Stupenda. Ricordo di averla letta appena la pubblicasti e di averla riletta più volte, ma forse non le ho dato l'attenzione che merita. Sono stato un lettore distratto e mi scuso. Adesso l'ho riletta e noto una sensazione a me troppo familiare, quell'inadeguatezza alle "righe" nelle quali vogliono, gli altri, i parenti, le madri, più in generale questa tumorata società, comprimerci, ingabbiarci, mutilarci, sopprimerci. E quella meravigliosa sensibilità, tutto quello che è la nostra personalità, la nostra gioia, i nostri occhi, cosa dovremmo farne per adeguarci a questi canoni? Appiattirli, livellarli, spogliarci della nostra originalità per il peggiore dei migliori conformismi, dove anche l'anticonformismo segue una corrente parallela al conformismo (potremmo anche dire che ne è una variante). Il bello del tuo scritto è anche l'emergere di un fiore vivace, ma composto, che è questa rabbia che tiene i contorni dei tuoi versi, senza mai sforare, alzare i toni. Una rabbia che non è diretta solo alla figura materna, che pur ricorre spesso nella poesia, ma piuttosto a tutto il teatrino che le sta dietro, che muove i suoi fili, e che lei, prima esperienza della vita nella società, filtro del reale che ci mostra il mondo a dosi, già ne è schiava, o meglio inserita, adeguata. Il messaggio che più volte la società ci vuole dare è proprio questo, che mostri bene tra l'altro negli ultimi versi: esiste un'unca via, un'unica soluzione, un'unico successo, un'unica realizzazione. Tra l'altro è il costante messaggio del lavaggio del cervello operato dalla pubblicità: consuma!consuma!consuma! Come se non si potesse fare a meno dei suoi prodotti. "Riuscirò nella vita? riuscirò mai a perdonarti?" (cito a memoria), questi due versi racchiudono perfettamente il tutto e non mi viene metafora migliore che già un'altro utente di questo sito utilizzò per commentare un mio scritto: come un coperchio che chiude la tomba privandola della luce (bè anche qui cito a memoria. Che dire, penso di aver detto tutto quello che avevo da dire. Perdona la recensione così lunga, ma davvero la tua poesia mi ha colpito molto. Saluti, Tristano |
Davvero bella. Davvero davvero bella. Senza tanti giri di parole, di analisi superficiali e/o profonde, semplicemente mi ha colpito tutta, dall'inizio alla fine. Per il dolore mascherato in colori vivaci, per questo desiderio di uscire dalle righe che in qualche modo viene impedito. Per te, che sei stata eccezionale ancora una volta. E per tutte le prossime volte che mi stupirai. Aspetto e spero. E so di far bene. |
E' qualcosa di strano, che alla prima lettura lascia perplessi: arrivata alla fine, mi sono chiesta se mi fossi persa qualcosa, o se non ci fosse niente. Rileggendolo, ho notato che qualcosa c'era --- molti qualcosa, ma nascosti, abilmente insinuati nelle minuscole cavità di una sottile e attenta scelta lessicale, che solo alla terza lettura riesco a cogliere e apprezzare completamente. Più leggo di te, più mi convinco che quello che tu scrivi non siano poesie o nonsense o prose ma prodotti futuristi. Non studio il futurismo da un po', ma da quel che ricordo, mi sembra che si tratti di quello che fai tu --- l'uso dei colori e dei caratteri per sottolineare i concetti, la forma grafica modellata... . E se ti muovi bene in questo campo secondo me dovresti puntare su questo e lavorarci su. |
Io piango come un bambino, davanti a questo dolore immenso colorato di abiti sgargianti; piango e non capisco cosa dire. E non lo dico. Ma lo sento dentro in modo assurdamente forte. |
Avrei voluto essere la prima nel commentare e invece, ieri, appena ho letto, non sono riuscita a dire niente. |
Mi è piaciuta, e molto. Anche qui si denota la tua voglia di essere diversa dagli altri, e credo tu lo sia, e in modo anche spiccato, in particolar modo nel momento in cui esprimi questo tuo desiderio in questo modo. |