Ciao!
Finita la long, non ho resistito all'idea di recuperare una delle storie più vecchie, con uno di quei titoli che mi conquistano.
Tu lo sai, te l'ho detto più volte (scusa se mi ripeto>.<) i titoli sono la prima cosa che noto, credo che sia questo il loro ruolo: attirare l'attenzione, colpire. E credo di averti detto quanto io adoro quelli che tu crei per le tue storie. Sono sempre così eleganti, seducenti, hanno sempre un tono che mi fa già ipotizzare sul tipo di storia che nascondono, un po' come quando cerchi di indovinare quali regali ci sono sotto l'albero dal tipo di carta/busta e dalla forma; i tuoi sembrano chiamarmi. Questo in particolare ha un tono molto semplice, mi dà proprio il senso di semplicità (che non vuol dire semplicistico né dozzinale né comune), vuol dire che è disarmante, che è sincero, schietto. Inoltre credo che sia la prima o la seconda volta che trovo BELLO un titolo che ha il sottinteso tra parentesi. "Eravamo insieme" dà un senso di legame, di una vicinanza struggente e poetica, sospesa; leggere, quindi, "Tutto il resto l'ho scordato" in un secondo tempo dà una definizione più forte, marca quel concetto di unione: è un pensiero romantico, pieno di possessione, totalizzante. Niente, io quando commento i tuoi titoli vaneggio, perché mi piacciono talmente tanto e, ancora prima di leggere la storia, mi fanno ipotizzare ed emozionare così tanto che poi tutto quello che dico mi sembra che non esprima tutto quello che provo. E' un bellissimo titolo, ecco.
Koa - ti chiamo per "nome" per rimarcare quest'affermazione - lo dico con sincerità: non ho mai visto nessuno usare la prima persona come la usi tu, nessuno in maniera così profonda, totalizzante, emozionante. La maggior parte delle persone - e mi includo nel mezzo - tende a voler a tutti i costi inserire descrizioni per creare contesto, creando enormi digressione che poi fanno a pugni con la prima persona narrante. Invece tu hai fatto parlare il cuore, hai dato VOCE al personaggio, inserendo nel ritmo della narrazione, nel modo in cui hai spezzato le frasi e i paragrafi, la sua caratterizzazione, l'hai resa dinamica, avvolgente, tanto che mi è parso di provare tutto sulla mia pelle. Io ero Scherlock, tu mi hai permesso di diventarlo. E poi, con molta calma, mi hai fatto muovere nella scena, e non solo si realizza in un secondo momento che è Sherlock il narratore (confesso che ho pensato, visto il ruolo di attore del personaggio in scena, fosse Sherlock l'attore e John la persona che ammirava e quindi suo il POV), mi hai fatto capire che era una prova, che erano soli su quel palcoscenico. Mi hai fatto vivere gli spazi della cornice attraverso la fuga di Sherlock e non come una digressione che fa. Insomma, mi hai conquistato.
Ci sono alcune espressioni che mi hanno colpito in maniera particolare:
"Vorrei amarti con le punte delle dita" -> e io rimango in silenzio, mezz'ora, ad ammirare la bellezza di questa frase. Sono felice di aver trovato quest'idea del sentire con la punta delle dita, quasi con venerazione e paura, un tocco lieve ma che scatena un'elettricità unica, SAPERE che è reale.
"Quale anima hai catturato questa notte?" -> E' bellissima anche questa, l'idea di incantare, conferisce al tutto un'atmosfera nebulosa, da sogno, magica. Tu hai reso Sherlock poeta di strada, e questa poeticità si vive anche dal suo modo di raccontare, da questa narrazione in primo piano che rende tutto in maniera vivida, personale, passando dalla poeticità di certe espressioni, dall'introspezione e dalle minuzie con cui osserva il suo amore, senza risparmiarsi scene più carnali, dirette, possessive. E questo contrasto tra intangibile e tangibile, tra poesia e carnalità è equilibrato, stilisticamente ben bilanciato. Insomma, non ho sentito affatto la differenza di stile tra le varie scene, ma ognuna è stata espressa attraverso un tono, quello del personaggio che vive ognuna di essa, in un crescendo magnifico.
Ho trovato un solo refuso:
E mi emoziono al punto a perdere il cuore -> da perdere
Nonostante la sorpresa per aver sbagliato il personaggio/narratore, la caratterizzazione mi ha convinto. Ripeto, mi hai "imbrogliato" (e lo dico con un sorriso) perché è Sherlock che ama travestirsi, quindi ho pensato che fosse lui l'attore in quest'Au; inoltre mi è venuto più semplice immaginare John ammirare l'altro (cosa che fa sempre nella serie) e l'espressione "Dio" mi ricorda più i suoi modi.
Questa confusione iniziale viene annullata da altri particolari, particolari che mettono ogni cosa al proprio posto: per esempio, l'incertezza e la contraddizione di Sherlock, quel suo pensare di non meritarlo, il suo credere di non poterlo avere e quindi di essere in un sogno, la sua paura nel mostrare i suoi sentimenti, la sua fuga per le troppe emozioni che non riesce a gestire; e poi c'è John, un John pacato, controllato, meticoloso, che prova e riprova, un John che non resiste, che non ha paura di quel contatto, che lo ama con tutto se stesso e che sorride davanti alle sue paure e alle sue "stranezze", che lo insegue, che lo guarda in una maniera indescrivibile, che risponde con pazienza e sincerità a domande che potrebbero apparire sciocche e lo bacia, semplicemente, perché non ha bisogno di dire altro.
Infine la possessione che caratterizza questo rapporto totalizzante. Mi ha conquistato. Soprattutto perché è una possessione che i due personaggi manifestano in maniera differente: Sherlock con le sue incertezze, con il suo bisogno, con questo sussurrare "baciami" in maniera irrazionale, contro il filo che i suoi pensieri avevano preso; e John con quel suo non sottrarsi, con quel suo modo di capirlo e accettarlo, con quella sua maniera unica di amarlo.
Questa storia è bellissima, non so se ho avuto la capacità di farti capire quanto mi abbia preso e trasportato ed emozionato, con la sua poesia, con questo stile incantevole, ma soprattutto con un'altissima emotività a cui non è stato possibile sottrarsi. Complimenti davvero.
A presto! (Recensione modificata il 07/08/2018 - 02:32 pm) |