Conosco poco il personaggio di Damian Wayne e non ho visto i film, ma ho "orecchiato" molte avventure di Batman, ho visto i film di Burton, la Trilogia del Cavaliere Oscuro e l'ultimo Batman vs. Superman.
In effetti, è interessante che tu abbia posto l'accento su uno dei dilemmi che Batman presenta a chi lo segue: è effettivamente giusto non terminare chi commette reati? Del resto, mentre ci riesce spesso facile opporci alla pena capitale, a volte, vedendo Batman trattenersi dall'uccidere qualcuno come il Joker che, se risparmiato, lo sappiamo, riuscirà poi comunque a fare altri danni, ci viene altrettanto naturale chiederci perché l'(anti)eroe di Gotham abbia scelto ancora una volta il suo codice morale sopra la contingente necessità.
È più che naturale che lo stesso dubbio scavi nell'animo del suo potenziale erede, schiacciato dalla figura paterna e quindi doppiamente motivato a trovare una risposta diversa al problema di cosa sia la giustizia, e se coincida effettivamente con la cosa migliore da fare.
In più, per Damian, come giustamente osservi, non è solo una faccenda di cosa sia giusto, ma soprattutto di chi sia lui e cosa davvero desideri fare.
E questa incertezza lascia uno spiraglio aperto per risposte inquietanti, com'è inquietante il riflesso nello specchio che lo guarda con fattezze familiari e allo stesso tempo estranee.
I gesti che descrivi, pochi, precisi, densi, riescono a restituire sia il senso di rabbia, sia la stanchezza di Damian, e allo stesso tempo c'è qualcosa di ambiguo e minaccioso che si addensa fra le parole- lo specchio, le voci, gli spettri del passato e dei criminali che affollano la notte di Gotham.
Ottimo!
N. |