[Recensione premio per il contest "La Caduta dell'Inverno Boreale"]
Non c'è che dire, il fantasy è sicuramente il tuo genere.
Ancora una volta rimango colpita dall'originalità dei tuoi racconti. No, anzi, ritengo che questa storia sia più originale rispetto alla "volontà del Dio Drago", soprattutto per quanto riguarda il particolarissimo rapporto tra Rolgar e sua madre, che è qualcosa di assolutamente non convenzionale. Ma partiamo dall'inizio.
La prima cosa che mi affascina, è il modo in cui entrambe le storie hanno un fulcro in comune, pur rimanendo indipendenti l'una dall'altra. È quello che definirei un ciclo, I canti del popolo del drago, un espediente narrativo che io trovo terribilmente affascinante e assolutamente funzionale, in particolar modo per quanto riguarda i racconti fantasy o di fantascienza, ma in fondo per qualsiasi saga: questo modo non lineare di raccontare le cose, ma di girarci attorno raccontando una medesima cosa, una medesima ambientazione, un medesimo personaggio o avvenimento (e così via) da diversi punti di vista, lasciando al lettore la sintesi tra questi.
Mi spiace, forse mi sono spiegata male, ma non vorrei dilungarmi oltre su questo aspetto. Entriamo invece nello specifico a parlare della storia.
Come ho già detto, l'elemento più originale è Ynda. Innanzitutto, mi piace questa tua predilizione per il rapporto genitore/figlio: è centrale in questa storia, come nella precedente. Questa è una cosa che apprezzo moltissimo, ultimamente mi interessa molto esplorare questo tipo di rapporto a discapito di altri. E quella madre-padre/figlio-figlia è una coppia nemmeno tanto facile da incontrare, o almeno per quello che io ho letto e giudicato su efp. Ynda è un personaggio molto particolare, quasi strano, ma questo soprattutto all'inizio. Man mano che la storia evolve, iniziamo a capire le sue ragioni. Soprattutto, poi, quando Ynda "perde le staffe" e schiaffeggia Rolgar, per poi rivelargli a raffica cose una più terribile dell'altra:
«Hai ragione. Nessuno mi ha obbligata a prendermi cura di te, quando tutti volevano che ti gettassi nel fiume. Nessuno mi ha obbligata a lasciare la mia famiglia, quando potevo semplicemente abbandonare te in mezzo ai cani. Nessuno mi ha obbligata a uccidere tuo padre, per impedire che lui uccidesse te. Nessuno mi hai obbligata a fare niente, eppure sono qui! Io sono tua madre, e anche se odio quello che sei dal più profondo del cuore, farò ogni cosa in mio potere per salvarti.»
Direi che questa sia in assoluto la mia parte preferita (e sicuramente è la parte più dolorosa). Qui capiamo davvero il personaggio di Ynda, capiamo la sua difficoltà nel dimostrare affetto nei confronti di Rolgar. Ynda ha un codice: ha deciso di fare il possibile per Rolgar, perché il suo ruolo di madre lo richiede. Ma perché Rolgar vivesse, sono dovute morire tante persone. E altre ne morranno. Dopo questa rivelazione, trovo che Ynda sia un personaggio incredibile. Incredibile nella sua tenacia, incredibile nella sua coerenza, incredibile nel suo sacrificio. E nonostante ciò, fatichiamo a definirla un personaggio positivo, senza prima pensarci un po' su. E lo stesso discorso vale per Rolgar.
Di nuovo, trovo che l'originalità del personaggio Rolgar si riveli in relazione alla madre: mi piace molto come, seppure Ynda lo tratti male, Rolgar cerchi di capirla e si prenda comunque cura di lei. A questo proposito, sarei molto curiosa di sapere quanti anni ha Rolgar, perché non sono proprio riuscita a capirlo, anche se "a naso" mi sembrerebbe un ragazzino di 11, forse 12 anni.
Il rapporto tra i due è tutt'altro che sereno, ecco perché ti dico per l'ennesima volta che risulta assolutamente originale: la figura della madre non è fonte di serenità, non è un rifugio. È salvezza, sì, ma salvezza intesa nel senso di dura e cruda sopravvivenza. Nulla di più.
Ora farò la figura della sadica, ma mi ha affascinato moltissimo anche quella faccenda del cannibalismo, è stato un vero e proprio colpo di scena! E solo in questo momento mi viene in mente il collegamento con la zuppa, e Rolgar che non riusciva a identificare a quale animale appartenesse la carne. In seguito ci verrà svelato che Ynda è stata costretta a cucinargli carne umana, per far sì che Rolgar riuscisse a dominare il suo potere. Amo questi particolari che all'inizio non capiamo, oppure che accantoniamo non ritenendoli importanti, ma che poi trovano la loro spiegazione solo in un secondo momento. E questo, oltre ad essere un espediente che conferisce pregio alla trama, dimostra la tua bravura nel sapere gestire la trama stessa, nel sapere "giocarla" anche per quanto riguarda queste sottigliezze.
E, ancora una volta, capiamo quanto sia grande il dilemma che affligge Ynda, molto più grande di quel che non creda Rolgar, all'inizio.
Trovo che sia molto commovente anche l'uccisione dell'orsa e dei suoi piccoli, e la seguente riflessione di Rolgar sull'accaduto.
A questo punto, letto questo secondo racconto, vorrei davvero sapere chi è questo Dio Drago, quale sia esattamente il suo scopo. Perché, se Astyr si è offerto volontariamente a lui, Rolgar è nato sotto la sua maledizione (o benedizione?), e non può liberarsene, è parte del suo essere.
Anche se sembra incredibile, direi di avere esaurito le cose da dire.
Per concludere, direi di essermi innamorata di questo tuo mondo, e spero scriverai altro riguardo al Popolo del Drago, perché ne sappiamo ancora così poco...
Finora il Dio Drago si è dimostrato essere più malvagio che benevolo, ma chissà qual è la verità... Considerando la tua bravura e la spensieratezza con cui imposti le tue storie, direi di potermi aspettare di tutto.
Ancora complimenti, e spero tanto di leggere un'altra storia su questo ciclo!
Silvar
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