2° classificata: "L'Arte del male" _Freya Crescent _ al contest "La frequenza dell'anima"
Grammatica e stile 14/15
Complessivamente, la storia appare ottimamente rifinita dal punto di vista orto-sintattico, mentre ho da muovere due piccoli appunti che attengono a talune scelte lessicali. “[...]La lingua lo saggia con morbosa insistenza”: il termine “saggiare” non denota un insistere tattile /gustativo, bensì un processo valutativo – significato che mi sento di escludere dalla rosa di interpretazioni applicabili al contesto; “[...]come nel pacato lavorio d'una corteccia d'albero”: qui, invece, non ritengo corretto l'utilizzo del genitivo, in quanto l'utilizzo del predicato verbale precedente mal s'attaglia al senso che avresti voluto imprimere al periodo.
Orbene, esauriti tali aspetti tutto sommato marginali, procedo con l'analisi dello stile prescelto. Esso è fortemente connotato da un'impronta macabra, capace di suggerire immagini d'esasperata oscurità: il tutto, però, sapientemente corredato da una tela di espressioni che riesce a conferirgli una perturbante eleganza. “Vene colme di arsenico, petali di sangue attorno all'ombelico, zanne conficcate nella pelle per decorare il sentiero della spina dorsale.”: indubbiamente, in tale passo s'esprime l'acme della ricercatezza formale che attraversa trasversalmente il testo, nonostante rischi di sporgersi pericolosamente verso un simbolismo “vampiresco” forse eccessivo. Generalmente, tuttavia, non posso che ammettere il mio apprezzamento per il peculiare filtro utilizzato, acceso per contrasto dall'immagine candida di Hermione, la quale progressivamente si carbonizza, sgualcisce: il suo corpo si vivifica e concretizza come locus horridus, al contatto con Tom.
La scelta di imperniare la storia a partire dalla seconda persona singolare mi è sembrata conferente all'idea di una confessione “eterodiretta” delle regioni tenebrose dell'introspezione di Hermione, utile a rafforzarne la dimensione comunque intimistica. “Ti sei macchiata le mani di sangue —
del suo sangue.
"Lo sei appena diventata.": la seconda persona, a mio avviso, assurge a cassa di risonanza dei pensieri solo presentiti dalla giovane, amplificandone il riverbero dirompente e dissiggilando le sue risposte.
Sviluppo della trama 9/10
La storia ha un sapore marcatamente onirico, ma la resa plastica e le forti connessioni con la realtà aggiungono un livello di concretezza a ciò che, in teoria, avrebbe rischiato di galleggiare sospeso nell'astratto. In tal senso, essa elude il pericolo di ridursi ad una splendida descrizione di una dimensione altra, fantasmatica: la tua abilità, invece, è stata quella di mescolare i due piani, ampliandone il ventaglio di interpretazioni; ciò, se vogliamo, mi ha riportato alla memoria “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, ove la superficie del reale rimane irreversibilmente turbata, sconquassata dal sogno, il quale reclama, anzi, maggiore spazio esplicativo circa l'identità dei personaggi.
La peculiarità della fic, inoltre, riposa anche nella felice convergenza del passato (vissuto o sognato che sia) con il presente, in quanto rafforza il raccordo fra esperienze mai effettivamente superate dalla giovane Granger. Il riflesso della lotta disperata a Voldemort, così, rilascia le sue tossine finanche nell'atto di suprema ribellione al passato di sangue e morte da lei esperito: la nuova vita, rappresentata dalla figlia Rose; quest'ultima, infatti, catalizza il sentimento allucinatorio e prerazionale che permane nella madre a partire dal contatto costante con l'Horcrux, il quale getta le sue mortifere ramificazioni nel suo subconscio, corrompendolo.
La perversa rappresentazione onirica, a metà fra eros e thanatos, diviene il terreno d'elezione ove il sottosuolo della ragazza può emergere, disvelando l'opera di persuasione operata dall'Horcrux, la quale è tesa ad instillarle il dubbio d'esser divenuta come lui; l'ultimo sussurro di Lord Voldemort, dunque, è espressione di un convincimento divenuto oramai endemico, un retaggio entrato nel suo patrimonio genetico.
Quantunque non l'abbia gradito fino in fondo (soprattutto in prima battuta), ritengo essere giustificata da tali presupposti la permanenza delle allucinazioni nella ragazza, così come espressa nel finale: io avrei personalmente scelto una visione meno corruttrice della dimensione intimistica di Hermione, ma il tuo accenno ad uno “stress post-traumatico” non può essere censurato in sede di un giudizio che vuole – e deve – essere in primis obiettivo.
Originalità 4,5/5
La storia, attraverso la sovrapposizione di diverse prospettive temporali e il continuo incunearsi delle allucinazioni e del sogno, riesce a sfuggire ad una precisa identificazione con storie del medesimo pairing, caratterizzandosi così per una spiccata originalità; anzi, ciò che ne suggella la novità è il profilo quasi “mistagogico” – ovviamente declinato attraverso un prisma distorsivo – che ne accentua la venatura dark-horror, suo nerbo e punto di forza.
Caratterizzazione personaggi 9,5/10
Indubbiamente, il personaggio di Hermione rappresenta il cuore pulsante della vicenda, attraversato da moti eterogenei fra cui, però, risalta una direttrice unificante: il processo, inesorabile, di disidentificazione. Esso, infatti, così come anche confortato da riferimenti del brano (“Stanotte dimenticherai chi sei”, "Lo sei appena diventata.") è innescato dal contatto con Lord Voldemort, il quale sì avviene in una dimensione prettamente ipnotica, ma è facile immaginare come, in tali situazioni, il confine con la realtà perda di saldezza: tutto ciò, è chiaro, getta profonde ombre sull'introspezione della ragazza. Ella, benché spogliata d'ogni sua difesa, oppone fieramente il suo animo pugnace, ma ciò le si ritorce contro: come un uccello intrappolato nella rete, il suo dimenarsi ne determina unicamente la sconfitta, e la ribellione suggellata nella distruzione dell'Horcrux sfocia nel suo trionfo sotterraneo su di lei. Non è difficile intravedere, in filigrana, come l'esasperazione emotiva e il costante limbo su cui una personalità così giovane ha dovuto temprarsi abbia garantito un nugolo di traumi e fantasmi difficilmente risolvibile, e in ciò hai svolto un ottimo lavoro: muovendoti attraverso i suoi coni d'oscurità, hai efficacemente mostrato l'impatto dirompente di una figura come quella di Voldemort su un animo ancora in edificazione. Ecco, l'aver evidenziato il soggiacere di Hermione alle allucinazioni/incubi, finanche in età più matura, ne svela il difficile processo di formazione, in cui, ob torto collo, non può definitivamente destinare nel rimosso tale esperienza. “Nessuno capisce, nessuno sente.”: voglio chiudere la descrizione della giovane con un'ultima considerazione in merito. Ciò che davvero ferisce e sconvolge è la lucida consapevolezza che lei stia sostanzialmente esperendo un dolore incomunicabile, sprofondando in esso pur innanzi al fiorire di una nuova vita, alla presa d'atto che il presente dovrebbe presentarsi sgombro da conflitti; tuttavia, avrei gradito un ulteriore approfondimento sulla modalità d'interazione di Hermione nei confronti del suo stesso dramma – così come suggerito da tale pensiero, il quale avrebbe potuto dare maggiore spessore alla dimensione traumatica in cui lei è calata.
La resa di Voldemort, invece, è semplicemente perfetta. Egli si configura come un personaggio strisciante, sotterraneo e, soprattutto, onnipervasivo: la sua tossicità invade ogni condotto, minando e polverizzando le certezze di Hermione. Riesce, attraverso il suo carisma perverso, disturbante, ad inquinare persino la fonte assoluta di purezza – Rose – amplificando una volta in più il tessuto di paranoie con cui ha soffocato la giovane: morendo, ha attraversato la soglia della sua esistenza per annidarsi in quella della ragazza, lampeggiando a tratti, confusamente, ma sottolineando in tal modo la sua presenza. In tal senso, ho davvero apprezzato come tu abbia declinato il concetto di immortalità anelato tramite il sistema degli Horcrux: in fondo, nemmeno la trasparenza morale di Hermione è immune alle acque reflue di un personaggio che, anche se dissolto nell'aria o tramutato in melma, sopravvive in chi l'ha affrontato, offuscandone la realtà. Come un ragno, il quale, una volta intravisto e poi creduto lontano, infesta ancora la camera dalla quale lo si voleva scacciare.
Gradimento personale 4,5/5
Arrivati sin qui, credo appaia manifesto il mio sincero gradimento nei confronti di una storia sicuramente ambiziosa, la quale m'è parsa frutto di una ispirazione coerente ed ininterrotta, sebbene tu abbia, in qualche punto, indugiato in voli pindarici per quanto riguarda la forma, forse sovraccaricando il fascio di immagini. L'atmosfera ricreata, comunque, è perfettamente tangibile, il corpo e la mente marcescenti di Hermione sono evocati con incredibile forza; solo, avrei voluto una maggiore riflessione sulla modalità d'opposizione a tale forza ottenebrante, scandagliando magari il suo rapporto con essa a distanza di anni. In ogni caso, la storia si presenta solida e sufficientemente motivata nel suo progressivo dipanarsi, giustificando una sua valutazione globale di marca segnatamente positiva.
Eventuali bonus 1/3
L'utilizzo della citazione tratta da “Staying up” è sicuramente manifestato non solo dall'incubazione dell'angoscia e della paranoia di Hermione a partire dai suoi sogni, ma anche dalla metafora che conchiude il brano: l'alternativa fra rimanere svegli e dormire, in fondo, sbiadisce nel delinearsi di un orrendo continuum spazio-temporale non segmentabile, in cui i ricordi assumono venature orrorifiche ed inquinanti della realtà.
Come da regolamento, non posso attribuirti la totalità dei punti bonus, in quanto resta solitaria la citazione da cui hai tratto ispirazione.
Punteggio finale: 42,5 |