[13° classificata al contest La Caduta dell'Inverno Boreale]
Mi hai commossa.
Nel primo capitolo ho letto qualcosa che tanto agognavo leggere. Il primo capitolo è qualcosa di stupendo, qualcosa per cui sono stata a lungo indecisa se assegnarti o no il premio giuria. C'era una commistione perfetta tra la natura che circondava il villaggio, alla quale apparteneva Fuinur, e il villaggio, con quella sua mentalità che eri riuscita a rendere così medievale, con quel corredo di paure e superstizioni. Ho adorato le descrizioni delle battute di caccia di Fuinur, così come la descrizione di come Fuinur ha costruito il suo rifugio, il suo "capolavoro", come lui lo definisce. Mi hai fatto davvero desiderare di vivere in quella casetta sotto il grande faggio, con i vetri colorati tenuti assieme dalla resina, con le pelli appese all'esterno in attesa di essere conciate. Il primo capitolo è uno scorcio di sole, pur con le sue nuvole e i suoi momenti amari, e sono proprio questi a rendere quel raggio di sole ancor più prezioso. Non è una serenità idilliaca e sempiterna quella in cui vive Fuinur, è qualcosa di reale, e pertanto esposto alle intemperie, precario, minacciato. E questa minaccia viene percepita sottopelle anche dal lettore, nei momenti in cui Fuinur è costretto ad avere a che fare con i popolani.
A mio parere potevi iniziare e concludere la storia in questo ambiente naturale limitrofo al villaggio, senza impelagare il protagonista in un improvvisato viaggio di formazione, che poi non riesci a sviluppare e a concludere bene. Detta in tutta sincerità, io penso che tu abbia fatto il passo più lungo della gamba, e spero che ciò non sia dovuto alla scadenza del contest che incombeva "sulla tua penna". Insomma, lungi da me voler mettere becco nelle tue scelte di trama, ma per me rimanere sul “sommesso” della prima parte senza spostarsi sul teatro drammatico e disastroso della seconda sarebbe stato meglio. Potevi continuare a giocare sull'odio ancestrale che intercorreva tra l'ibrido e i popolani, e sviluppare fino all'ultima goccia il rapporto madre/figlio, piuttosto che lanciarti in una trama così complessa che avrebbe richiesto molto più spazio e tempo per essere sviluppata al meglio. Infatti la parte finale è davvero precipitosa, sembra che il filo narrativo ti sfugga di mano, la fine è evidentemente scritta di fretta, la storia cambia ritmo e passa senza preavviso da una narrazione "punto per punto" a una narrazione in retrospettiva.
Inoltre c'erano molti altri punti da sciogliere, ad esempio ci avrei tenuto davvero molto a vedere la conclusione del rapporto tra Fuinur e sua madre, senza che ci fosse necessariamente un lietofine o un pentimento da parte della madre: mi sarei semplicemente accontentata di vedere quale finale avevi pensato per questo personaggio estremamente negativo, ma estremamente essenziale.
Una delle cose che più mi ha commosso, e anche uno degli aspetti più originali del protagonista, è l'attaccamento che Fuinur continua a provare per la madre (ovviamente prima del tradimento) nonostante lei lo abbia ripudiato, nonostante lo abbia chiamato mostro, e nonostante lo abbia, infine, tradito. Mi ha commosso vedere come Fuinur tenga in ordine la casa nella speranza che lei venga a trovarlo, come si impegni ad andare contro la sua stessa natura per essere accettato da lei, come si sforzi a cercare di parlare.
La madre, questo personaggio spregevole che non esiterei a definire come il più negativo in tutta la storia, è talmente snaturata, senza cuore, egoista ai limiti del possibile che quasi pare surreale. Credo che la scena più amara sia il momento in cui Fuinur dà a Kathrin la statuina raffigurante la volpe con il suo piccolo (un modo per esprimersi senza usare le parole, il suo modo di esprimersi), e come la donna calpesti in modo così brutale questa dichiarazione d’affetto da parte del figlio. E forse una parte ancor più straziante è quando le inaspettate e insensate accuse che Kathrin inizia a lanciare a raffica addosso al piccolo (che invece si aspettava affetto da parte sua), gettano Fuinur in una tale confusione che egli non riesce più a parlare, come invece si era prefissato di fare per dimostrarle di essere umano. E ovviamente il culmine di questo strazio è quando riesce a pronunciare quell’unica parola, mamma, di fronte alla quale ancora una volta Kathrin, benché ciò sembri impossibile, rimane indifferente.
È un personaggio che non cede terreno nella sua insensibile crudeltà, ed è ancor più toccante vedere come Fuinur, al confronto, sia un personaggio che non cede terreno dall’altra parte: fino all’ultimo crede di poter conquistare l’amore della madre, e finché ha un barlume di speranza che questo obiettivo sia ancora raggiungibile, le orribili cose che una madre non dovrebbe mai dire a un figlio, e che invece Kathrin gli dice, gli scivolano addosso come acqua, e lui continua a sorriderle.
Un figlio che deve conquistare l’amore dei genitori è un argomento spinoso da trattare, e sicuramente traccia le linee di una storia triste da raccontare. Perché è una cosa che non dovrebbe esistere, un genitore dovrebbe amare il proprio figlio naturalmente, dunque con queste premesse la storia di Fuinur si incammina su un sentiero che è più che in salita: è verticale.
Quella di Fuinur è simile, in certi aspetti, alla parabola del brutto anatroccolo. So che sembra un riferimento fuori luogo, ma in fondo non mi sembra di aver fatto un paragone così azzardato.
La conclusione del secondo capitolo fa letteralmente male al cuore. Hai reso benissimo quanto può essere feroce e crudele la condanna di una folla che si accanisce contro il diverso. In quella scena dove Fuinur viene pubblicamente estirpato da Bruvac, io ci ho visto anche il stolto sacrificio di un capro espiatorio, un capro espiatorio cui i paesani addossano le colpe della loro condizione abbietta. Tant’è che la stessa Kathrin vuole sbarazzarsi di Fuinur poiché gli attribuisce la colpa della sua infertilità, e inoltre i cacciatori lo incolpano della scarsità di selvaggina. È un meccanismo orribile e crudele, ma purtroppo perfettamente credibile, e non lontano dalla realtà.
Per quanto riguarda la figura del cacciatore, hai ottenuto un punteggio piuttosto alto per merito del primo capitolo, dove ti soffermi a descrivere in modo così dettagliato e preciso le battute di caccia di Fuinur. Dopo, purtroppo, per forza di cose il suo ruolo di cacciatore si perde, per questo non ho potuto darti il massimo. Nei capitoli successivi, il nostro giovane protagonista diventa qualcosa di più simile a un leader, o meglio, a un capobranco, e il cacciatore che è in lui viene messo da parte.
Fuinur è ben descritto, ho apprezzato molto come tu ti sia impegnata a connotare anche il suo lato animalesco. Ho trovato particolarmente incisiva, a questo proposito, la seguente scena:
Il bambino ringhio` per il tentativo dell’uomo di marchiarli con il proprio odore, pensava che con quell’espediente il cacciatore ne volesse reclamare la proprieta`.
Mi piace come tu stessa non hai provato a negare la parte animale di Fuinur, ma anzi hai ammesso che ci sia, calcando la mano su aspetti come questo. Fuinur interpreta il gesto di disprezzo dei due cacciatori a suo modo, come se volessero rivendicare le sue prede (e non come quello che è, ovvero un mero gesto di disprezzo). Ti ho fatto questo esempio, ma in realtà la tua attenzione alla parte animalesca del nostro piccolo protagonista è costante, ad esempio il tuo mettere in risalto gli odori dei luoghi, delle persone, prima che i particolari visivi. questo perché, ovviamente, la storia è narrata dal punto di vista di Fuinur, e Fuinur interpreta primariamente il mondo che lo circonda in base all'olfatto. Mi sei piaciuta parecchio in questo caso, hai dimostrato di essere attenta ai particolari, e non ti sei dimenticata della natura del protagonista man mano che la storia evolveva. Brava.
Spiego il perché di quel punteggio un po’ basso, per quanto riguarda la realizzazione della trama. Sostanzialmente, i motivi principali sono due: i punti che hai lasciato in sospeso, e soprattutto il finale concluso in modo troppo frettoloso.
Un conto era se avessi deciso di far correre Fuinur lontano dalla sua vita precedente, ma così, facendolo ritornare nella sua casa nei pressi di Bruvac, era inevitabile secondo me inserire un secondo incontro con i paesani, e soprattutto con la madre, tutti elementi di confronto che sono stati centrali nei primi due capitoli. Ora che Fuinur era cambiato, ora che si era riscattato, era la trama stessa a richiedere un ultimo incontro risolutivo, di qualunque natura fosse.
Anche la faccenda del lago di Vi’ Tuluk Naara, che sembrava l’inizio di qualcosa, è stata poi abbandonata a sé stessa. Ma questo è un fatto di minore importanza. Molto più grave è, come già ti ho anticipato, il modo a dir poco precipitoso in cui hai sbrigato il finale. Mi dispiace se questo è stato in qualche modo dovuto all’incombente scadenza del contest, in tal caso ti prego di riscrivere l’ultimo pezzo prendendoti tutto il tempo e lo spazio di questo mondo, perché così si vede proprio che, da un certo momento in avanti, ti sei lanciata a rotta di collo a chiudere la storia. E l’effetto che ne risulta non è dei migliori. Soprattutto il momento in cui Fuinur viene elevato a leader andava spiegato con più calma e con molta più gradualità.
Silvar |