Un ode quasi, una preghiera, un'ancora di salvezza dal vuoto incolmabile di una perdita, qualsiasi essa sia. Non so se sia voluta l'assonanza ripetuta di "assenza""distanza""speranza" ma questo effetto da un tocco di eco alla voce narrante, come se parlasse da una stanza buia senza pareti, come se fosse un eco di un ricordo che arriva da lontano... molto lontano. Lo sguardo che ha il tuo viso, come di un'eredità e di un legame, quelle rughe che si fanno strada nella coscienza del tempo, dove presente narrativo e passato figurato si incontrano. Forse il suo silenzio, forzato, è la cosa più preziosa poichè ci tiene sani di mente... una sua parola...e forse impazziresti spezzando quella malinconia stessa che è il filo a cui sei aggrappata, in lacrime, vivendo il suo ricordo.
Ti ho immaginata seduta, dolce Misia, con uno sguardo triste e gli occhi velati di un pianto che viene direttamente dal cuore, anche se hai toccato più volte argomentazioni simili nelle tue splendide opere, tuttavia questa l'ho sentita davvero molto più "forte", come se questo legame fosse la metà del cielo che manca. Non ho avvertito sensazioni brutte, se così vogliamo chiamarle, ma solo un desiderio di imprimere su carta questa considerazione personale, sperando che lui la legga, dovunque esso sia, sapendoti in equilibrio con questa malinconia. Mi spiace a livello personale se ti è successo qualcosa, e perdonami se mi sono permesso di scriverti queste cose, ma nei tuoi componimenti spesso e volentieri io "sento" non "leggo", e il mio cuore s'avvolge di spine nel saperti così ferita, ma allo stesso tempo si quieta poichè sento che è solo un passaggio. Nel dubbio, ti mando comunque un grosso abbraccio. Mauro
(Recensione modificata il 28/11/2015 - 01:05 am)

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