Recensioni per
Into the darkness
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 37 recensioni.
Positive : 37
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
21/04/19, ore 23:32
Cap. 1:

All'inizio siamo accolti da un'accurata ricostruzione ambientale del luogo in cui sta Sh e l'elemento forte di questo è il fatto che tu ne "hai preso coscienza", e noi con te, attraverso le formidabili capacità deduttive del consulting.

Evidentemente si tratta dell'ospedale, c'é John accanto a lui, un John che non ha mangiato, dunque ci fai capire che stiamo entrando in un accadimento particolarmente impegnativo, manifestato da uno stato fisico che evidenzia un grave trauma.
Sicuramente IC il "viaggio" che Sh compie all'interno del suo Mind Palace alla ricerca di risposte.
E, quello che colpisce allo stomaco anche noi , è la scoperta drammatica della lesione che gli ha fatto perdere la vista.
Mi sorprendi sempre per la tua puntuale capacità analitica che si estende non solo alle descrizioni, che diventano vere e proprie sessioni fotografiche, ma anche al campo linguistico; infatti mi ha proprio colpito la distinzione che hai fatto fare a John, nella differenza tra "dare un'occhiata" ed "ispezionare", in cui già percepiamo l'entità del dramma che ha colpito Holmes.
Un elemento particolare da filo conduttore qui e, sicuramente, rivela quale sarà l'arma vincente di Sh durante le indagini che lui vuole cocciutamente proseguire e cioè il fatto che, in seguito alla perdita della vista, gli altri sensi si siano acuiti.
Condizione questa che risponde alla realtà perché, chi non può più vedere, sviluppa, per esempio, un senso dell'orientamento che noi vedenti nemmeno immaginiamo o un istinto musicale fantastico.
Perciò, in questo modo, tu connoti il tuo racconto di un confortante realismo.
Un fluire di sensazioni, di emozioni lasciate in libertà, una continua scoperta di quello che è in realtà per lui John...
Questa è la prima impressione che ricevo dalla lettura di questo primo capitolo.
Di pari passo con il prendere coscienza, da parte di Sh, della drammaticità della sua condizione, introduci anche la storia “gialla”, cioè il “caso” di un misterioso, quanto pericoloso, dinamitardo.
Uno dei protagonisti di questo capitolo è la presenza di John, come viene percepita da Holmes, disorientato e bisognoso di certezze.
Sono il “respiro regolare”, il “profumo”, il” respiro caldo”, il tocco della “mano piccola e gentile”, la stretta rassicurante con cui argina il panico che minaccia la lucidità di Sh, il “calore rassicurante” che delineano la concretezza del “suo” medico.
Non può vederlo ma lo sente vicino a sé e ciò costituisce, per lui, un motivo per non perdersi completamente nella disperazione.
Mi è piaciuto molto il fluire di sensazioni attraverso le quali Sh ricostruisce, non potendola vedere, la realtà accanto a sé: rumori, odori, informazioni tattili…
Sei stata veramente in gamba a tradurre così l’ambiente ospedaliero che percepisce il consulting, privato della vista, in cui ci troviamo con lui ed il “suo” dottore.
Efficace la descrizione del momento della visita oculistica e di quella neurologica in cui il calore delle mani di John continua a tranquillizzarlo ed a mantenerlo collaborativo durante l’esame specialistico. Ma, soprattutto, è fondamentale per infondergli la speranza che c’è concretamente la possibilità di un esito positivo al suo dramma.
Il ritorno a casa ha delle sfumature di commovente realismo, in cui metti in evidenza la fatica con cui Sh cerca di non lasciarsi prostrare dalla situazione, come, ad esempio, quando scivola, per la condensa, sulle piastrelle del pavimento del bagno in cui ha cercato di lavarsi senza coinvolgere John. Davvero toccante quel suo abbandonarsi ad un pianto sconsolato tra le braccia accoglienti dell’altro e quell’affidarsi completamente a lui, senza più arroganza.
Il capitolo si chiude con la scena confortante di loro due che sono vicini, nello stesso letto, con naturalezza, senza malizia, insieme contro il buio.
Dal punto di vista della collocazione temporale dei fatti che racconti, se non erro, fai riferimento al loro essere coinquilini da circa sei mesi. Quindi ci fai tornare, e lo faccio volentieri, ai tempi mitici delle prime due stagioni, in cui davvero il 221b era la “casa”, nel senso più accogliente del termine.
In questa storia, addirittura, Sh trova rifugio in essa e, soprattutto in John. Qui c’è sì una grande angoscia, ma non come quella che ci prende dopo la visione di TRF, che segna la fine di un’epoca splendida.
Una storia che si annuncia davvero coinvolgente e che mi fa pensare a sviluppi veramente interessanti.

Recensore Master
27/02/19, ore 14:58
Cap. 1:

Ciao, dopo aver letto la bellissima Fenix mi sono subito messa a leggere questa. Avevo già notato la One Shot, ma non avevo mai avuto modo di leggerla e quando ho trovato questa in prima pagina ho creduto che fosse l'occasione buona per iniziare un'altra tua storia. Devo dirti che l'ho già bella che finita, nonostante le mie previsioni iniziali perché quando ho notato i quindici capitoli mi ero detta che ci avrei forse messo un po' per leggerla tutta, considerata anche la lunghezza del primo capitolo avevo pensato che fossero tutti così tanto corposi, e invece ieri sera me la sono divorata tutta quanta per intero. Lascerò comunque qualche impressione per ogni capitolo e intanto ne approfitterò per rileggerla da capo, che non fa mai male.

Anzitutto mi voglio complimentare per l'argomento da te scelto. Non so se con te ho già parlato di originalità o meno, ma l'argomento di questa storia pur non essendo originale in senso stretto (perché ho già letto storie di questo tipo in questa sezione), l'ho trovata comunque molto ben gestita, oltre che scritta bene. Quindi su questo primo punto ti faccio i complimenti, e anche per quelli che sono i capitoli a venire. Ma poi avrò modo di rifletterci ancora man a mano che ti lascerò le varie recensioni. Per quel che riguarda questo primo capitolo, posso dire che l'emozione è stata molto forte. Nonostante avessi intuito, leggendo titolo e introduzione, che tipo di fatto drammatico sarebbe accaduto a Sherlock, credo che non fossi del tutto preparata. Diciamo che quanto successo a Sherlock mi ha investita in pieno dal punto di vista emozionale, complice anche l'ottimo lavoro che hai fatto su di lui. Non solo dal punto di vista introspettivo e quindi descrivendo con dovizia di particolari tutto quello che potrebbe (ipoteticamente e non) succedere a una persona che subisce un trauma del genere, e quindi paura, senso di smarrimento e quant'altro... ma c'è anche molta precisione da un punto di vista medico. C'è una minuziosa dovizia di particolari nel linguaggio medico che hai scelto per stilare le varie diagnosi che vengono fatte a Sherlock una volta sveglio. E qui mi tocca confessare che in genere non apprezzo linguaggio eccessivamente tecnico nelle storie, perché ritengo impedisca una fruibilità da parte di chi invece non conosce il linguaggio specifico (medico in questo caso), ma è anche vero che per quel che mi riguarda non è stato troppo difficile da capire. La situazione fisica di Sherlock è perfettamente chiara, per il momento non si sa ancora se questa condizione è permanente oppure se è soltanto transitoria, il che sposta la luce sull'altro punto di cui prima già parlavo: ovvero l'introspezione. Molto accurata, pur non essendo tu un'autrice che scava in profondità in questo senso. Non hai un tipo di introspezione lunga e accurata e nella quale ricerchi la verità, ma al contrario vai sempre diretta al punto usando tanto i dialoghi e qualche pensiero sparso qua e là. I tuoi personaggi conoscono già la verità, devono solo tirarla fuori, cosa non sempre semplice da attuare. In questo caso, le reazioni di Sherlock le ho trovate molto vere e plausibili. Il modo in cui si sente quando si sveglia, il senso di smarrimento che prova... la paura anche, che non riesce a nascondere, lo portano ad attaccarsi a John in una maniera quasi fisica. Il che è una novità per loro, dato che qui si conoscono da soltanto sei mesi (di nuovo noto che hai ambientato una storia pochi mesi dopo "A study in pink"). Direi che hai fatto un ottimo lavoro su di lui, mostrandoci passo dopo passo quello che è un forte senso di smarrimento. Sherlock si sente perduto, gli è capitato un qualcosa che non ricorda e si è svegliato in una stanza d'ospedale senza più vederci. E proprio per questo adesso non sa che fare, ora la sua intelligenza, il metodo deduttivo sembrano non servire a nulla. Ma non è soltanto questo a tormentarlo, quanto il suo futuro. Se questa cecità dovesse essere permanente allora cosa ne sarà di lui e del suo lavoro? Su questo ne parlerò più approfonditamente nei capitoli a venire, dove la questine sarà meglio ampliata. Per il momento mi limito a dirti che hai fatto un ottimo lavoro. Hai introdotto il caso e la situazione in cui Sherlock si ritrova con un primo capitolo bello lungo e corposo.

Avrei altre mille cose da dire, sul rapporto tra John e Sherlock, per esempio ma anche sul dinamitardo in questione... ma avrò tempo per questo. Intanto complimenti.
Koa

Recensore Veterano
27/02/19, ore 14:54
Cap. 1:

Avevo visto questa storia quando l'hai pubblicata la prima volta, ma non avevo potuta leggerla e col tempo mi era passata di mente. Meno male che l'hai ripubblicata!! Ti faccio i complimenti per il modo in cui scrivi, lo fai molto molto bene, ma soprattutto per l'accuratezza medico scientifica. Non so se sei "del campo" o se sono ricerche, nel qual caso ci hai sicuramente messo tantissimo impegno. Inoltre ho trovato incredibile la descrizione di tutto ciò che Sherlock prova dopo questo incidente, il suo rapportarsi con questa nuova condizione. Non è di certo qualcosa di semplice, anzi. Quindi complimenti davvero! A presto!