Mettiamo subito in chiaro una cosa.
Io NON ti sostengo.
Ne’ ti sopporto.
Ne’ appoggio qualsiasi delle perturbazioni psichiche che in mano a un bravo psichiatra ti avrebbero già fatto diagnosticare di almeno cinque o sei disturbi differenti, tutti incurabili e almeno due o tre fatali per il genere umano.
Nonono.
No, io mi ti si (what?) appiccico come colla per raccattare l’opportunità di difendere a spada tratta la fauna di characters che TU e la tua maledetta ultra-selettività-elitista pensa di poter utilizzare come cagnolini al guinzaglio e/o sostituire al tappetino davanti a casa. Io sono la CAOP, Corporazione Anti Ormoni di Pachy-pachiderma. E anche se non c’ho un costumino attillato o la versione high-tech della nuvoletta di Dragon Ball e la mia migliore trasformazione è quella che esibisco tutti i giorni da quando mi disidrato durante la notte e passo le 24h dopo a riciucciare acqua come uno Spongebob con forti tendenze alcoliste, io sono il primario avvocato difensore di tuuuuutti quei personaggi che il tuo buttafuori mentale ha scaraventato fuori dal club/harem a calci nel sedere. Ecco. E il titolo è tuo, perché dopo essere stata bombardata non-stop dai tuoi guizzi d’ispirazione con 4 pagine di mini-frasi che fra un po’ aprivo una fabbrica indipendente di baci Perugina e li ficcavo tutti dentro per diventare milionaria, chiunque avrebbe cominciato a sentirsi investito da un higher power e avrebbe iniziato a vomitare altre mini-frasi, fosse solo per vedere la tua riluttanza a fare scelte strapparsi i capelli uno ad uno. E dopo aver sprecato un paragrafo a chiarire la mia posizione legale in onore di Felicia e della miriade di scartoffie con cui si riempirà anche il cuscino (o il decolté?), passiamo alle cose importanti.
Now.
Innanzi tutto devo iniziare con l’ammettere qualcosa di disarmante. Intollerabile. Inammissibile. Qualcosa di cui non mi capacito né mi capaciterò da qui al resto dell’esistenza di questo triste piccolo pianeta in cui i supereroi esistono solo a New York perché nessun Spiderman vuole svegliarsi la mattina e trovarsi nel bel mezzo di Dubai a salvare capre (questo è razzismo). Qualcosa che capita troppo poco spesso perché io riesca ad abituarmi.
YOU.
WERE.
RIGHT.
Anzi, più che “you” sono “your characters”, visto che sono loro a capo della folle macchinina da corsa che è la tua mente, allora congratuliamoci coi characters perché la verità (inaccettabile verità) è che un inizio così, nel cuore dell’azione-relazione, con un climax alle spalle e più emozioni ereditate dal finale del film che quelle che uno può sopportare, con l’ansia di un piano di cui non si sa nulla e interrogativi che fioccano come pop-corn dentro la testa, è da togliere il fiato. La tensione fra i due è spettacolare, l’atmosfera carceraria (che fa battere forte forte il mio cuoricino) è brutale ed elegante nello stesso tempo. Poi usciamo fuori, e allora diamo il via libera alle vertigini (letteralmente e metaforicamente). E’ veramente un magnifico prologo/primo capitolo. E so di essere di parte, perché preferisco questi tipi di inizi alle partenze introspettive, ma la cosa buffa è che ora non vedo l’ora di tuffarmi nella mente di entrambi perché non capisco una beneamata minch** (sì, tolte due lettere la volgarità sparisce) di quello che scorrazza nella mente supereroica di entrambi, e non importa quante ore ho passato a scervellarmi sull’argomento: se questi due presi da soli hanno un loro senso, presi in coppia aprono nuove porte all’universo di enigmi spalancato da Lucien e Will. I need to know.
Next thing.
Ero preparata al gioco degli alter ego. Lo ero. Lo giuro. Non ero preparata a quanto vividamente l’hai presentata, delineando la problematica delle doppie personalità già dalle prime due righe, seccamente, crudelmente, implacabilmente, tagliando di netto l’uniforme dall’adolescente senza concederci un momento di “armonia fra uomo e maschera”. E questo è entusiasmante. Perché se tu hai il doppio dei personaggi da tenere al guinzaglio e ti ritroveremo fra qualche capitolo come una teen mom schizzata ma senza genitori dietro a cambiarle i pannolini, noi sentiamo il brivido di quei confronti fra sé e altro-sé, anticipando (ma aspettando che sia tu a portarle alla luce, you unlucky bastard) i duelli interni a Peter e Harry. This. Is. Going. To. Be. Awesome. Pentiti di saper fare i prologhi, perché ora ti sei imposta una barra di aspettative alta. Molto alta. Ed è naturalmente tutta colpa tua.
Next thing number 2.
Harry l’hai trattato da Harry. In altre parole, l’esercito di ormoni che divampa in te ha avuto il coraggio di lasciarlo Harryharry e non trasformarlo in Harry-let’s-go-to-bed-honey, che mi sembra un risultato da celebrare (no, non QUEL tipo di cerebrazione, riprenditi, anzi, rivestiti, su). Il nostro piccolo follettico aspirapolvere è provocatorio, gelido, acido, più che sarcastico (diciamo che è una motosega verbale), troppo abile a fingersi non sulle difensive, troppo sadico per avere un po’ di rispetto per le ferite altrui. Mi sono innamorata del commento-citazione finale alla prima parte (“Si dice signor Osborn, non siamo amici”) perché ho l’impressione gli restituisca un po’ di umanità, quell’umanità che durante il capitolo ha preferito nascondere sotto il tappeto (o meglio chiamare qualcuno che prenda in mano la scopa perché non me lo immagino neanche raccogliere le briciole di brioche dal tavolo della colazione. Pensandoci deve essere il peggior modello di aspirapolvere sul mercato, quel pulcioso semaforo verde).
Peter invece è disperato. E’ assurda come sensazione, ma lo si sente disperato. Traspare, traspira. E ciò significa che o la sottoscritta ha attaccato la propria codina blu (e mo’ perché cito Avatar) al canale di emozioni del diciottenne di cui tutti ci preoccupiamo per il giorno in cui metterà su finalmente qualche sano apprezzato rotolino di ciccia, o tu hai rispettato l’onda emotiva che ha sommerso il nostro supereroe preferito (escluso Shrek, che sì considero un supereroe, vabbene?!). E’ confuso, aggressivo, caotico, terribilmente suscettibile, più sarcastico che ironico (e lui è di natura auto-ironico). E non vuole essere lì. Soprattutto non vuole essere lì.
In tutto adoro il fatto che, sebbene siano circondati da atmosfera alla 007 e almeno uno di loro sia votato a salvare il pianeta (o gli States, visto che per Hollywood USA=world), si comportino da bambini di terza elementare. Ci provano a mantenere un minimo di contegno, eh, guardali, mi immagino le espressioni indurite, la posa da modelli di intimo mancati, ma naah, intratteniamo una conversazione sul “non darmi ordini”. Harry: grow up. Peter: quante volte devi fallire prima che ti entri in quella capoccia oblunga che tu come negoziatore sei efficace quanto un certo lanciatore olimpionico di skateboard? Lascia perdere. Te lo dico da amica.
Next thing number 3.
La persona. Il grande, no, colossale argomento che è la terza persona. Okay, devo ammettere che è stato strano leggere qualcosa scritto da te in terza, anche se hai decisamente lasciato il tuo tocco personale (perché tu la solita piatta asettica tecnica proprio non la puoi vedere e se qualcosa non è personale LO RENDI PERSONALE). Magari sono solo io, ma ti immagino come il mio cagnetto quando trova un cuscino che non è nella posizione più comoda e allora passa quei 10 minuti a scavare e fare la trottola e scavare ancora finché si lascia andare pesantemente sullo stesso scomodo cuscino di prima (che non ha mosso di un millimetro) e sbuffa. Non so se è una mia impressione, ma in questo capitolo di sento sbuffare. Stai flirtando con una nuova tecnica. Ed è un capitolo che mi butterei volentieri ad analizzare minuziosamente frase per frase, perché tu avrai tenuto la terza persona ma il punto di vista si è esibito in una serie di sterzate da gara di motocross che voglio ficcare sopra un vetrino e passare al microscopio, oh yeah. That’s some serious shit going on here.
Detto questo, non credo ci sia persona al mondo viva e con sufficiente attività celebrale che possa leggere questo capitolo senza iniziare a smaniare per leggere il resto. Ti romperò le palle finché non avrò ottenuto il giusto tribute a questi due (2x2, facciamo matematica identitaria) imprevedibili personaggi a doppio fondo che sono le tue magiche manine possono riuscire a commemorare come si deve. E lo so che sarà una strada ardua e difficile e costellata da ragnatele e gente con orecchie a punta e ormai la tua speranza risiede completamente in quel tabernacolo di Max e l’Harem è un supermercato di gente con interessi totalmente diversi, ma io ti starò accanto passo dopo passo e ti prenderò a legnate quanto basta perché la tua passione per gli psicopatici che non avrebbero diritto neanche di respirare non obnubili la tua già piuttosto instabile mente. Quindi armati di aceto, riconnettiti con l’aracnide che è in te, pensapositivopensapositivo come la stella marina di Nemo, e YOU CAN DO IT. Io e la zia di Peter abbiamo grande fiducia in te. E se muori ricordati di specificare che vestiti vuoi al tuo funerale perché dobbiamo fare la lavatrice e non ci piace perdere tempo. Oh.
P.S. Aggiunta dell’ultima ora: al banner sono morta. No, sul serio. Ho avuto un momento di flat line, ufficialmente defunta, trapassata, mi sono auto-defibrillata col tostapane e ora sono qui ma solo per complimentarmi con la creatrice. E lo so che il tuo narcisismo non ammette che il resto della popolazione umana venga preso in considerazione, ma sai anche che quel che è giusto è giusto. E poi l’artista (va bene artista?) si chiama Hilary :3
I'M WATCHING YOU BABY.
O, detto alla Peter...
I'M STALKING YOU BABY. |