Recensioni per
A broken man
di Watson_my_head

Questa storia ha ottenuto 23 recensioni.
Positive : 23
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
01/05/18, ore 19:41

se è possibile questo capitolo è ancora più triste. ma ancora più bello,anche
la scena sembra presa davvero dalla serie e questo lo ammiro davvero molto, perchè la parte delle investigazioni mi sembra sempre difficilissima.
l'assassino bello è più inquietante di quello brutto, vero?
così sbagliato, quasi. questo, per fortuna, ha avuto una predilezione per John, qualcosa di istintivo, l'ha dovuto lasciare vivo per Sherlock
questa credo sia la spiegazione del perché un tipo che non avrebbe esitato ad uccidere, un pazzo maniaco, ha avuto questa ispirazione
Destino? ci credo molto. povero John, che cosa terribile; quando stava affogando ha avuto un attimo di cedimento, per poi reagire. Ora la voce nella sua testa gli dice che sta affogando una seconda volta, in modo peggiore.
insomma, tanto per dare una pugnalata al cuore ai lettori!
baci tristissimi,
Setsy

Recensore Master
01/05/18, ore 15:36
Cap. 1:

buonasera, cara
l'ho letto e riletto questo capitolo, perché in una volta trovo che non si colga tutta la sua profondità
John è molto più difficile di Sherlock da rendere (non lo è nessuno dei due, per me, sono ricchi di sfumature) ma vedo che la cosa non ti crea difficoltà!
Questa zona d'ombra mi ha sempre lasciata confusa, perché sono una delle pochissime che pensa che Sherlock sia stato quello che ha sofferto di più, però qui mi apri gli occhi su tanti dettagli
la rabbia del dottore contro la sua psicologa, che non gli può dare il tipo di aiuto di cui avrebbe bisogno; il senso che il vuoto resterà incolmabile per sempre, perchè quello che ha perso era troppo
sei riuscita perfino a evidenziare il senso di colpa per avergli girato le spalle quando Sherlock gli ha detto che era il suo unico amico, anche se l'ha fatto davvero per un tempo brevissimo
ma avere una coscienza e un'anima ti espone a questo,e John ne ha da vendere
ora è tornato indietro, al suo blog solitario, a quel "niente".
e io mi sento vuota, insieme a lui..spero tantissimo che tu abbia optato per un finale positivo (senza Mary) nei tuoi piani..
un bacio grande,
Setsuna

Recensore Master
24/04/18, ore 22:27

Un capitolo particolarmente teso questo e non solo per il continuo ritorno di John alla vita con Sh, quando tutto ruotava intorno al 221b, casa, davvero luogo in cui sentirsi insieme a condividere la quotidianità e le occasioni in cui l’adrenalina scorre a fiumi.
Ci presenti un crimine particolarmente inquietante come la figura dell’aggressore di Watson che, giuro, mi ha fatto venire i brividi, tanto la tua descrizione esula dal clichè del brutto e cattivo (“…un uomo alto forse due metri, di una bellezza quasi finta…”)
“…Non ti lascerò affogare, John. Mai…”: questa è una frase che racchiude tutta l’angoscia di John, perseguitato dai ricordi e, non tanto dalla solitudine, quanto dall’essere rimasto senza Sh. Sh che ritorna incessantemente nei suoi pensieri, circondandolo di un muro di silenzio che lo sottrae alla pietà degli altri che vorrebbero consolarlo.
Questo secondo capitolo è migliore del precedente, secondo me, perché è arricchito anche da una sfumatura “gialla” data dalla presentazione di un caso, naturalmente risolto brillantemente dal consulting. Hai saputo riportare, in maniera credibile, la tensione dell’attesa che Watson trascorre, tra la desolazione di quei container, rischiando di morire ma riscoprendo la tenerezza che Sh mostrava, quasi con pudore, nel preoccuparsi per lui (“…Mi toccava la faccia, le mani, le braccia…”).
Sono ricordi che diventano dolorosi e non fanno che rendere tutto più buio. Mi complimento con te per la tua capacità di adeguare lo stile, con cui scrivi, al contenuto. Mi spiego meglio: nei momenti in cui c’è azione e movimento (il caso da risolvere, per esempio) le tue frasi sono distese e circostanziano meglio ciò che succede, quando descrivi gli angosciosi monologhi mentali di John, tutto si fa più teso, le parole diventano poche, le frasi più corte, giustamente, perché il dolore fa crescere il silenzio.
E questo non fa che renderci più partecipi dell’infinito dramma di Watson che non riesce a ritrovare una ragione valida per continuare a vivere.
Ritorna l’angoscia del post Reichenbach, senza scadimenti nell’ovvio e nel banale: il dolore di John non è fatto di atteggiamenti drammaticamente esibiti, si esprime nel silenzio del suo cuore, nel trascinarsi nella routine quotidiana, casa e lavoro, nel mantenere una maschera d’ indifferenza di fronte agli altri.
Ma dentro ci sono la tempesta ed il vuoto assordante lasciato da chi costituiva la sua speranza nel futuro.
Dal punto di vista dell’introspezione psicologica ci dai un quadro davvero credibile di ciò che porta John a chiudersi in se stesso.
Un ottimo lavoro, brava.

Recensore Master
24/04/18, ore 20:48

Questa storia mi sta prendendo sempre di più. E ti posso assicurare che è tanto tempo che una trama o un personaggio non catturano le mie attenzioni in questo modo. Il tuo John mi piace tantissimo, mi piace come descrivi il suo dolore per la perdita di Sherlock e come questo male di vivere gli sta addosso al punto che diventa addirittura fisico e viscerale. Lo si percepisce in ogni cosa che fa e anche quelle che non fa, come perdere il telefono o ignorare i messaggi di Greg e Harry. Come tutto gli scivola addosso e al punto che il mondo stesso non gli interessa, le cose che fa, le persone che gli stanno attorno e persino i suoi pazienti... tutto ha perso di significato. E non ha senso, senza Sherlock.

In tutto questo si mettono in mezzo ricordi del passato. I vecchi casi risolti insieme e di cui John ne ricorda tutti i particolari con meticolosa precisione. E per assurdo ricorda proprio questo, ovvero quello in cui un assassino psicopatico (a proposito, l'omicidio era ispirato a quello di una puntata di Hannibal? Perché somiglia molto a uno della prima stagione) a momenti lo uccide, buttandolo nel fiume. John vorrebbe essere morto allora, ma non credo perché abbia istinti di quel tipo (o almeno me lo auguro) ma perché ha amato tanto Sherlock, che è arrivato al punto da odiarlo per essersi suicidato. Lo odia e vorrebbe che avesse passato quello che lui sta passando ora. E quindi vorrebbe esser morto in quel fiume, così non ci sarebbe stata più sofferenza.

Sì, forse le cose miglioreranno nei capitoli a venire (spero) ma nel frattempo questi sentimenti sono terrificanti e per questo bellissimi da leggere. Complimenti, questa storia è sempre più bella.
Koa


Ps. Ma John non morirà suicida vero? VERO?

Recensore Junior
18/04/18, ore 22:38
Cap. 1:

Non so neanche più da quanto tempo non recensisco una fanfiction. Un bel pezzo, sicuramente, visto che non mi ricordo affatto. 
E senza falsa modestia, ti dico già da subito che solo questo è il più grande complimento che io possa farti, perché sono una persona molto pigra, decisamente pigra. Che anche se legge qualcosa di molto - o molto buono - difficilmente si sforza di trovare le parole meno peggiori possibile per far sapere all'autore/autrice quanto il suo lavoro sia valido.
Ecco: tu hai superato di gran lunga tutto il buonissimo che ho letto ultimamente sul mio telefilm preferito. Non credo di aver mai letto nero su bianco John più John di questo John. Perché questo è John Watson. Il mio John. 
L'ho sentito in ogni recesso di me in maniera talmente acuta da fare male. John Watson è un perenne disequilibrio tra rabbia e affettazione, tra chi deve e chi vuole essere, tra il celare e il mostrare. E' anche più lunatico di Sherlock, perché Sherlock nel suo perenne nervosismo adrenalinico è piuttosto costante: da John, invece, essendo uno che accumula e reprime i propri sentimenti in maniera compulsiva, non sai mai cosa aspettarti di preciso.
Perché la bomba non è a tempo, e non saprai mai quando esploderà. 
Mi piace da morire il distacco certosino che hai fatto tra il John pubblico e quello reale, mi piace il fatto che lui sappia di fingere e non abbia alcuna intenzione di essere più gentile. 
Mi piace come lo muovi, come lo fai pensare. 
E lo stile è impeccabile, non ho notato alcuna svista. 

Grazie dal profondo del cuore.

Recensore Master
18/04/18, ore 15:22
Cap. 1:

Ciao, come avevo accennato tempo fa, avevo messo da parte le recensioni che avevo lasciato a questa storia. Cosa che non faccio mai. Quindi dopo aver riletto capitolo, e recensione, lascio il commento qua sotto come lo avevo scritto l'altra volta.

"Ciao, confesso di avere questa storia da parte da qualche settimana. Non avevo però ancora trovato tempo di leggerla, dato che avevo intuito si trattasse di un qualcosa di tosto dal punto di vista emotivo, volevo essere dell'animo giusto e sufficientemente "fuori" dalle mie storie che fin troppo mi occupano il cervello. Quindi eccomi qui ora, finalmente! E sono proprio contenta di averla letta perché è una storia bellissima. Lo so che è solo il primo capitolo e che quindi dovrei aspettare, ma preferisco buttarmi subito con quello che mi viene più istintivo dire: questa storia è magnifica. Davvero. E potrei finire qui la recensione... No, non lo farò! Perché ho tanto altro da dire.

Sì, sul post Reichenbach si è scritto vagonate di roba (più o meno valida e più o meno in italiano) e in un primo momento mi sono anche chiesta che senso ci fosse nello scrivere ancora sul post seconda stagione, quando c'è appena stata la quarta. Però mi son data subito dell'idiota, ho tirato una riga e mi son messa a leggere. Devo ammettere che sono contenta che tu l'abbia scritta, perché evidentemente c'è chi ancora ha cose da dire a riguardo. E ti posso assicurare che quanto stai facendo è davvero degno di nota.

Prima di tutto lo stile: ottimo e gestito con esperienza (sei sicura che sia soltanto la tua seconda fan fic? Perché sembri una veterana per come scrivi...) con questa prima persona usata benissimo e molto vicina al personaggio. Scruti la psiche di John praticamente da dentro la sua testa, come se fossi realmente nel suo cervello. La prima persona te ne dà la possibilità e tu la sfrutti al pieno, anche e soprattutto grazie all'uso di una sintassi che è tagliata sull'argomento che tratti. E quindi su come si sente John. La paratassi continua e senza sosta, è insistente e quasi aggressiva. Non dà sconti e non fa sconti a nessuno. Il lettore è così coinvolto da quanto sta accadendo a John, da come si sente, che si percepisce tutto intimamente e si sta male assieme a lui, e si soffre insieme a lui. Per questo l'introspezione è ottima e il bagaglio emotivo straordinario per come lo si recepisce. Anche se è drammatico, ovviamente. Ma questo è un valore aggiunto, questo fandom mangia da anni pane e angst! XD

Sulla trama ho poco da dire, ma per il semplice fatto che la storia è all'inizio. Tuttavia certi paletti già ci sono e sono perfettamente chiari. John si ritrova solo, a Baker Street da quel che ho capito (per la carta da parati verde soprattutto), son passati sei mesi ed è pieno di sensi di colpa, col dubbio che Sherlock si sia ucciso per colpa sua e pieno di un dolore che non dà tregua. Ella non aiuta, ma non perché sia incompetente, ma per il semplice motivo che la caratterizzazione di John è tanto precisa, che hai colto quella parte di lui chiusa a riccio e che non riesce ad aprirsi, se non facendo sfociare sentimenti negativi. Qui ci prova, a fare qualcosa. Riesce e non riesce. Ma almeno scrive il suo nome, ed è già un risultato e soprattutto pensa alla sua morte come a una privazione al plurale e quindi: ci è stato tolto qualcosa. Sì, è un niente per ora. Ma può esser considerato l'inizio di una accettazione.

Sì, sono curiosa di capire dove andrai a parare. Intanto ti faccio i complimenti, vado ovviamente avanti nella lettura.
Alla prossima.
Koa"

Recensore Veterano
18/04/18, ore 11:02
Cap. 1:

Questa fan fic, in questo momento, fa molto più male di quanto non abbia già fatto la prima volta che l'ho letta. Sarà che sento John più vicino o perché sono emotivamente più instabile del solito in questo periodo, ma leggere di nuovo del suo dolore, così vivo, fa ancora un certo effetto.

"Sono un medico, ma non sono più me. Sono quello che fingo di essere per gli altri, il bravo medico, attento, focalizzato, scrupoloso. Ma quello, non sono io. Invece, questo, questo sono io. Patetico, triste, perduto John. Solo nella mia cucina a scrivere e pensare cose a caso.
Sono distrutto."

Questa è stata la frase che mi ha fatta ri-crollare, insieme al resto. Questa mania di dipingere il John super festaiolo, super estroverso, sempre al centro dell'attenzione, colui che sa stare in mezzo alla gente e a cui piace farlo... mi sa di immagine così falsa di lui, ma al tempo stesso così vera. Penso che questa dicotomia tu l'abbia resa benissimo in quelle 4 righe: John è bianco e nero al tempo stesso. E non mi stancherò mai di apprezzare i suoi paradossi, è uno dei motivi principali per il quale io amo il suo personaggio, sia nella serie (sempre per come lo vedo io, un personaggio calato in un pozzo e profondamente innamorato di chi pensa non possa mai avere) che nelle fan fiction scritte bene come questa. Non è semplice trovare gente che lo veda, che lo percepisca o capisca come lo capisco io e quando lo trovo descritto così bene, in un modo che è così vicino al mio, è una gioia e un dolore da leggere. È meraviglioso.
John è l'impersonificazione dell'angst in questa fan fic e nella serie e tu l'hai reso al massimo.
Spero di continuare a leggere di lui, ho assolutamente bisogno di vedere una sua ripresa...

Recensore Master
17/04/18, ore 23:52
Cap. 1:

Rileggo volentieri questa tua ff, ritrovata oggi nel fandom. Volentieri, davvero, perché l’argomento che tratta, l’immediato post-Reichenbach, è quello, secondo me, più ricco di potenzialità narrative, in cui affondano, saldamente, le radici della Johnlock, la mia magnifica ossessione. Sullo scenario che si va delineando intorno e “dentro” John, dopo il “volo” di Sh dal tetto del Bart’s, sono state spese fiumi di parole, per cercare di interpretare, nel modo più verosimile, le modalità con cui la disperazione di Watson si è declinata nei due anni in cui ha davvero creduto morto il consulting.
Oltretutto, dopo la seconda, magnifica Stagione, la BBC non si è soffermata a farci vedere in che modo John abbia affrontato quei primi, terribili mesi in cui l’elaborazione di un lutto, così improvviso e devastante, è un percorso al buio e tutto appare inutile, soprattutto se non si è detto quello che si voleva dire e non si è fatto ciò che avrebbe avuto ragione di succedere (“…Perché ho agito in questo modo?”..).
Quindi, voi Autori avete tentato di dare un volto preciso al dolore di John e tu ci sei riuscita, regalandoci una versione credibile e verosimile delle lunghe ore trascorse da lui a macerarsi nei ricordi e a cercare di difendersi dagli attacchi di panico e dall’assedio degli incubi.
In questa tua ff non ho trovato né banalità né noiose ripetizioni di un qualcosa già letto. Non voglio dimenticare di lasciarti, perché te lo meriti, un’osservazione sul tuo stile, particolare e originale, arricchito dalle speculari riflessioni, che tu evidenzi scrivendole in corsivo, che John rivolge a se stesso (“…Anche che vorrei farti stare zitta?...”), in cui rendi concreta la sua amara ironia, espressione dello sconforto e dell’angoscia.
In un susseguirsi angoscioso di frasi brevi e lapidarie nel loro energico realismo (un esempio: “…e vomitare quel poco che…”), hai costruito un testo dal taglio quasi giornalistico, crudo ed efficace, in cui gestisci il POV di John con sicurezza ed ottimi risultati, in quanto ci permetti di sentirci partecipi del suo immenso dolore.
Hai citato la scena di THOB che preferisco: me la vado a rivedere quando i postumi della S4 si fanno risentire, per gustarmi ancora una volta la versione più intrigante di quell’ “elefante nella stanza” che spinge Sh a chiedere scusa a John, in quel vecchio cimitero di cui Watson, nella tua storia, sente ancora il profumo dell’erba.
E gli risuona, assordante nella mente, quella frase (“…Io non ho amici…”) che, tolta dal contesto, sembrerebbe banale ma che lì, in quel momento, secondo me, rappresenta, forse, l’unica, vera dichiarazione che Sh rivolge a John, nella sua incapacità caratteriale di riconoscere ed esprimere i sentimenti.
È davvero efficace la rappresentazione che fai di Watson, ostinatamente chiuso nel suo lutto, assediato dal vuoto lasciato da Sh, tormentato dai sensi di colpa per non aver saputo capire e riuscire così ad evitare la morte del suo “coinquilino”. Lo scrivo tra parentesi perché sappiamo tutti che, in realtà, Holmes, per John, non è solo chi condivide il 221b, ma rappresenta la possibilità di una nuova vita, ed è l’uomo di cui è innamorato perdutamente. Inoltre il non misurare il suo dramma con chi lo circonda, permette a Watson di considerarlo meno vero, non effettivamente avvenuto perché non vede la sua disperazione riflessa negli sguardi e nei gesti di chi cerca di consolarlo.
Hai veramente saputo esprimere, attraverso le tue parole, senza sbavature melodrammatiche, il dramma di chi si accorge di aver perso l’occasione di amare e sentirsi amato da qualcuno di speciale.
Concludo con la convinzione che questa storia merita di essere seguita, sia per il modo con cui ti sei inoltrata in zone difficili da esplorare del cuore umano, come quelle relative al lutto improvviso, e per il tuo stile, originale e coinvolgente. Arrivederci e brava.

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