Penso che questa sia una delle storie più complicate da recensire.
Proprio perché si tratta di argomenti così intimi e complessi, quali la filosofia e l'arte.
Farò un tentativo,partendo dall'inizio.
Credo fermamente che il titolo sia l'anima del racconto, capace di elevare il concetto in poche parole, senza dilungarsi, facendo trapelare tutto e niente, lasciando che, in quei brevi istanti prima di immergersi completamente tra le righe, il lettore immagini cosa lo aspetterà (senza però saperlo realmente).
Trovare la giusta anima quindi precisa una grande conoscenza dell'opera scritta. Molti autori non si capacitano delle parole che son riusciti a narrare, svalutandosi acerbamente.
Accetta,sei una scrittrice. Non nasconderti, tu sei l'oratore della storia, tu solo ne conosci profondamente il significato.
Un paragone così sublime e sottile: il caffè, una bevanda così semplice, all'uomo, un essere così tormentato. Vari aromi, varie degustazioni, dolcificante o meno, si tratterà sempre e comunque di caffè, che piaccia o meno.
Diversità, questo ho percepito.
Vincent è un personaggio particolare, un pittore, un incompreso nelle sue forme d'arte. Un po' svitato, ma il piacere dell'opera è proprio questo.
L'oratore del bar, senza nome, senza volto, con solo la capacità di intrattenere infiniti discorsi che, alla fine, tutti dimenticheranno.
Incomprensione, ecco cos'altro ho rapito tra le righe.
Van Gogh e Socrate. Interessante. L'eccellenza di due menti, meglio, di due artisti solamente accennati nei loro campi, la giusta quantità minima di zucchero che rende irresistibile il sapore della storia.
Una stima infinita, sia per loro, che per te, cara scrittrice modesta.
Strano e veritiero, un filosofo può rimanere incompreso, ma mai pazzo, perché parla di concetti comuni, anche se in modo confuso e contradditorio, volontariamente forse, proprio per non essere ritenuto un fuori di mente.
Diverso è per i pittori, cari artisti silenziosi, menti astratte, incompresi anch'essi, ma su questo termine si basa la pazzia ereditata dagl'occhi esterni di chi osserva un quadro. Non si può mai sapere cosa ritrae effettivamente uno a cui serve solo una tela per capire il mondo, lasciando indizi indelebili che, tuttavia, l'incapacità umana di rientrare nello spazio di una pennellata è in grado di non capire, perché troppo estranea e realista.
La percezione illusoria di un caffè senza zucchero, la culla per titoli inappropriati che, fondamentalmente, vengono accettati e inibiti dalla mente già rapita dall'opera ritratta di un povero pazzo.
Non so proprio se questa recensione sia ancora nei limiti del comprensibile, quando si tratta di filosofia e arte tendo a vomitare parole sperando che vengano comprese. Son già stata ritenuta pazza, quindi semplicemente mi ritrovo a sorseggiare un caffè inesistente dal gusto un po' più amaro del solito.
Grazie, grazie follemente per questa storia. Grazie.
-Voiceless |