[Valutazione del contest "Il contest di G", indetto sul forum di EFP]
Titolo:
Personalmente mi piacciono molto i titoli “ad elenco” perché li trovo decisamente intriganti, nella loro semplicità.
Il tuo, inoltre, mi ha colpita perché gli elementi del titolo li troviamo “al contrario” nella storia: prima avviene l’incontro, poi l’errore e infine vengono citate le fragole.
Caratterizzazione dei personaggi:
L’unico, indiscusso protagonista della storia è Peeta, e trovo che sia descritto benissimo: anche io me lo immagino come un bambino tranquillo ed ubbidiente, che si siede in un angolo “cercando di fare il meno rumore possibile” per non disturbare e si concentra sui suoi disegni.
Sappiamo che Peeta è un bravo artista e che decorava le torte della pasticceria di famiglia prima dei suoi Hunger Games, e mi è piaciuto ritrovare questo particolare tra le righe della tua storia.
Ho inoltre apprezzato sia il desiderio di ritrarre ciò che gli è più caro, come il volto dei familiari, sia la successiva rinuncia perché soggetti troppo complessi: è un perfezionista, Peeta, e non è difficile figurarselo anche da bambino a ricercare il massimo dai suoi sforzi per ottenere il migliore risultato possibile.
Per questo ho trovato molto calzante la delusione che gli si dipinge in viso quando commette un errore grossolano per – involontaria – colpa di Delly… così come ho apprezzato moltissimo che non gliel’abbia fatto pesare: non solo non le ha detto “è colpa tua se ho sbagliato”, ma non l’ha nemmeno pensato, il che rimanda dritto dritto alla tendenza del Peeta adulto di assumersi tutte le responsabilità di questo mondo e anche qualcuna di più.
Trovo che sia verosimile anche il suo nervosismo quando quella bimba sconosciuta si mette ad esaminare i suoi disegni: oltre al fatto che, come hai detto tu, nessuno aveva mai prestato tanta attenzione alle sue opere, disegnare è la sua più grande passione ed è ovvio che ci sua un po’ di ansia quando qualcuno analizza i suoi lavori. È un artista, dopotutto.
Il brevissimo dialogo tra Peeta e Delly l’ho trovato molto ben strutturato e realistico, soprattutto per le reazioni di Peeta alle sue parole, prima col suo nervosismo e poi con quel filo di imbarazzo per quel complimento inaspettato.
Infine, nonostante Peeta sia molto piccolo è facile pensare che la vita dura di quel mondo unita al suo carattere tendenzialmente riflessivo ed altruista gli avesse già fatto capire che quello del pittore era solo un sogno irrealizzabile… anche se, per fortuna, le parole di Delly riescono a risollevargli il morale, consentendogli di sperare un futuro migliore… anche solo per un po’.
La piccola Delly apparentemente non ha grosso spazio in questa storia, ma nonostante ciò viene descritta con cura: una bimba dall’aria simpatica, un po’ paffuta e con dei vestiti nuovi.
Questi ultimi due particolari potrebbero sembrare irrilevanti, ma per il mondo di Hunger Games sono un indizio chiarissimo: quella è una bimba benestante, perché la maggior parte della popolazione non ha né abbastanza cibo per sfamarsi come si deve – figuriamoci per averne in eccesso, anche se di poco – né tantomeno per comprarsi vestiti nuovi senza che ci siano occasioni speciali (come la Mietitura).
Mi è piaciuto il modo spontaneo in cui lei si avvicina a Peeta e inizia non solo a commentare il disegno che sta facendo, ma anche a curiosare tra tutti gli altri: probabilmente si stava annoiando a fare la spesa con il genitore che l’ha accompagnata lì, e quando ha visto la possibilità di sfuggire alla noia e al contempo interagire con un coetaneo l’ha acchiappata al volo.
Adesso però vorrei spendere due parole per parlare della frase che dice il padre di Peeta quando gli dà le fragole, aggiungendo che le ha comprate da « L'uomo che ha sposato la ragazza di cui sono sempre stato innamorato »
Probabilmente volevi strizzare l’occhio al lettore facendo cenno a qualche relazione nascosta tra le righe dei libri e di cui al momento non ho ricordo (ho letto i libri diverso tempo fa, ormai), ma in ogni caso non mi è particolarmente piaciuta: è carina l’idea di un padre che confida un segreto al figlio, con tanto di occhiolino che dice “questa cosa deve restare tra noi”, ma un segreto del genere è piuttosto inadeguato da rivelare così a cuor leggero a un bambino di tre anni, anche se fosse per scherzo (e in questo caso sembra non lo sia).
Sì, può sembrare una cosa da nulla per un adulto, ma dal punto di vista del bambino cresciuto con due genitori, loro sono il suo tutto, e sono un qualcosa di inscindibile: non riesce a concepire l’idea che ci possa essere stato un prima in cui loro non stavano insieme, figuriamoci accettare una frase che presuppone un sentimento per una terza persona sconosciuta che forse non si è ancora sopito.
A parte questo particolare, nonostante i genitori siano appena abbozzati li ho trovati ben descritti e verosimili, con la madre – la più severa – che raccomanda a Peeta di non disturbare e di lasciar perdere il disegno per imparare invece a impastare, e il padre – più complice – che gli regala i coloranti scaduti per concedergli di coltivare la sua passione e condivide con lui sia le fragole che un piccolo, grande segreto.
Stile e trama:
Prima di cominciare, ti faccio un paio di minuscoli appunti tecnici:
- Proprio come le virgolette alte “ e ”, anche i segni « e » devono essere attaccati alla parola che li segue o precede.
- Se un discorso diretto è seguito da frase indiretta con verba dicendi et declarandi, non deve concludersi con un punto fermo; probabilmente già lo sai perché in alcuni casi segui la regola giusta, comunque ho pensato di segnalartelo per darti la possibilità di correggere gli altri.
Nonostante sia una storia prevalentemente introspettiva lo stile è molto scorrevole, con periodi che, anche se più lunghi, risultano sempre di immediata comprensione.
L’excursus iniziale sulla passione di Peeta è molto bello, perché concilia l’esigenza di trama di spiegare al lettore cosa sta facendo con quella più sottile del raccontare la parte forse più nascosta di un personaggio a noi caro.
Mi è inoltre piaciuto molto il fatto che tu abbia inserito dei piccoli particolari molto realistici, che hanno contribuito non poco a dare corpo e verosimiglianza alla tua storia.
Parlo ad esempio dei coloranti scaduti: anche se la famiglia di Peeta non è povera non si potrebbe certo permettere di sprecare soldi per nulla (anche se “nulla” non sarebbe, ma vediamolo dal loro punto di vista), quindi il sottolineare che quei coloranti siano scaduti e che quindi sarebbero stati buttati è stata una scelta molto azzeccata.
Anche leggere che solitamente Peeta coltivava la sua passione disegnando su pietre con pezzetti di legno bruciati – quindi senza dover spendere denaro – mi è sembrato molto realistico, mentre invece ho storto un po’ il naso leggere che (le fragole) “aveva provato a disegnarle a scuola”, sottintendendo che a scuola i bambini passassero il tempo a disegnare. Ecco, è vero che non abbiamo informazioni riguardo al sistema scolastico di quel mondo, ma nonostante la famiglia di Peeta non se la passi male non credo che avrebbe soldi da spendere per mandare il figlio in un posto dove non impara cose utili – come leggere e scrivere – ma dove “si diverte e basta”.
E mi piange il cuore scrivere una cosa del genere, perché so benissimo che anche il disegno è fondamentale per l’educazione dei bambini, soprattutto i più piccoli, ma dal punto di vista dei genitori del Distretto 12 non lo vedo come un’attività su cui sarebbero disposti ad investire, quindi troverei più verosimile che avessero mandato Peeta a scuola soltanto il tempo necessario per imparare a “leggere, scrivere e far di conto”… oppure glielo avrebbero direttamente insegnato in casa.
L’immagine della bimba che arriva all’improvviso a curiosare, con la spudorata sincerità che hanno tutti i bimbi, è davvero molto carina e fa sorridere il lettore, soprattutto immaginandosi Peeta che, di fronte a quella giudice inaspettata, aspetta il suo responso col fiato sospeso per poi arrossire di gioia al suo complimento.
Tuttavia, c’è una cosa che mi ha stonato, nel tuo stile: nonostante sia fluido e ben curato sia dal punto di vista grammaticale che sintattico, in alcuni punti non l’ho trovato adeguato ad una storia con il punto di vista di un bambino così piccolo.
Ti faccio qualche esempio:
- […] non voleva perdere tempo e sprecare il poco materiale a sua disposizione per riprodurre un qualcosa che non gli interessava o che ancora non riusciva a rappresentare nel migliore dei modi.
- […]gli sarebbe piaciuto riuscire ad imprimere su carta il modo in cui la fronte di suo padre si aggrottava quando era contrariato e pensieroso, o le fossette che comparivano sul volto di suo fratello Julian quando sorrideva […]
- […]al posto della fragola che stava delineando, si era formata una macchia nera davvero brutta.
Probabilmente – sicuramente – è una cosa mia, ma leggere pensieri di un bambino raccontati dalle parole di un adulto non mi convince molto, soprattutto perché mi impedisce di immergermi pienamente nella lettura e immedesimarmi nel protagonista.
Non sono cose eclatanti, bada bene, ma è tutto l’insieme di vocabolario e sintassi: guardandoli con l’occhio di un adulto potrei definirli semplici e quasi quotidiani, ma considerando che dovrebbero esprimere il punto di vista di un bambino li ritengo a tratti troppo complessi.
In ogni caso sono soltanto piccolezze, perché perlopiù la storia fa molta attenzione a riflettere lo stato d’animo di Peeta con quanta più cura possibile.
In particolare, ho apprezzato tantissimo il finale: qui più di tutto il resto ho sentito davvero Peeta, il suo entusiasmo infantile e le sue speranze forse ingenue, ma assolutamente perfette per un bimbo della sua età.
Gradimento personale:
Questa breve incursione nella mente di un piccolo Peeta mi è davvero piaciuta molto, e ho apprezzato in particolare che tu abbia voluto dare spazio a quella sua passione per il disegno che di solito viene messa da parte come qualcosa di meno importante: non lo è, non per lui.
E nemmeno per te, a quanto pare… per fortuna.
A presto!
rhys89 |