C'è silenzio e silenzio.
Maneggiare Shaka può essere difficile. Non lo puoi mettere a ballare sul cubo senza piazzargli un OOC grosso come una casa allato, né puoi spedirlo in missione come si manda un bambino dal panettiere. Shaka è un prontuario di filosofia (buddista) ambulante. Il suo approccio alla vita è profondamente diverso da quello di qualsiasi persona 'normale', dove con normale s'intende come me e te, che già fatichiamo a pensare cosa passi (cosa possa passare) per la testa di gente che spacca gli atomi schioccando le dita. Figuriamoci con un filosofo. Il quale non è ingestibile di per sé (o meglio. In mano a Kurumada, sì, ché a lui serve quello che snoccioli saggezza ad un tanto al chilo, possibilmente con un aplomb impeccabile ed un nome che è tutto un programma. Shaka. Mica pizza e fichi), ma può diventarlo. Può diventare noioso, per chi legge, perché il Filosofo prevede un approccio alle cose del mondo differnte. Prevede un pizzico di introspezione in più, la quale, a volte, risulta un'arma a doppio taglio che scappa di mano e falcia teste (Forse il Red Slayer dell'inizio è lo scrittore o forse l'editor... ok, ho detto l'idiozia del giorno.).
Ti confesso che non ho avuto il coraggio di leggere subito questa storia. Quando sono tornata e mi sono accorta della sua presenza, insomma. Non ce l'ho fatta perché non ero nel mood giusto. Serve avere la mente aperta, quando si legge qualcosa su Shaka perché, proprio per i motivi spiegati all'inizio, c'è sempre il cinquanta percento di probabilità che sia la classica storia sull'essere/non essere, oppure qualcosa di radicalmente diverso. Tu qui non ci dici cosa sta facendo Shaka, in che punto della sua vita si trovi, che intenzioni abbia, cosa gli passi per il cervello. Ce lo mostri attraverso di lui, usandolo come filtro per comprendere la realtà. Shaka non è cieco come Ashmita, ma ha scelto di aprire gli occhi solo in caso sia davvero necessario. Il mondo attorno a lui parla, comunica, anche se Barbie Motociclista non spalanca i suoi occhioni azzurri. Perché sì, c'è tanto da dire e da fare, ma come mi ripetevano da bambina, se la bocca è una e le orecchie sono due, un motivo ci sarà. E ascoltare - e saper ascoltare - le diverse sfumature di un silenzio - questo silenzio così duro da raccontare, per dirla con De Gregori - è una virtù troppo spesso sottovalutata.
Brahma è la prima persona della Trimurti, la Trinità induista. In lui tutto confluisce e da lui tutto promana. Certo, si potrebbe obiettare che Shaka parla con Buddha e non con Brahma (tant'è che dice che i suoi compagni lo chiamano Shaka. Come se la cosa non lo riguardasse. Come se avere un nome - esistere - non fosse qualcosa di importante, adesso che sa che sta per accomiatarsi da questa vita.), ma io ho voluto vedere questo dialogo come un dialogo tra religioni, oltre che tra un uomo e l'infinito. Un dialogo dove non si parla per avere ragione, o per convincere l'altro di avere ragione, ma per capire. La realtà delle cose, il mistero della vita, perché i morti siano tornati in vita e stiano strisciando verso la Tredicesima Casa, il silenzio. |