Eccomi qui, anche per questa tua ff, di cui mi occupo a ritroso, rispetto ai tempi di pubblicazione.
Sono fatta così, magari persa per altre strade, non noto un qualcosa di particolare che possa piacermi davvero. Poi succede che torno indietro e, allora, cerco di ritrovare le orme di storie che sarebbe proprio un peccato ignorare non lasciando alcuna osservazione.
Questo succede anche perché sono terribilmente abitudinaria e coltivo il mio giardino di Autori preferiti, a volte non gettando lo sguardo al di là della rete.
Inoltre è mia abitudine, scoperta una piccola gemma, scavare di più intorno e sotto di essa, nel passato, per avere ancora la soddisfazione di far ritornare alla luce qualcosa che era passato inosservato ai miei occhi. Sono quasi sempre impegnata in “scavi” appassionanti che mi hanno permesso di leggere testi veramente originali e validi.
È stato quasi “profetico”, per me, leggere e recensire la tua “It’s all….” perché, manifestandosi particolare, mi ha spinto a cercare il “prima”. Ed eccomi qui, poi passerò a “La maschera”.
Come nelle altre, tu corredi il testo con delle immagini che condensano il significato di quello che racconti. E, davvero, ne hai scelto proprio di suggestive, perfettamente adeguate al contenuto, quasi didattiche, direi, non meramente decorative e basta.
Per esempio, a proposito di quei fiori, sembra, a momenti, di sentirne il profumo e ci piacerebbe poterli toccare. Comunque essi trasmettono anche, e soprattutto, l’essenza delle caratteristiche della ff: raffinata, preziosa, dalle tinte non aggressive ma sfumate.
Sono come le tue parole che, nonostante scivolino agilmente sui pensieri e sulle immagini, riescono ugualmente a trasmettere il peso del terribile dramma degli Holmes, di quella bambina già nata con le caratteristiche di un mostro disumano. In più rendi protagonista Mycroft, personaggio complesso e criptico, del quale, però, tu riesci a penetrare il muro di pietra con cui protegge il suo vissuto, in cui, appunto, si aggira l’ombra di una parte di sé, una sorella, che ha scavato in tutti ma, soprattutto in Sh, pozzi di sofferenza e d’angoscioso oblìo.
“…ma io ci sarei potuto riuscire…”: domina la scena il pesantissimo carico di rimorsi, ingiusti, e di responsabilità che Mycroft decide di trascinare con sé negli anni futuri, sentendosi colpevole di non aver saputo prevedere l’abisso. Si carica di Eurus, la cui delicata ed, al tempo stesso, diabolica figura di bambina è sfumata per sempre in quella tomba che provoca più sofferenza di un sepolcro vero.
Un elemento che apprezzo tanto in ciò che leggo nel fandom è scoprire che i personaggi sono rappresentati IC, anche in contesti insoliti, in AU o, come qui, in momenti non presenti nelle Stagioni, in questo caso, BBC. Il Mycroft che decide di portare tutto il carico del segreto di Eurus è da te reso con verosimiglianza e credibilità.
Quell’immagine di lui che abbassa la testa e continua “a trascinarsi tra gli angeli piangenti” del cimitero è sicuramente indimenticabile, perché trae vigore dal contrasto tra le figure di pietra, che sembrano avere un’anima, e le persone che l’anima vorrebbero non averla mai avuta, colpite da fatti di un’incredibile tragicità.
Però, nonostante l’argomento doloroso, sei riuscita a mantenere un’atmosfera non appesantita dalla retorica e dalla banalità che si trovano in certe storie in cui si raccontano pianto e morte.
Da sottolineare anche la scelta molto impegnativa che tu hai fatto di raccontare in prima persona, con il POV di Mycroft, il che, come ho già scritto, non è certamente semplice. Scendere nella sua interiorità ed interpretare con i suoi occhi la realtà circostante, soprattutto quella devastante rimasta dopo l’incendio di Musgrave, è sicuramente una sfida non da poco. E l’hai superata davvero. |