Ed anche qui ho pianto e riso, possibile che le mie due Diavolesse del corazon, ogni dannata volta mi fanno piangere leggendo un loro scritto???????????? Io vi amo donne, con questo capitolo abbiamo chiuso, finalmente "la stupidità" di Lucy, possibile che quella donna non abbia capito un emerita cippa, Natsu ti ama, se te che l'hai salvato dal baratro del inferno, nel quale era caduto dopo la morte di Lisanna, te sei la Luce che gli illumina la vita, con te lui è tornato ad essere felice e spensierato, con questo pezzo ho pianto:Aveva chiamato Gray perché le era sembrata l’unica alternativa dopo che Juvia le aveva detto che non avrebbe potuto passarlo a prendere perché era al Fairy Tail. Le era sembrato un po’ strano, ma quando poi l’amica le aveva proposto di essere lei a passare al locale si era categoricamente rifiutata. Era una stupida e continuava a esserlo, ne era convinta e consapevole, non avrebbe potuto rinchiudersi in casa per il resto della vita e la decisione di andare via le appariva ancora come la più sensata, la migliore. Cosa avrebbe potuto fare altrimenti? Se Natsu non la odiava probabilmente vi era molto vicino perché aveva sbagliato tutto, aveva frainteso ogni cosa e non aveva lottato per cercare di aggiustare le cose. Si odiava, sì, lei stessa non sarebbe mai tornata con una persona come lei, perché avrebbe dovuto farlo Natsu? Aveva chiamato allora Gray e fortunatamente il corvino aveva acconsentito a passare dicendo che sarebbe passato di lì per una commissione. Sospirò guardandosi per un istante nello specchio: cos’era diventata? In lei non c’era nulla della Lucy di qualche mese prima. L’idea di ricominciare da un’altra parte la spaventava da morire, ma forse non aveva altra scelta che quella. Doveva trovare solo la forza, cercarla altrove da dove avrebbe voluto attingerla. Lo squillo del campanello la distolse da quell’immagine stanca di sé riflessa allo specchio.
“Gray, arrivo.” urlò afferrando il diario che aveva lasciato su un mobiletto vicino alla porta pronta a chiudere con quel mare di ricordi “Grazie mille per essere …”
Dove vanno i sogni quando al mattino ci si sveglia? Alcuni si dimenticano, altri si ricordano non appena si aprono gli occhi, altri ancora si ricordano in un momento imprecisato della giornata. In quel momento Lucy ricordò il motivo per il quale aveva sognato una vita con Natsu dal primo giorno che lo aveva visto. Non era stata solo la bellezza mozzafiato che l’aveva colpita con la stessa forza di un tir preso in pieno petto, no. I suoi occhi… i suoi occhi verdi lucenti, simili a smeraldi preziosi le avevano fatto desiderare di avere un figlio con quegli stessi occhi, una famiglia con quell’uomo prima ancora di capire se potesse essere gentile o un perfetto bastardo. Poi aveva suscitato il suo sorriso e lei di quell’espressione a metà tra lo spensierato e il malizioso l’aveva stregata come il più potente degli incantesimi. Aveva fantasticato come una bambina che legge il suo libro di fiabe e aveva continuato fino a quando la realtà non l’aveva svegliata bruscamente. Quel sogno l’aveva ricordato e faceva male pensare che non si sarebbe mai potuto realizzare davvero. Eppure… eppure lui era lì e la guardava con le stelle bellissime che aveva al posto degli occhi e quella cascata di Via Lattea sulle sue labbra.
“Questo è mio, vero?” le chiese con tono volutamente sarcastico e retorico.
Le aveva dato il tempo di metabolizzare la sua presenza sulla soglia della porta subendo il suo sguardo curioso e scioccato dalla testa ai piedi senza dare di matto. Era dimagrita, molto a dire il vero e non gli piaceva per nulla il pallore del suo viso, gli occhi gonfi di chissà quanto pianto. Ma no, per quanto si potesse dispiacere, quello ferito era stato lui e glielo avrebbe fatto capire anche al costo di farle del male.
“Quando Gray mi ha detto che volevi restituirlo ho pensato che sarei potuto venire a prenderlo di persona.” spiegò ancora vedendo che lei non riusciva a dire neanche una parola.
Costatazione che notò lei stessa. Lucy si riscosse e prima ancora che potesse pensare di agire diversamente il suo corpo si spostò dall’entrata per farlo accomodare. Natsu non se lo fece ripetere anche se l’invito non era stato detto a parole.
“Quando sei uscito dall’ospedale?” fu la prima cosa che le venne in mente per spezzare il suo mutismo.
Lo vide guardarsi intorno. Certo non era sicuramente l’appartamento che aveva lasciato per allontanarsi da lui e da tutti, ma il suo sguardo deluso e sfrontato era troppo da sopportare. Girò intorno al tavolo, mentre lei restava a debita distanza con il diario ancora in mano.
“Ieri.”
“Stai… stai bene?” sussurrò appena.
“No, Lu, non sto bene.” si girò improvvisamente guardandola di nuovo.
Si umettò le labbra in cerca di un po’ di saliva che desse tregua al fuoco che aveva dentro di lei. Aveva tutte le intenzioni di fargliela pagare, glielo leggeva in quel bosco le cui chiome degli alberi sono scosse da terribili folate di vento.
“Natsu, io…”
“Se devi aggiungere altre stronzate a quelle che mi hai detto in ospedale puoi anche continuare a stare zitta.”
No, non era riuscito a mantenere calma. Più la vedeva, più non si capacitava come una persona possa farsi del male così tanto e volutamente perché si vedeva che lei stessa aveva sofferto per essersi separata da lui e allora perché cazzo, perché? Strinse i pugni fino a farsi dolere le mani, per cercare di mitigare la rabbia.
“Tu mi hai sentito?” chiese alzando il tono di un’ottava “No, non puoi avermi sentito, eri…”
“Ero su un lettino d’ospedale dove tu e mia cognata per la vostra immane e incomprensibile stupidità mi avete spedito e non sono mai stato così male e debole e a pezzi in tutta la mia vita Lucy Heartphilia, ma ti ho sentito, ogni singola stronzata dalle motivazioni stupide che ti hanno spinta a lasciarmi al fatto che mi ami.”
“No.” urlò ancora sbattendo con forza il diario sul tavolo, ingoiando il nulla che le graffiò la gola come se avesse provato a ingerire un gomitolo di spilli “Non è una stronzata quella, Natsu.”
“Ma fammi il piacere, Lucy! Chi ama non fugge, mai.”
“Questa è una stronzata, Natsu.” lo accusò “Non hai neppure la più pallida idea di quanto mi sia costato, hai capito? Se sono ricorsa a questo è perché…”
“Perché cosa?” chiese dopo averla vista esitare.
Ma Lucy non sapeva come continuare. No, non lo sapeva più perché aveva letto quel diario e ormai ai suoi castelli di carta non ci credeva più nemmeno lei. Guardò il taccuino tremando dinanzi a quanto si sentisse così sbagliata.
“Che c’è? Hai finito il tuo cumulo di sciocchezze, piccola Lu? Allora l’hai letto davvero tutto il diario.”
Si accorse di essere in lacrime solo quando alcune di esse le caddero su una mano che aveva poggiato con l’altra sul tavolo, al latto opposto da dove si trovava lui.
“Sono stata una sciocca, me ne rendo conto, ma le mie paure, per me, non erano stronzate come dici tu. Mi chiedevo come avrei potuto competere con un amore così grande, vi dovevate sposare Natsu, insomma, lei era il tuo grande amore. Solo adesso mi rendo conto di aver complicato tutto, dopo aver letto il tuo diario. Se solo ne avessi parlato con te magari non avresti subìto tutto questo, non avresti rischiato la vita per una come me che non merita tanto amore. Non è vittimismo, è quello che penso, sul serio. Mi dispiace, Natsu, mi dispiace averti fatto soffrire così tanto. Ho sbagliato tutto, io stessa… io stessa mi odio per come sono stata così sbagliata.”
Si portò le mani al viso per nascondere le lacrime e si girò, dandogli le spalle, perché non voleva la pietà di nessuno tanto meno la sua. Represse i singhiozzi e si asciugò le guance con il bordo delle maniche del maglioncino verde scuro ma prima che si sentisse di nuovo almeno presentabile per girarsi e guardarlo ancora sentì un applauso riecheggiare a un ramo lento e cadenzato per tutto il piccolo appartamento. Alzò lo sguardo e si girò solo con il volto perché Natsu l’aveva raggiunta e con un sorriso che avrebbe potuto definire quasi sadico la stava applaudendo quasi… compiaciuto?
“Cosa ti aspettavi?” la rimproverò malvagia la coscienza “Credevi forse che ti accettasse dopo quello che gli hai fatto? Sei solo un’ipocrita! Fa bene a deriderti.”
“Che co…”
“Ora va meglio.” le fece notare il rosato ammorbidendo il suo sorriso, rendendolo un po’ meno da bastardo senza cuore “Hai finalmente iniziato a dire cose sensate.”
“Non capisco.” ammise e i suoi occhi smarriti erano la dimostrazione di quanto fosse vero quello che stava dicendo.
Natsu continuò a sorriderle e veloce come un felino gli afferrò un polso attirandola sé, sbattendosela contro e rischiando visto i punti belli freschi sul fianco, ma non osò spostarsi.
“Volevo che capissi, Luce.” le confessò con il tono dolce del vecchio Natsu “Volevo che la smettessi e che tu la smetta di incolparti di cose che non dipendono da te, che tu la smetta di pensare al passato, al grande amore di un tempo. Io credo nelle seconde possibilità e per questo alla fine ho deciso di cedere a te e al sentimento che provavo per te, perché pensavo che io, povero disgraziato, potessi essere fortunato al punto tale da innamorarmi di nuovo, e non nello stesso modo ma più di prima. Sono stato graziato e invece tu… tu hai mandato tutto a puttane.”
Era arrabbiato e deluso, come dargli torto? Lucy abbassò lo sguardo sconfitta dal peso schiacciante dei suoi stessi sbagli.
“Per questo ti applaudo, Lu.” le sorrise di nuovo, inclinando la testa di lato, spingendola a guardarlo, alzandole il viso con una leggera pressione sul mento “Voglio che piuttosto che continuare con tutte quelle stronzate tu mi chieda scusa per il fatto che mi hai lasciato senza un valido motivo, per avermi fatto piombare all’Inferno dopo che faticosamente ero riuscito a conquistarmi il Paradiso. Chiedimi scusa per il tuo comportamento sciocco, avventato e insensato e promettimi, anzi no, giurami, che non scapperai mai più da me, Luce, perché non potrei sopravviverne questa volta.”
Si dice che uno dovrebbe imparare dai propri sbagli. Eppure, il più delle volte ci capita di cadere nello stesso errore, precipitare dalla stessa rupe, inciampare nella stessa e maledetta buccia di banana. Non si smette fino a quando non si vuole davvero, fino a quando le paure sono più forti della nostra determinazione. Perché poi uno si stanca di sbagliare e non sempre chi è dall’altra parte è pronto ad attenderci. Natsu diceva di essere stato fortunato con lei, che lei era la sua seconda possibilità. Non aveva la più pallida idea di quanto invece, grazie a lui, era stata lei a essere una povera diavola fortunata.
“Ti chiedo scusa.” ammise con tono rotto dal pianto “Ti chiedo scusa per essere stata una perfetta stronza, anzi, una bella stronza!” disse scoppiando poi in una risata isterica, levigata in una più serena dal suo sorriso e dalla mano che lasciava il polso per accarezzarle una guancia.
“Quello te lo meritavi.”
“Lo so.” disse facendo salire le mani dal petto alle spalle, circondandogli poi il collo con le braccia “Tu invece meriti solo il meglio, Dragneel.”
“E quel meglio sei tu, Luce, nessun’altra. Non potrei mai cercare un’altra donna perché non esiste quindi vedi di piantarla con questi piagnistei e baciami perché ne hai di cose da farti perdonare.”
Lucy sorrise obbedendo alla sua richiesta. E fu come se tutta la sicurezza di un tempo fosse tornata a farle visita, quella che l’aveva spinta a raggiungerlo a quel tavolo mesi prima, quella che nonostante la sua goffaggine non le aveva impedito di tentare. Era tornata a essere sicura o semplicemente era tornata a vivere. Lo baciò e fu una dolce tempesta quella che le loro bocche scatenarono l’una contro l’altra. Le lingue si presero, le labbra si morsero derubandoli di ossigeno e riempiendoli di amore. Natsu la strinse a sé per la vita lasciandosi finalmente andare, liberandosi di quella rabbia che lo aveva spinto a trattarla inizialmente con tanta freddezza. Ora invece, voleva solo farla bruciare nel suo stesso fuoco, il loro fuoco!
“Se non dovesse bastarmi una vita intera, Natsu Dragneel ti invito a stare con me fino all’eternità.” gli propose ridendo e sussultando al contempo quando Natsu scostò il malo modo una sedia per adagiarla con il sedere sul tavolo.
“Sono tuo, Luce, tienimi stretto a te per tutto il tempo che vuoi.”
Lei annuì prendendolo subito in parola. Gli allacciò le gambe alla vita desiderosa di ricordare quanto fosse paradisiaco averlo dentro di lei.
“Posso dirtelo, Natsu?” gli chiese mentre lo privava del cappotto e poi del maglioncino, saggiando con i polpastrelli quella pelle che gli era mancata come ossigeno.
“Dimmelo, Luce.”
“Ti amo.” rispose esigendo di nuovo le sue labbra e quella lingua che impudente scava dentro la sua bocca facendola avvampare di desiderio.
“Sdraiati.” le sussurrò facendo pressione in quel bacio per invitarla ad obbedirgli mentre le mani si intrufolavano al di sotto del maglioncino.
“Potremmo usare il divano.” ipotizzò lei che comunque era finita contro il legno della tavola, le gambe allacciata ancora alla sua vita.
“No.” rispose categorico mentre le leccava e baciava ogni centimetro di pelle dal collo fino a dove i bordi del reggiseno permettevano addentando un bocciolo che vispo e più veloce dell’altro si era già irrigidito al di sotto della stoffa “Ci metteremo troppo ad arrivarci e io ho tutte le intenzioni di non attendere neppure un secondo di più nel fartela pagare.” Le fece notare, continuando la sua lenta e inesorabile discesa fino all’ombelico mentre le mani la privavano dei jeans e al contempo degli slip.
“No, Na…”
“Non hai alcun diritto di replicare, Luce, e poi sarebbe ipocrita da parte tua negare che ti piace da morire quando affondo con la bocca dentro di te.”
“Hai già iniziato a punirmi?” lo beccò subito con il volto paonazzo per tanta schietta sfacciataggine.
Non ci mise niente Natsu a tornare con il viso rivolto contro il suo, di certo lei gli aveva facilitato la risalita perché si era puntellata sui gomiti per rimproverarlo.
“Mi piace da morire vederti in imbarazzo per poi perdere così tanto il controllo da chiedermi di non fermarmi e continuare fino a quando non vieni sulla mia…”
“Basta.” lo ammutolì anche con lo sguardo.
Per tutta risposta lo sentì ridere beffardo, curioso di sapere se avrebbe resistito con quel cipiglio severo dopo averle infilato due dita in quella dolce e peccaminosa femminilità. Lucy non si scosse, non con il corpo almeno, ma i suoi occhi si velarono di desiderio e Natsu la vide tornare distesa, come aveva richiesto, mentre lui per tutta risposta si metteva comodamente seduto su una sedia, facendole poggiare i piedi sulle sue gambe in modo da averla completamente servita a lui. Quando cominciò a lambirla con le labbra mentre le sue dita si bagnavano di lei al suo interno fu difficile per Lucy non sentire le guance esplodere e anche qualcos’altro dentro di lei. Il suo corpo festeggiava quel ritorno dopo che il cuore aveva già esaurito tutti i suoi battiti in fuochi d’artificio. Lo chiamò più volte, sentendo la schiena inarcarsi a ogni suo movimento o esitazione. Era sempre così con Natsu, amava portarla allo sfinimento. Solo che mai, mai prima di allora aveva osato portarla sull’orlo dell’orgasmo senza per questo farglielo raggiungere. Quando la sentì al limite il rosato leccò un’ultima volta e poi si scostò raggiungendo il divano.
“Natsu?”
“Hai ragione, Lu, il divano è più comodo.” si beffò di lei mentre nel tragitto dal tavolo alla nuova meta si era completamente denudato.
Voleva forse farla impazzire? Il suo sorriso divertito fu una risposta certa a quella sua domanda, ma come non dargli corda nel vederlo così come quella santa donna di sua madre lo aveva fatto mentre la invitava con l’indice rivolto verso l’alto a raggiungerla? Non che avesse una scelta diversa a disposizione visto il desiderio che quel diavolo le aveva montato su. Lo raggiunse decisa però a non rendergli vita facile. Si inginocchiò dinanzi a lui cercando di non fare troppo caso alla garza che gli ricopriva il fianco destro. Distolse lo sguardo nel momento esatto in cui Natsu se ne era reso conto.
“Vuoi rimediare, Lu?” la provocò ancora.
“Sei proprio un…”
“Dillo, Lu, avanti.” la invitò ridendo divertito mentre si metteva più comodo con la schiena.
“Uno stronzo.” disse prima di chinarsi con la testa sul centro dei suoi pensieri azzerando tutto il resto.
Aveva capito il suo gioco, per questo non se l’era presa dopo l’ennesima frecciatina. Natsu non aveva bisogno di suscitare compassione, voleva solo che lei capisse che non avrebbe mai più dovuto mettere in pericolo la loro vita insieme. Il modo e le dinamiche di come ciò stava accadendo erano tutte ben accette. Gli piaceva quello che faceva, anche se mai prima di lui avrebbe pensato di arrivare fino a tanto con un uomo. Ma Natsu non era paragonabile a nessuno di quelli che aveva conosciuto: lui era una seconda possibilità del tutto originale!
“Lu…” la chiamò dopo un po’ prendendole una mano e portandosela alle labbra per baciarne le nocche “Vieni su di me, basta giocare.”
Ma lei non si fermò come richiesto e disobbedendo agli ordini lo portò alla deriva di ogni problema, più lontano possibile da tutto ciò che era successo in quegli ultimi giorni, fino a qualche momento fa. Lucy si beò della sua espressione compiaciuta, del suo sorriso appagato e senza nemmeno aspettare un secondo accettò solo allora il suo invito, salendo su di lui, stando a attenta perché era sempre stata un po’ maldestra. Gridò di piacere nell’abbassarsi su di lui, nel sentirlo acquistare il vigore di pochi istanti prima per riempirla tutta, facendola avvampare. Natsu la liberò del reggiseno per poter finalmente affondare in quelle generose forme con la bocca mentre una mano scendeva a tenerle un gluteo per aiutarla anche nei movimenti. Erano tornati insieme, Dio, pensiero più bello di quello non poteva esserci. Non le avrebbe mai permesso di lasciarlo, non dopo aver capito le sue reali intenzioni, le reali preoccupazioni. Aveva fatto soffrire entrambi ma aveva anche capito perché.
“Lu?”
“Sì?” gemette lei abbassando lo sguardo per allacciarlo al suo.
“Non ti ho detto una cosa…” incominciò invitandola a non smettere sebbene lui stesso facesse fatica a parlare tra un gemito e l’altro “Non è stato… non è stato in ospedale il momento della mia vita in cui mi sono sentito più debole e a pezzi. Nulla mi ha annientato più del fatto che tu mi avessi lasciato, ma mai avrei permesso a un bastardo come Acnologia di farti del male. Tu sei la mia luce, tu sei per me tutto ciò che conta, Lu, capito?”
Lei annuì sentendosi la donna più felice del mondo.
“Ti Amo, Lucy.” le sussurrò sorridendo, mentre sentiva che entrambi erano al limite.
“Ti Amo anch’io, Natsu.” disse prima di baciarlo, soffocando nella sua bocca i gemiti con i quali raggiunse l’apice del piacere.
Nonostante questo, continuò a muoversi, rabbrividendo tra le sue braccia al solo scopo di portare anche lui al limite per farlo esplodere dentro di lei, insieme a tutto l’amore che le era scoppiato nel cuore e da lì in ogni angolo del corpo e della mente, spazzando via ogni dubbio amaro, ogni errore. Natsu appoggiò la testa allo schienale del divano e Lucy si accoccolò a lui, stringendosi al suo corpo lasciandosi stare ancora un po’ dentro di lei.
“Non farlo mai più, comunque.” la ammonì ad occhi chiusi mentre si godeva i postumi dell’orgasmo.
“Mai più.” gli promise prima di baciarlo amorevolmente sulle labbra. La scena tra Juvia ed i suoi genitori è stata, dolceamara, alla fine i suoi genitori si sono accorti che i sentimenti di Gray sono autentici, sembra che il papà di Juvia abbia finalmente accettato la "sua crescita" come donna, poi come ridere delle peripezie di Gerard ed Erza, sono due amori, lei al' inizio era tutta algida e dura, ed invece adesso è diventata una donna dolce, forse cambiare lavoro è stata la sua manna dal cielo, visto che anche lei ha trovato finalmente l'amore, sono super curiosa di scoprire che cosa ci riservate per l'ultimo capitolo. UN bacione grandissimo ciao *___________________________________________* |