Se dovessi descrivere questa storia con una sola parola, direi che è poesia. Poesia pura. Sono vivamente impressionata dalla delicatezza dello stile e dall'accortezza delle parole che hai utilizzato, tutte ben calibrate a ritrarre questo straordinario John Watson in un dopo Reichenbach che, incredibilmente, riesce ancora a stupire se messo nelle giuste mani. Quando pensi che certi argomenti siano ormai triti, ritriti e che non possano fare altro se non annoiarti, ecco che arriva un nuovo autore a raccontarti il suo Reichenbach. In un modo straordinario, drammatico nei sentimenti che sei magistralmente capace di tirare fuori. In questo dolore di John che è quasi straziante ed enormemente violento.
Confesso di aver commesso l'errore di aprire senza leggere tutta l'introduzione fino in fondo. Pertanto ero sicura che il significato della storia fosse quello di creare un John Watson talmente distrutto dal dolore per la perdita di Sherlock, che impazzisce letteralmente, finendo quindi col mescolare i sogni con quella che è la realtà. Creandosi, di fatto, una sua illusoria vita parallela in cui Sherlock torna a casa e non è morto. Poi invece ho letto quello che dici nell'intro ovvero che Sherlock è tornato veramente, in un modo diverso e di sicuro dalle parvenze molto meno comiche di quanto lo abbiamo visto (perché anche lì, c'era un universo di cose sotto che... va beh!). Per certi versi è decisamente molto più liberatorio il fatto che sia tornato per davvero. Mi ha tirato via un peso, lo giuro.
Tornando a John. Mi ha colpita il modo con cui lo hai descritto. Ne ho visti tanti di John Watson e molti ben poco convincenti, ma questo stupisce perché ha una sfaccettatura che non mi aspettavo. In pratica è come se ci calassi in una Baker Street statica nel tempo. Che sembra non essere mai andata avanti negli anni, ma che pare sia stata congelata quel giorno del volo dal tetto del Barts. Amo i parallelismi e qui non lo si può non notare. C'è una staticità nelle stanze che ci descrivi, nel modo in cui le inframezzi ai ricordi di John di quel giorno maledetto, e non si può non cogliere la similitudine. Il fatto che, così come il 221b si è cristallizzato, così ha fatto anche il cuore di John. Parallelismo intelligente, commuovente ed immensamente drammatico che hai decritto, appunto, con tutta la poesia di questo mondo. In questo ho visto tutta la devozione, la meraviglia, lo stupore e l'attaccamento che John provava per Sherlock.
L'entrata in scena di Sherlock è quasi muta. Lui dice solo una frase, e forse è questa battuta che mi ha tratto in inganno la prima volta che ho letto la storia, perché ero sicura che quella fosse la follia di John. Ed invece era esattamente lui, che torna a casa dopo essere morto e che risorge presentandosi senza troppi fronzoli, senza tante parole, ma solo dicendo la pura e più sincera verità: "ti stavo aspettando, John". Ed è assolutamente così. Sherlock è quasi spietato nel modo in cui gli si presenta, non indora la pillola, non fa di tutto per addolcire l'incontro quasi non gliene fregasse un bel niente di rendere le cose più soft. Da una sola frase lo percepiamo quasi come immensamente egoistico, vuole vedere John e va a Baker Street. Punto. Non fa nient'altro, non maschera i propri sentimenti con quell'ironia falsa che utilizza nella serie, che non riesce a nascondere il terrore di rivedere John e di essere detestato da lui. Qui è sfacciato, plateale (perché Sherlock Holmes lo è molto spesso) eppure l'ho trovato estremamente più semplice e meno macchinoso, soprattutto nella maniera che ha di affrontare i suoi sentimenti ed emozioni. Sherlock non c'è quasi in questa storia, filtra dalle parole e dai ricordi di John, ma sembra più che altro un concetto astratto. Suona vagamente di amore perduto, ma non si sa bene che amore sia. Il concetto sembra molto generico per certi versi. Solo alla fine arriva e diventa reale. E basta una singola frase, e dice tutto. Su chi è. Su cosa prova, eccetera, eccetera, eccetera...
Complimenti. Davvero tanti complimenti. La storia finisce tra le mie preferite perché merita davvero e spero venga recensita.
Koa
Ps. Ora come ora sono colta da un dubbio... ho la sensazione di aver sbagliato quella che era la tua intenzione per questa storia... non è che John si suicida e il "coltello" del titolo rappresenta l'estremo gesto? *dubbiosa* la devo rileggere questa storia... (Recensione modificata il 04/10/2015 - 09:20 pm) |