Recensioni per
L'amore infelice rende crudeli
di yingsu

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
17/08/21, ore 05:03

I miei complimenti. È stata storia magnifica, emozionante e strappalacrime; il finale mi ha lasciato con il cuore spezzato ;v; Adoro la tua scrittura, sono davvero felice che ci siano storie italiane su lucky così belle da leggere.

Recensore Junior
25/07/15, ore 08:12

Ciao! No, no non volare via e scrivi altre storie :D capitolo interessante. Innanzitutto non sapevo che Tyki fosse portoghese, grazie a te l'ho scoperto. Comunque anche se purtroppo questa storia non esisterà mai nel manga, credo sia molto carina. In fondo ho sempre creduto che Tyki fosse una specie di seduttore, mentre Lavi avesse bisogno di tanto amore!
Il racconto è ben strutturato, si capisce l'evolversi della loro triste storia d'amore. All'inizio probabilmente sono spinti dal solo desiderio carinale, ma poi cominciano a provare un vero e proprio sentimento. E sei riuscita a farlo capire bene dalle piccole cose, come quando Tyki chiede della frase sull'amore.
Mi piace molto questi sentimenti cotrastanti dentro Tyki: amore e odio, lo ama e vuole distruggerlo... E proprio caratteristico di Tyki!
Mi è piaciuto tanto :) anche l'ultima parte, anche se un po' triste (*piange sommessamente*) é molto realistica.
Ti saluto, nella speranza di leggere nuovamente qualcosa di tuo! Un bacio,
Girasolerossofuoco

Recensore Junior
24/07/15, ore 19:07

Quei giooo~rni perduti a rincooo~rrere il vento, a chiederci un baaa~cio e voleee~rne aaa~ltri cento.
Non sapevo bene come iniziare questa recensione, così ho pensato bene di mettere una citazione a caso per iniziare subito a spezzare la tensione. Mi sembra logico.
 La verità è che sono disabituata a scrivere recensioni, sopratutto a te. L'ultima recensione che ho lasciato è stata ad una Lavi/Kanda (EBBENE) ad aprile, mentre ad una tua storia è stato un mese prima, a marzo, quindi fai tu. Ma nel frattempo (?) sono cresciuta - si spera - e forse questo sproloquio sarà un po' meno pessimo delle altre volte. Ma mai dire mai! Può darsi che riesca a farti piangere (wtf) come è possibile che tu chiuda questa recensione ancora prima di averla letta... ma diciamo  pure che, quando l'avrò inviata, sarò moralmente in pace con me stessa e mi sentirò un po' meno in colpa per leggere quello che tu scrivi senza dire mai per bene cosa penso. Se tu non leggerai la recensione… sarà semplicemente un problema tuo B]

Non posso definirmi una critica di letteratura, e tantomeno poeta o scrittrice. E sono sicura che coglierò alcune cose ma ne tralascerò sicuramente altre perché... beh, non ho le qualità adatte. E mi dispiace, perché questa fanfiction meriterebbe molto di più di quello che io ho da dare. 
In tutti i casi mi fa super piacere vedere che in questa one-shot sono condensate tutta una serie di cose che sento mie.
Primo fra tutti il titolo, ah, il titolo! Medea è stata una delle poche letture che feci per scuola che mi è piaciuta. E rivedere una sua citazione utilizzata nelle stesse modalità con cui l'avrei utilizzata io mi dà una bella sensazione, come se finalmente stessi leggendo una di quelle fanfiction che desidererei veramente leggere. Un po' quando si scrive "ciò che si vuole leggere"... e penso che tu mi capisca e che questa ff sia un esempio di quello che sto cercando di spiegare. Santo cielo, il mio vocabolario è davvero minuscolo (edizione tascabile, oserei dire).
Accanto alla Medea, mi hai lanciato gratuitamente dentro The Reader, e anche qui - ammettilo - sapevi di andare sul sicuro. Sapevi che era uno dei miei film preferiti (dobbiamo guardare I ragazzi del coro, comunque eAe, sto aspettando che tu mi dica quando) e che sarebbe stato un colpo al cuore per me questo parallelismo tra The Reader e la Lucky. Beh, ce l'hai fatta, complimenti, hai calpestato il mio cuore come se fosse un fazzoletto di carta usato e poi lo hai abbandonato lì a soffire ;__;
Mi piace perché qui Lavi e Tyki hanno quasi del tutto abbandonato  le loro vesti da eterni “rivali”. Sono più le volte in cui li ho visti come due curiosi piuttosto che come esorcista e Noah.
Beh, curiosi. Perché nonostante tutto, l’essere Bookman e l’essere il Noah del Piacere sono parte delle loro personalità. È bello vedere come Lavi sia cronicamente attratto da ciò che non conosce – e lui non conosce Tyki. Tyki, poi, che ha quel qualcosa di affascinante, qualcosa che non si può scoprire semplicemente guardandolo, e io lo so che è questo ad attrarre Lavi come una calamita. Perché sappiamo il modo di fare che ha il Noah è troppo strano, troppo diverso da tutto quello che Lavi ha sempre visto.
E mi piace pensare che Tyki con Lavi sperimenti. Mi piacerebbe soffermarmi più su di lui, dato che di Lavi sai già tutto dato che è proprio figlio tuo (cit) – e poi, dato che sto scrivendo io la recensione, posso fare tutto quello che voglio ♥
Anche Tyki ha fame di esperienze. Da quello che si può intuire, dopo il suo risveglio da Noah, non ha fatto particolari cose che gli hanno sconvolto l’esistenza. Ha sempre avuto la sua vita da barbone portoghese che lavora in miniera e poi la sua vita da Noah. Il suo bianco ed il suo nero, per dirla alla Hoshino. E tutto finiva lì.
L’idea che gli si presenti tra le mani qualcosa di nuovo dev’essere parecchio stuzzicante. Qualcosa che, tra l’altro, gli riesce bene (non ridere, ti prego) e che lo diverte. È come una fenditura tra due mondi che gli dà la possibilità di scappare da tutto. Mi piace immaginare, per esempio, che ogni tanto sia Tyki ad accoccolarsi tra le braccia di Lavi, nonostante sia lui stesso che rifiuti il dormire face-to-face. Nel mio mondo Tyki ha un grande dolore dentro di sé (chi non soffre nel mio mondo? 8D) e questa fenditura gli permette di dimenticare tutto per un po’, come lo è anche per Lavi, d’altronde.
C’è qualcosa di magico nel loro rapporto. E malato. Come un incantesimo riuscito male, o meglio, un incantesimo con degli effetti collaterali devastanti. Ad ogni paragrafo li si sente un po’ più consumati, ridotti sempre di più all’osso e alla loro esistenza che, mannaggia (…), coincide esattamente con quello da cui scappano quando si chiudono nelle locande.
Perché io so che Lavi rifugge dalle emozioni sì perché è Bookman, ma anche perché lui come persona le teme, e sa che soffrirebbe il triplo nel caso le provasse. Perché lui ha un cuore malandato fin dalla nascita e sa che il dolore e l’amore è amplificato, nel suo corpo, e potrebbe rompergli la cassa toracica da un momento all’altro. Nessuno vorrebbe provare qualcosa del genere.
(Notare come ho detto che non parlo di Lavi e invece sono qui, ahah ♥).
Tyki invece fa il duro. Fa finta che non gli importi – ed è bravo, in questo, a dire che davvero per lui è solo sesso e nient’altro. E ci crede lui stesso, fino alla fine. Se ne convince e si dimentica qualsiasi cosa ci sia stato di diverso dagli amplessi. Tyki gli ha baciato tutte le ferite che gli ha fatto, lo ha sfiorato come si toccherebbero gli innamorati o i fiori ma lo odia. Lo odia perché lui è un Noah e Lavi è un esorcista (notare la sfiga), e lo odia perché invece di farlo allontanarlo dalla vita – qualunque essa sia – non fa altro che creargliene una nuova.  Lavi si era preso un pezzo di Tyki, e forse non se n’era mai accorto – ma Tyki sì, e lo ha desiderato indietro quando ha scoperto che Lavi non poteva tenerselo, che era un contenitore troppo fragile per custodire un pezzo di sé.
È solo una questione di cuore. Perché nessuno dei due dovrebbe averne uno, e invece se lo sono scambiati. Forse è un’idea un po’ macabra, ma è la mia idea. Come se si fossero strappati dai rispettivi petti i miocardi e poi avessero detto «Tienilo tu e facciamo finta che non sia successo niente». Come si fa ad uccidere una persona che dentro di sé il proprio cuore? È difficile, è pericoloso. Per questo era necessario che il lavoro rimanesse fuori dalla locanda.
C’è una foga sottesa nei loro movimenti non descritti.
«[…] la valigia che Lavi aveva lanciato sul pavimento mentre lui lo trascinava dentro la camera, premendo il bacino contro il suo».
Questa frase, per esempio, mi ha fatto pensare alla fretta con cui si spogliano, alla necessità che hanno entrambi di dimenticare tutto – solo per un po’.  Mi piace pensare che quasi si strappino i vestiti di dosso – sì per il piacere, ma anche per tenere lontano tutto: esorcisti, bookman, noah. Qualsiasi cosa li colleghi a quel mondo che, nel bene o nel male, almeno un po’ odiano. È una necessità fisica, di vedere l’altro nudo e pensare “lui non è nient’altro che questo”, e osservarlo così vulnerabile che l’idea di ucciderlo o fargli male diventa inutile, addirittura insensata.
È questa la promessa che si fanno tutte le volte, un patto di non belligeranza. L’unico dolore che possono sopportare sono graffi e morsi.
(Stefano mi ha interrotto e  mi ha fatto perdere il filo del discorso, dannazione)
Ma non si può dimenticare tutto. Il cervello di Lavi registra tutto e Tyki è analfabeta ma non stupido. Ci saranno sempre particolari che gli ricorderanno che loro sono indissolubilmente legati al mondo “vero”, dove si dovrebbero vedere solo sul campo di battaglia, dove non c’è pace per due persone come loro. Lavi ha la benda, ha i lividi delle battaglie contro gli Akuma, ha l’Innocence – e Tyki ha quella sua pelle grigia/nera/marrone (appena la Hoshino sceglie il colore) e quelle stigmati sulla fronte. E gli occhi dorati che lo fissano e sanno tutto di lui. Le dita che conoscono le sue costole a memoria, che sono disposte a bagnarsi di sangue. Il suo sangue.
 
Non so se ho detto qualcosa di sensato, ma so che è questo ciò che mi viene in mente quando parli o scrivi della Lucky, che  i discorsi striminziti su facebook o  a voce che mi fai mi portano a pensare a questo. Che il loro rapporto è un modo per salvarsi ma in realtà li distrugge soltanto. Dall’interno, proprio come farebbe un cuore. Ma è un circolo vizioso che li spinge sempre più in fondo, sempre più uniti, abbracciati, rotti.
Diventano droga l’uno per l’altro. Odore di libri e arancia. La prima volta sembra andare bene, la seconda pure, e poi si scopre che se ne ha bisogno, sempre di più, e che gli incontri casuali diventano studiati e più intimi. Non ci si può fare a meno.
E più si soffre, più il desiderio di porre fine a quel dolore diventa grande, e più la ricerca dell’altro diventa incessante. Ma la locanda non è casa loro.
 
Mi piacciono le descrizioni striminzite, quelle due o tre metafore che fanno di Tyki qualcosa di bello ma morto, malato, distrutto da un qualcosa a cui Lavi non sa o non proferisce dare un nome. È un fiore malato o dei viticci arsi dal sole e inceneriti. È una visione malinconica che porta al lettore a pensare quanto Lavi vorrebbe prendersene cura, come hai scritto tu, gli basterebbe spostargli un ciuffo dal viso.
Guardarsi da lontano sembra bastare, certo. Un perfetto equilibrio tra quello che è consentito e quello che non lo è. Ma è il guardarsi il problema. E i continui riferimenti agli occhi, al colore del miele o dello smeraldo fino alle lacrime dell’ultimo pezzo. Anche se non erano il centro della storia, li ho trovati un punto cardine di tutto, soprattutto di loro due. Assieme al respiro, che sfiora la pelle di Lavi come se fosse una carezza, che gli riempie i polmoni con l’odore di tabacco e arancia. Sono il veleno che rende Lavi un (diciamocelo) completo idiota – si fissa sui dettagli, sulle cose che hanno tutti (appunto, occhi e respiro) e scova volente o nolente un particolare di quelle cose che gli piace da morire. Come i pigmenti dell’iride o l’effetto che il soffio caldo di Tyki fa su di lui.
È estremamente poetico, e delicato. C’è una nota di malinconia che sostituisce la cattiveria brutale di altre Lucky. Non è violenta, non c’è sangue o urla. Sono sussurri, segreti detti a bassa voce per paura che qualcuno li sentisse.
Ed è tutto crudele. Non solo Tyki, anche Lavi lo è. Perché nella sua (diciamolo, insomma) ignoranza, non aveva capito quello che c’era in gioco – se non quando era troppo tardi. In qualche modo, sembra che Tyki ne fosse più consapevole, più avezzo ai sentimenti. Ed è anche logico.
Lavi sembra fuggito dall’amore e tutta la compagnia delle sensazioni subito, senza provarne nessuna in particolare. Dietro Tyki si avverte una sofferenza che lo ha reso quello che è (altro che le macchinine verdi di Christian Grey).
 
Insomma, era amore. In tutti i casi un amore che non era destinato a sopravvivere. Come Tyki, era un fiore malato nato in una terra malta.
Concludo tutto questo sproloquio (d u e m i l a p a r o l e – equivalente a tre pagine word di times 12) signori con una domanda: se Tyki non fosse stato un Noah (perché il problema principale è quello, dato che Lavi ormai ha la fama del «i do what i want») il loro amore sarebbe stato un po’ meno malato? Sarebbe sopravvissuto?  
 
radioactive,
 
P.S.: Bel banner! Chi te lo ha fatto? 8D