Peccato che le drabble finiscano così presto, avrei voluto continuare a leggere tanto mi ero appassionata!
Innanzitutto, ho trovato azzeccata la scelta della double drabble speculare: hai rovesciato l'introspezione e l'hai mostrata in entrambi i punti di vista in maniera davvero efficace e scorrevole. Il mostro che non è mostro, l'eroe che può diventarlo... in fondo hanno una parte di ambedue in ognuno. Ed è anche bello che l'immagine iniziale si apra con una scena ironica, che fa sorridere (proprio perché Garou non sa accettare il "gioco"), e si concluda con un'altra che dà da riflettere: è un accostamento scanzonato, ma pure pensato davvero bene, perché lascia un senso di realtà intima, una verità condivisibile. Sei stata particolarmente brava a unire questi due pensieri che si corrispondono, persino come effetto grafico è ben riuscito: non vedo l'ora di leggere altro di tuo sul fandom.
Il tema è sicuramente in linea col fandom e le immagini vivide hanno dato subito forma a Garou, ai suoi pensieri, ma ci hai aggiunto della sensibilità che nell'opera originale manca: gli hai dato una dimensione da bambino a tutto tondo, che fa capire la fragilità del suo modo di pensare e a cosa si appoggia per diventare la persona che è e che ci troviamo di fronte nella serie. C'è dell'amarezza e dell'ironia pungente in questo passaggio, perché se ci pensiamo, anche nella vita vera abbiamo tutti dei "ruoli" da interpretare di fronte alla società ed esistono delle convenzioni, dei tabù rigidi che ci condizionano sull'idea di giusto e sbagliato, buono e cattivo, possibile e impossibile. A Garou tocca la maschera più scomoda, che nessun cittadino vorrebbe - eppure lui la sceglie ugualmente, convinto di ribaltare il ruolo del mostro, di schiacciare il finale che spetta ai villain. Ed è proprio qui che poggia il messaggio di queste drabble: parti da un episodio comune, il gioco dell'infanzia, in cui i bambini interpretano dei modelli che li plasmano, che spronano la loro fantasia. Garou è così nauseato dall'idea che l'eroe vinca sempre, che sia acclamato, da voler modificare questo stato di cose. Si sente la sua necessità di non essere inserito negli schemi sociali, ma calandosi nei panni del "mostro" si inizia lui stesso a questa pratica (e sotto questa luce io ci vedo tanto angst: optare per divenire un villain gli fa terra bruciata attorno. Distrugge lo schema soltanto per entrare nel ruolo che la società reputa adatto al "perdente", perché l'antagonista viene sempre battuto dall'uomo di giustizia.
E poi arriva il sapore amaro della disfatta: essere giudicato dagli spettatori, dagli occhi delle persone, che soppesano le azioni per come le vedono (perché non possono guardare altro che un'immagine, uno spettacolo in cui la violenza - che comunque è innata nell'uomo - viene condannata e respinta, perché prodotta da un essere etichettato come mostruoso, ignobile; mentre l'eroe è giustificato, vive di scusanti e i suoi gesti sono un mezzo per portare la causa (il bene) alla vittoria.
Hai usato un linguaggio molto pulito e diretto, senza sbavature, con i pensieri che fluiscono e arrivano dritti al punto: sei stata semplice nella stesura, ma profonda nel messaggio e non sei scaduta nel banale. Anche la disposizione delle parole mostra più consapevolezza e sicurezza dei mezzi. In definitiva: mi è piaciuta davvero molto, continua a scrivere (e pubblica, please).
Alla prossima!
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