Recensioni per
Prigionieri
di DorotheaBrooke

Questa storia ha ottenuto 3 recensioni.
Positive : 3
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
27/07/20, ore 15:49
Cap. 1:

Recensione premio per il contest "Elements": 1/3

Questa storia mi è piaciuta davvero moltissimo. È intensa, potente, evocativa e davvero coinvolgente.
Innanzitutto, ho davvero adorato il modo in cui hai deciso di impostare la storia, alternando i punti di vista di Albus e Gellert legandoli indissolubilmente, grazie alla ripresa dei pensieri di uno all'inizio del POV dell'altro, a indicare e sottolineare come i due siano legali a doppio filo, indissolubilmente e sempre, pur se fisicamente lontani. Hai creato un'altalena di pensieri che è un intreccio delle sensazioni dell'uno e dell'altro, dei loro tormenti, del loro cercarsi in continuazione, avvicinarsi, pensarsi e toccarsi pur senza toccarsi davvero.
Ho molto apprezzato questo intersecarsi dei pensieri dei due personaggi, perché ha reso la narrazione completa, dal momento che ci mostri Gellert attraverso gli occhi di Albus e viceversa: questo, ci permette una visione più oggettiva delle cose, quella che sui libri viene disvelata man a mano e che ad Harry diviene chiara solo alla fine: Albus non è l'eroe che si crede all'inizio della saga, non è l'uomo senza macchia e senza paura, senza colpe e senza demoni. Lui è un uomo imperfetto, con le mani sporche e macchiate, con l'animo corroso e distrutto da colpe. In un certo senso, è una persona che sa anche farsi detestare e disprezzare per le sue scelte, per alcuni suoi agiti e comportamenti. E Gellert, tuttavia, non ha mai smesso di pensarlo, di cercarlo, di sperare in una sua visita pur vivendo nella disillusione che Albus non verrà mai, perché anche lui si è rinchiuso in una prigione, seppur dorata rispetto a quella in cui si trova Gellert.
Entrambi sono prigionieri, e non solo di un luogo fisico, ma anche e soprattutto delle loro menti, delle loro colpe e di quella redenzione che cercano disperatamente, seppellendo ciò che sono stati sotto al silenzio. Hai svolto un'analisi introspettiva davvero ben fatta e coinvolgente, che ha centrato l'essenza dei personaggi, portandoli alla luce e sottolineando il loro tormento interiore senza snaturarli. Hai reso tutto fluido, naturale, realistico e hai descritto dei personaggi a tutto tondo, ben caratterizzati e capaci di colpire il lettore con la loro interconnessione che persiste nonostante tutto, nonostante ciò che è successo e che li ah portati a dividersi senza mai dividersi veramente. Analizzi l'uno attraverso gli occhi dell'altro e fai passare lo scoramento, la rassegnata disperazione e il dolore.
Il loro è un circolo vizioso di disperazione, incapace di spezzarsi, di trovare una conclusione, di fermarsi. La loro vita è tormento, espiazione e ricerca, anelito. Amore silenzioso. Hai creato davvero una storia ottima, di qualità e che ho letteralmente divorato, amandola in ogni suo aspetto, dallo stile, all'introspezione, alla caratterizzazione dei personaggi, al dramma che permea ogni riga e ogni pensiero, colpendo il lettore dritto al cuore e coinvolgendolo in prima persona nel tormento dei protagonisti. Complimenti!
(Recensione modificata il 27/07/2020 - 03:50 pm)

Recensore Master
21/02/20, ore 11:34
Cap. 1:

Sesta classificata al contest "L'enigma dell'Uroboro"


Stile: 7.5/10
Lo stile non mi è dispiaciuto, ci sono delle scelte che trovo molto interessanti, altre che mi hanno convinta di meno. In linea generale penso che gli servisse quel graffio in più, soprattutto in relazione ai personaggi scelti. Partirò dagli aspetti che non mi sono piaciuti.“I ricordi sono demonietti maliziosi che si trastullano con la sua sofferenza” è la frase che mi è piaciuta di meno di tutta la OS. A proposito di scelte lessicali in questo caso avrei preferito qualcosa di diverso, perché “demonietti” e “trastullano” spogliano il testo di tutto il suo dramma, conferendogli un tono giocoso che stona con l’atmosfera generale. In questo caso trovo più appropriati un semplice “demoni” e “si compiacciono della sua sofferenza”, giusto per fare un esempio. Non mi ha entusiasmata nemmeno l’inversione soggetto-verbo (“Lo ripeteva ossessivamente Albus”) che compare più volte nel testo, stesso discorso per quella sostantivo-aggettivo (“Spettrali i raggi della luna calano[...]”). Per gusto personale apprezzo questo tipo d’impostazione solo in casi rari, ad esempio in un contesto poetico o comunque in storie con un registro aulico-solenne che si mantiene per tutta la narrazione. L’aspetto che mi ha convinta meno di tutti è l’omissione del verbo a inizio frase. “Una volta rideva, ma non del riso di adesso. Una maschera scherzosa indossata accortamente per rasserenare gli animi innocenti e inconsapevoli dei suoi allievi.”Sempre per gusto personale non vado matta per questa scelta stilistica, credo renda meno fluida la lettura e che, se usata di frequente — come in questo caso — spogli il testo della sua naturalezza, rendendolo troppo impostato. In alcuni casi manca proprio l’incisività. Per esempio “Che me ne faccio dell’amore se non posso darlo a te?” la trovo una chiusa d’effetto dal punto di vista concettuale, debole per resa stilistica: “Che me ne faccio” è più indicato per un registro basso, non ha quel graffio capace di rappresentare tutta la disperazione condensata in questo pensiero, inoltre non lo trovo un modo d’esprimersi minimamente adatto per Gellert Grindelwald. Un aspetto che invece ho amato molto è la coesione interna del testo. È suddiviso in paragrafi in cui il punto di vista si alterna di continuo, eppure ogni volta che si passa da Albus a Gellert — o viceversa — c’è sempre una ripresa dei concetti espressi in precedenza (“Una volta qualcuno camminava al suo fianco e rideva” → fine paragrafo di Albus; “Una volta rideva, ma non del riso di adesso” → inizio paragrafo di Gellert). Rende l’idea di due persone indissolubilmente e perennemente unite anche nel pensiero, malgrado la distanza fisica (per questo penso tu abbia fatto bene a mantenere tutta l’impaginazione a sinistra). In particolare ho preferito il climax che si crea con “Dove sei?” e “Chi di noi è stato?”; sei riuscita a ripetere entrambe le domande quattro volte senza rendere la lettura disturbante — non è da poco! —, anzi: assieme alle parole hai saputo far rimbombare l’eco dell’angoscia di Albus e Gellert nella mente di chi legge. Davvero d’effetto!“Il suo sguardo era un cielo straziato” è una metafora che mi è piaciuta da matti, una di quelle che graffiano davvero l’immaginazione e fanno salire il pathos alle stelle — è questo il graffio che secondo me serve e che avrei voluto trovare di più nel testo. Un altro aspetto che mi è piaciuto è il ritmo altalenante del testo, a tratti lento e quasi meccanico, in altri punti più rapido e scattante. Mi hai permesso di immedesimarmi nella mente di chi vede i propri pensieri esplodere uno dopo l’altro nella testa, incontenibili, senza ordine e spietatamente dolorosi — una scelta perfetta per Albus e Gellert che, se fosse stata affiancata da un maggior repertorio di immagini incisive, avrebbe conferito alla OS un fascino notevole. In sintesi credo servissero immagini più graffianti, ma ho comunque apprezzato il risultato complessivo. 



Titolo: 3.5/5
“Prigionieri” è un titolo essenziale, molto generico. Non brilla per originalità, ma secondo me in questo caso funziona piuttosto bene senza il bisogno di un’ulteriore aggiunta, perché è costituito da un sostantivo dotato di grande forza espressiva. Pertinente è pertinente, visto che la tua OS è un flusso introspettivo in cui viene posto al centro il sentirsi prigioniero, sia per Albus che per Gellert, del passato, dei ricordi e dei rimpianti. Non mi ha fatto dire “wow”, ma mi è piaciuto!



IC e caratterizzazione personaggi: 15/15
Ho incluso “caratterizzazione” perché di Gellert non sappiamo molto. Non è facile gestire i personaggi che hai scelto. In linea generale Gellert mi è sembrato verosimile, Albus riconoscibile. Parlarne insieme mi sembra una scelta obbligata, visto che l’uno ci viene mostrato attraverso gli occhi dell’altro per tutta la OS. Hai dato voce ai demoni di entrambi in maniera realistica, mettendone in luce tormenti e rimpianti. L’Albus e il Gellert di cui ci parli sono sfioriti nella vecchiaia e disillusi come non mai. Significativo è il fatto che entrambi misurino — l’uno il proprio studio, l’altro la propria cella — “a passi stanchi e lenti”. “Solo conoscendo te, ho conosciuto me stesso” (qui la virgola diventa essenziale) è il pensiero che mi ha colpita di più, non solo lo trovo rappresentativo, ma anche molto IC. Se osserviamo Albus attraverso gli occhi dell’Harry bambino vediamo un difensore assoluto della giustizia, un uomo di una saggezza senza pari, incapace di sbagliare, imperturbabile, invincibile. Albus sembra una roccia incrollabile, un essere senza colpe e senza macchie, ma mano a mano che la saga prosegue scopriamo di più — vediamo le ombre, le imperfezioni, le paure e gli sbagli, perché Albus è anche un personaggio pieno di fragilità e contrasti. Gellert ha avuto un ruolo determinante nella sua vita e io sono convinta che, per quanto questi due personaggi possano sembrare diversi per temperamento, hanno in realtà molto in comune a livello interiore (e qui parlerei per ore!). L’idea di Albus che ha imparato a conoscere se stesso osservando Gellert la trovo perfetta, complimenti! Hai inserito tue interpretazioni personali dei fatti che trovo davvero convincenti. Il Gellert che ci mostri, ad esempio, si è abbandonato alla prigionia per sua scelta. “Se non fosse per gli incantesimi che egli stesso ha imposto sulla prigione, con la sua furia potrebbe sbriciolare le mura come granelli di sabbia” è un’ammissione che non reputo affatto lontana dal canon, espressione di quell’espiazione che l’ho sempre immaginato cercare in età avanzata, mi è piaciuta tanto! Non posso non citare anche “I vecchi amano la compagnia dei bambini perché essi non ne immaginano le colpe”: un tentativo di Gellert di spiegare come mai Albus ha scelto di fare il Preside di Hogwarts, un pensiero carico di allusioni e sottintesi dietro il quale vedo tanta verità. Per tutta la storia sia Albus che Gellert non fanno che cercarsi e biasimare l’uno l’altro e poi se stessi. Sono prigionieri dei ricordi, la mente sempre rivolta a quel lontano passato che li ha segnati indelebilmente. Li ho rivisti in tutto questo. P.S. Su di loro ho un head-canon in cui non esiste il fatto che si chiamino “amico”, ma dato che si tratta di una mia visione personale non ho abbassato il punteggio. 



Sviluppo del tema: 4/5
“Albus vaga nello studio come se fosse su una giostra che rigira su stessa senza mai giungere da nessuna parte. La sua vita ha smesso di procedere in linea retta [...]” la dice lunga sulla trattazione della tematica, che è senz’altro presente per tutta la OS e ben centrata. C’è un però. Legare Albus e Gellert al simbolo dell’Uroboro è una scelta “facile”, nel senso che questi personaggi si prestano bene per parlare di prigionia (quando ho indetto il contest per HP ho subito pensato proprio a loro e a Sirius Black). Per questo motivo mi sarei aspettata qualcosa in più al posto del solito scenario. Mi è mancato l’effetto sorpresa, un valore aggiunto. 



Gradimento personale: 6.5/10
La storia è carina. Purtroppo però molto di quello che ho letto mi sa di già visto — a livello di trama, proprio — e in parte mi ha annoiata. Ne ho lette tante di storie di questo tipo basate su Albus e Gellert che si pensano a vicenda. Penso che più che concentrarti sul far rivivere ai personaggi il “cosa” avresti fatto meglio a concentrati sul “come” hanno vissuto certi momenti che nomini — incidente della morte di Ariana, duello, separazione, ecc… per dare un taglio inedito e più personale alla tua OS. Molto bello invece lo spunto di partenza, l’uso della citazione iniziale della Rowling è un ottimo mezzo per suggerire implicitamente il contesto in cui ci troviamo, inoltre è un’anticipazione perfetta per la storia!



Totale: 36.5/45
 

Recensore Master
03/10/19, ore 18:00
Cap. 1:

Ciao ^^
Beh, che dire.
Sono arrivata alla fine con il cuore in mano, davvero.
La storia è scritta per suscitare emozioni forti, senza ombra di dubbio, e io non posso far altro che complimentarmi con te per il modo in cui hai gestito entrambi i punti di vista, perfettamente bilanciati dall’inizio alla fine. Il tema del contest – l’Uroboro e l’eterno ritorno dell’uguale di nicciana memoria – è direi adattissimo per questi due personaggi e per descrivere il loro rapporto, fatto di rimpianto, rimorso, tormento continuo e inevitabile ritorno l’uno verso l’altro, anche se solo con la mente, mentre sono distanti, divisi da barriere non solo fisiche – le mura di una cella, i confini di una scuola. Prigionieri di un pensiero fisso, di un dolore senza fine. Sei riuscita a condensare i tratti salienti della loro storia, dai discorsi esaltati per il Bene Superiore allo strazio per la morte di Ariana, della quale entrambi si sentono colpevoli – alla fine è indifferente sapere chi dei due abbia scagliato l’incantesimo mortale, il sangue macchia le mani di entrambi.
Solo conoscendo te, ho conosciuto me stesso: qui mi levo virtualmente il cappello, perché è esattamente il punto su cui mi arrovello da ormai quasi un anno. Albus e Gellert sono più simili di quanto si possa pensare, sono uno il riflesso perfetto dell’altro (lo Specchio delle Brame, per quanto peculiare, sempre specchio rimane e nella scena di AF che vede Silente protagonista la metafora è evidente). Ma il legame che li unisce è troppo egoista, troppo proiettato su se stesso per poter sopravvivere al mondo, eppure il loro amore è, in un certo senso, l’unica certezza che rimane ad entrambi, dopo che tutto il resto è svanito nel nulla.
La chiusa è sublime, una stilettata dritta al cuore, terribile ma necessaria.
Mi hai fatta emozionare, e per questo ti ringrazio tantissimo <3
Alla prossima,

padme
(Recensione modificata il 03/10/2019 - 06:07 pm)



Perdonami se vedi più di una modifica alla recensione, ma ho commentato in preda all'euforia e mi sono scappati giusto un paio di refusi ^^'
(Recensione modificata il 03/10/2019 - 06:12 pm)