipotesi che faccio a partire dal testo.
E già che stiamo parlando di questo, se non l'ho ancora detto lo dico ora: trovo incredibilmente affascinante questa idea di Astyr che tramuta i razziatori in non-morti, diventando loro capo.

Un altro particolare di cui mi sono accorta solo in un secondo tempo:
È il mio sangue che è richiesto?
In effetti l'occhio del Dio Drago, che è rosso senza essere nutrito dai torrenti di lava, potrebbe essere rosso proprio per il sangue dei suoi aspiranti servitori che vi sono passati in mezzo. Infatti, ripensando a ciò che dice Gîrkal, questi aspiranti servitori, sia che vengano accettati sia che vengano respinti, vengono come prosciugati della vita (delle forze, del vigore), e nel primo caso anche del sangue stesso. Dunque anche questa è un'ennesima ipotesi che faccio. Non dici nulla del genere esplicitamente, però metti dei validi indizi nel testo che mi fanno infine pensare che quest'ipotesi non sia poi così tanto azzardata.

Infine, ho amato così tanto questa storia, e mi permetto di pormi così tante domande su di essa, proprio perché è stata scritta con tangibile consapevolezza. Dai davvero l'impressione di non aver lasciato nulla al caso.
E mi è venuta voglia di sapere come continua la drammatica storia di Volfin, di sapere dove lo porterà il destino.

Silvar

Nuovo recensore
27/03/15, ore 20:53

Ho apprezzato questa storia fin dalle prime parole. L'inizio ti cattura, perché ti immerge nelle azioni che compiono padre e figlio senza spiegare nulla. Ed è così che deve essere. Niente inutile descrizione paesaggistica preliminare, niente stupido bollettino metereologico, come invece amano fare molti. No, no. Qui si comincia con le azioni e, ripeto, è così che deve essere. Perché sono quelle che contano, sono quelle che mandano avanti la storia. Ogni descrizione deve essere contestualizzata e funzionale alla trama non una cosa buttata a caso per paura di non offrire al lettore un'immagine chiara. A me sembra che tu abbia centrato perfettamente l'obiettivo e per questo devo farti i complimenti. La storia funziona e anche se la premessa non è delle più originali è raccontata perfettamente.
Astyr è determinato a fare qualsiasi cosa, pur di ottenere la sua vendetta. Persino sacrificare il rapporto che ha con il suo stesso figlio. I dialoghi funzionano anche molto bene, nel senso che sono credibili e credibili sono le loro reazioni. Hai sviluppato bene i vari personaggi. Il conflitto tra i protagonisti c'è ed è piuttosto tangibile, con un finale molto amaro, ma che lascia comunque intravedere la possibilità di un nuovo inizio per il giovane superstite.
Ben fatto!