Recensioni per
Love is not a victory march
di Elissa_
La consapevolezza delle volte fa strani giri, magari persino contorti. Di certo il tragitto che fa in questa storia non è affatto lineare e sicuramente passa attraverso il dolore e la realizzazione di quanto Sherlock abbia sofferto. Però arriva, la consapevolezza, anche se tardivamente. Arriva a lascia Sherlock e John storditi di tante sensazioni. Di nuovo, notiamo come il dopo Reichenbach offra spunti interessanti e sempre diversi. Qui ci troviamo di fronte a delle confessioni mai fatte, a cicatrici (e non soltanto emotive o dell'animo, ma soprattutto fisiche) la cui presenza è supposta dallo spettatore, ma che non vengono mai mostrate in maniera chiara. Neanche viene accennato che ci siano, è semplicemente ovvio che Sherlock sia ferito in The emtpy hearse e poco altro. Forse è per questo che il coinvolgimento coi personaggi è doppio, in un certo senso. Mi sono immedesimata in John e nelle sue emozioni e sentimenti quando scopre che Sherlock ha delle cicatrici da tortura sul corpo. Per sua stessa ammissione non lo sa per quale motivo si metta a seguirlo, forse istinto? Magari è una sorta di deduzione privata che ha fatto a livello inconscio? La cosa non viene specificata, ma anche perché subito si passa oltre. Il perno della storia sono le cicatrici e ciò a cui portano. Un'ammissione e poi, appunto, la consapevolezza. La verità che arrivano a capire è che uno senza l'altro ha sofferto le pene dell'inferno e che hanno, a oggi, ancora paura di ciò che sarebbe potuto accadere se l'altro sarebbe stato con loro. Sherlock sarebbe sopravvissuto? Io credo che una delle ragioni per cui ha lasciato John a casa è perché sapeva che sarebbe arrivato a morire davvero per lui, mandando a monte tutto il piano. Facendo così invece aveva uno scopo, una ragione per cui tornare e restare vivo. E penso che sia questo che capisce John, questa famosa consapevolezza. |
Sh non ha l’abitudine di comunicare in modo diretto e chiaro, anche se si tratta di sofferenze ed esperienze pesanti da portare da soli. Le sue angosce, le sue paure, il suo rifiuto di relazionarsi con gli altri in maniera non filtrata e spontanea lo chiudono nel silenzio o lo spingono ad esprimersi in modo che non trapeli nulla di quello che si porta realmente dentro. L’atmosfera della terza serie ha questo substrato, del resto in TEH l’abbiamo visto subire atti violenti di cui non emerge, poi, più nulla se non ricordo male. In questa tua ff fai parlare le sue cicatrici che, anzi, più che parlare, gridano il dolore e la sofferenza patiti. Ed è John che le legge, che ha il privilegio dell’accesso a quel mondo segreto di strazio. L’unica cosa che riesce a pronunciare, di fronte alla terribile verità, è una domanda (“…Chi, Sherlock? Chi?..”) che diventa essa stessa un tormento per il medico. Watson si sente perso di fronte a quel corpo segnato dalla malvagità e il suo dolore si concentra nella rabbia di non essere stato con Sh per proteggerlo o, almeno, condividere con lui l’esperienza allucinante. Quello che segue alla carezza di John, sopraffatto dall’emozione, è qualcosa di veramente trascinante per la tenerezza e le sensazioni uniche che riesci a trasmettere. Una corsa impazzita di mani, respiri, cuori, lacrime…Proprio un bel pezzo, il tuo, scritto con cura e tanto sentimento. |
La tua storia mi ha emozionata tantissimo! |
Lo ammetto: ho una specie di fissazione per le cicatrici di Sherlock e i vari modi nei quali John potrebbe scoprirle ma, soprattutto, reagire alla loro visione. |
Angst a lieto fine: ecco cosa serve in una deprimente domenica sera, dopo una giornata passata a studiare. |