H a z e l cara,
sono qui al computer per recensire questa tua storia, mentre ascolto la versione orchestrale di Lacie - l'atmosfera -. Letta l'introduzione, una vocina proveniente dalla testa - o dal cuore, chissà - mi ha sussurrato all'orecchio di stare attenta perché, a lettura finita, non sarei uscita perfettamente indenne. Ti lascio indovinare la conclusione della favola.
Ammetto di aver creduto, subito dopo la prima riga, che l'episodio trattato si collocasse all'inizio di Pandora, nel decennio in cui Oz galleggiava nell'oscurità di Abyss, ma subito dopo - precisamente all'inizio della terza frase, «Su una rossa poltrona che ora chiameremmo 'd'altri tempi'» - ho cambiato idea. Ed è nato una sorta di dubbio, accompagnato da una nota d'ansia e timore. Accresciuta irrimediabilmente all'apparizione della Volontà. Giuggiola.
Parliamo della storia, adesso. Il mio pensiero lo terrò per ultimo.
Hai descritto sia l'aspetto visivo - l'oscurità infinita, trapunta di oggetti vari - e l'aspetto sonoro - il ticchettio dell'orologio e la successiva, triste melodia che graffiano il silenzio perenne - di Abyss, dando al lettore la possibilità di creare, nella propria mente, un'immagine simile a quella originale, alla tua. Home run.
Un senso di inquietudine aleggia in tutto il racconto - è una percezione debole, fumosa quasi, non appesantisce per nulla il lettore -. E la tristezza traspare dalle povere battute che si scambiano i due personaggi, dalla vendetta carezzata più volte e dall'idea sulla natura della razza umana - e uso queste parole perché Oz pare aver perso fiducia nella gente tanto da scostarsi completamente, perché preferisce usare il termine "umani" a "persone" e ciò mi addolora. Sembra quasi che abbia scordato tutto, che l'amarezza di un determinato evento abbia cancellato ogni ricordo lieto -.
E Oz lo dice, ripete chiaramente quanto la speranza sia inutile nella loro realtà, ma la giovane decide di ignorare la sua affermazione e con struggente naturalezza esprime il suo desiderio, cancellando quasi, dal tempo, le parole di Oz. E anche dal cuore di quest'ultimo.
In parole povere, sto sclerando. Brava, davvero brava. Per quanto breve, hai reso la storia emozionante. Ti abbraccerei - fuggi -.
Ora il mio pensieruccio-tanto-uccio-no. Ecco... ho l'impressione che questa storia sia una specie di bad ending di Pandora Hearts, in cui Oz è nuovamente caduto in Abyss - forse per mano altrui, forse a causa del suo stesso potere -. Non lo so, ho questa strana idea... sento anche odore di tragedia. Imminente, aggiungerei.
Basta, la smetto di blaterare e mi dileguo. Complimenti ancora.
Buon febbraio,
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