Recensioni per
Anatomia della Leggerezza
di Jailer
Un viaggio surreale e onirico, in preda ai fumi dell'alcol e ai deliri della fame. Squallido, anche. Per un attimo ho pensato che avresti fatto morire Blanca nella stiva della Palinuro, suggellando il parallelismo fra questa traversata e quella dell'Acheronte (visto che lo scorso capitolo rievocava Caronte). Invece no, mi confondi ancora, e mi lasci la voglia di continuare a leggere proprio quando non posso andare avanti per mancanza di tempo. Ti rinnovo i miei complimenti. Questa fic mi ha davvero catturato. |
Sto ricamando ritardi su ritardi, perdonami. Ho ripreso l'università da ieri e devo riabituarmi all'idea, asd. Sai cosa stavo notando -e mi piace troppo, troppo, troppo?- che la maggior parte dei 'fine pezzo' (non so chiamarli. Ovvero ogni volta che finisci e c'è un asterisco.) è colma di rimpianti/nostalgia/amarezza. Sono piccole frasi, perle di Manigoldo che dissemina, e che ti fanno partecipe di tutta la sorte burrascosa e gioconda che avrà dinanzi a lui per tutta la vita.
È splendido il pezzo in cui Manigoldo pensa alla sua armatura -e quanto gli è costata. Perché ho la netta sensazione che non centrino solo rappresaglie e guerre, ma anche Blanca? Cioè... come fosse un 'percorso' la sua morte... per poter poi arrivare ad essere accettato dall'armatura? Sigh-. È una specie di monologo dolce-amaro con quell'ironia che ti verrebbe da piangere -e piangere non dal ridere, ma proprio piangere- se non fosse che, ehi, è Manigoldo. E allora ritrovi la superficialità solo pensando a lui, ma se ti ci fermassi un attimo vedresti che non è poi così superficiale quel che è, quel che gli è successo, cosa gli succederà... (Mi sarò spiegata? Mh...)
Ah, una scena vivida nei miei occhi (con tanto che io né a Messina, né ad Atene sono mai stata) è stata quella dei due 'monumenti'. La prima -la statua- un po' ipocrita... quella da dove proviene Manigoldo, l'altro -Il Santuario in lontananza, che vede non appena sbarca nella città- meno ipocirta poiché non lo benedice e lui ringrazia. È stato più decente.
Mi è piaciuta proprio quest'ultimo termine. Qualcosa come 'per sua decenza, con tutto ciò che passai da lì in poi, almeno parve capire che non era proprio il caso mi salutasse'.
Sai, quando hai scritto di 'stranieri in terra straniera' ho pensato troppo alla chiusura mentale che avevano i Greci CONTRO ogni popolazione esterna. E, bene o male, era così più t'addentravi nei meandri della città. Se già a Messina i ragazzini di strada erano trattati come topi... in un paese straniero dev'esser ancor peggio. Perché lo spaesato diviene anche l'agile-furbo-povero ragazzo.
Ti dirò, comunque la parte finale è una manciata d'ironia sprezzante e bellissima.
Questa frase è ORO: 'Andiamo, andiamo. Concetemi una risata. Andiamo, andiamo.' Ciao Manigoldo, sei proprio tu, ancor di più e sempre così. "Andiamo" che dovrebbe essere una volontà quasi sconfortante del cammino tortuoso che ne conseguirà... piegato ad un'altra volontà: quella d'irridire i propri guai. Il proprio 'cammino'. Awh.
Complimenti ancora e di nuovo,
Giò.
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Io ho sempre più paura della tua storia perché sta andando tutto troppo bene, per i miei gusti e considerando il genere di racconto ^^' |