1° posto al Phobos e Deimos Contest
OBVIOUS THINGS di Phae.
Sviluppo della trama e caratterizzazione dei personaggi: 10/10 La trama della storia è molto interessante, perché pur ruotando attorno alla fobia da cui è affetto Sherlock, questa malattia non si manifesta in seguito ad un episodio particolare, ma a causa di una serie di accadimenti che partono dalla sua infanzia fino ad arrivare al college.
È tutto molto plausibile perché davvero reiterati comportamenti degli altri possono costringerci a vivere un vero e proprio inferno in terra, soprattutto nel periodo della crescita.
L'intelligenza spiccata di Sherlock lo rende incomprensibile agli altri e il fatto che in una mente tanto analitica manchi la capacità di relazionarsi con gli altri - in quanto preso a fare esperimenti di cui nessuno è a conoscenza, come studiare le reazioni degli altri al suo prolungato silenzio- di certo non l'ha aiutato.
I bambini si sa, sono crudeli,-vedasi Mycroft- ma certo i genitori non sono da meno, basta vedere come si comporta suo padre rendendosi conto che lui non soddisferà mai le sue aspettative.
La fobia non sparisce alla fine di questo racconto, non scompare nel nulla, ma nelle mani del protagonista viene posta la chiave della sua liberazione: John. Quel bravo ragazzo che nonostante tutto non è scappato da lui, che non lo ha maltrattato per le sue fissazioni, ma ha pian piano fatto breccia nel muro che lo divide dalle altre persone, guadagnandosi il privilegio di conoscerlo. Il muro non è sparito, c'è ancora, ma adesso Sherlock non è più da solo dalla sua parte, e chissà, col tempo potrebbe far entrare anche qualcun altro con l'aiuto del suo primo vero amico.
Mi piace la caratterizzazione di Sherlock, è molto ben studiata, calibrata, per niente noiosa. Non abbiamo davanti il solito investigatore saccente e pieno di domande sul mondo, lo diventerà, lo si nota dalla cura con cui osserva il mondo da bambino, dal modo in cui sfrutta la lente regalatagli da John - dettaglio che ho adorato-, dalla metodologia scientifica con cui cataloga ogni avvenimento, secondo uno schema prefissato di causa, modalità, conseguenza, dalla sua inesauribile sete di conoscenza che lo porta a studiare tutti i libri di suo padre, a conoscere i nomi dei muscoli utilizzati nel sorridere, a passare ore ed ore ad osservare vetrini o le modificazioni fisiche di un oggetto/animale/persona col passar del tempo.
Nessun dettaglio gli sfugge mai, tanto che sa ben dedurre quando il suo personale persecutore/bullo andrà a dargli 'una lezione' o che John ha fatto tardi per aver passato la serata con una ragazza. È originale perché pur sapendo tutte queste cose, non riesce ad evitare nessuna delle cose che gli accadono. Non è perfetto, ma umano.
Sa che Moriaty lo pesterà, ma la sua lingua non gli obbedisce, sa che deve scappare per arrivare alla sua stanza ma non riesce a correre perché scoordinato e malnutrito. Una mente tanto geniale è rinchiusa in un corpo maltrattato a più riprese da lui stesso e dagli altri.
Inoltre lui è ben consapevole di essere malato, come dimostra il libro lasciato aperto per far capire al suo compagno di stanza qual'è il suo 'male'.
John è altrettanto ben tratteggiato. Pur non descrivendo ogni suo momento della giornata, riusciamo a capire tutto di lui, passando attraverso lo sguardo di Sherlock a cui nulla sfugge. È un ragazzo che ha sofferto per la perdita del padre - le piastrine parlano chiaro e mi piace il rimando al fatto che il Watson originale era un ex-militare- ma affronta la nuova sfida di avere a che fare con un compagno tanto disadattato con un sorriso e molto ottimismo. John è sensibile, si rende conto quando è meglio dormire altrove per non innervosire Sherlock e cerca un punto di unione tra i loro mondi, separati non solo dalla linea che divide in due la stanza, ma dal modo in cui si sono relazionati col mondo ed il mondo si è relazionato con loro.
Grammatica, stile, sintassi: 9,5/10 Mi è piaciuto molto lo stile che hai utilizzato, hai saputo dar vita alla mente di Sherlock grazie a tutti quei particolari e ragionamenti che hai aggiunto, ma se da una parte questo ha fatto aumentare molto l'ic del personaggio, dall'altra ha appesantito la lettura, rendendola poco scorrevole e molto frammentata.
Non ho notato errori evidenti se non riguardo gli accenti delle parole 'perchè' e 'finchè' che scrivi sempre errati, infatti la forma corretta è: 'perché' e 'finché'.
Gradimento personale: 9,8/10 La storia mi è piaciuta moltissimo, è dinamica, profonda, psicologicamente accurata e si vede che hai fatto delle ricerche prima di metterti a scrivere, cosa che faccio anch'io e che apprezzo molto nell'approccio alla scrittura.
Interessante è stato l'uso che hai fatto delle cinque fasi del dolore, un po' meno quello della citazione, che hai messo in bocca a John come hanno fatto anche le altre. La frase tratta da Batman è stata la più gettonata, ma in bocca a lui non mi ha convinta molto, forse gliel'hai fatta dire perché anche lui aveva usato questo metodo per superare la fobia del silenzio nata dopo aver conosciuto Sherlock e aver condiviso la stanza con lui, ma mi sembra troppo dura per un ragazzo come lui, forte ma di indole gentile. Opinione personale, naturalmente.
Bonus: 0,5
Totale: 29,8 (Recensione modificata il 16/10/2016 - 09:30 pm) |