Recensioni per
Il soldato che sapeva piangere
di Dark Sider

Questa storia ha ottenuto 11 recensioni.
Positive : 11
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
07/02/21, ore 21:37

Ciao cara! Eccomi finalmente per lo scambio. Stavo per passare da Nel nome del padre, ma poi ho visto questa storia e non ho potuto fare a meno di aprirla e leggerla.
Partirei dal titolo e dall’introduzione, il primo azzeccatissimo poiché spiega esattamente cosa ci sarà nella OS, accompagnato dunque da una direi succulenta intro che in poche righe fa capire la cruda e nuda violenza del periodo che tratti poi nella storia, è sicuramente un “campanello d’allarme” per il lettore, ci dice attenzione, si tratta di un tema delicato. Hans è un personaggio simil fittizio (da quello che ho capito è ispirato ad un vero soldato ma lui personalmente non esiste davvero), ma i suoi sentimenti e soprattutto il suo essere un cieco aguzzino di un mostro è fin troppo reale, ciò che mi ha dato i brividi è che sono cose che essendo successe davvero, fanno paura e fanno male. La sola piccola scintilla di salute mentale che lo ha accesso lo ha poi portato al suicidio, forse consapevole al massimo del proprio gesto, ma non capace di ribellarsi e di fare qualcosa per almeno provare a frenare la grande tragedia. Che dirti, quando ho voluto proporti lo scambio sapevo con quale testa andavo ad imbattermi, ma un grande chapeau ad una grandissima scrittrice qui ci sta tutto. Sono davvero onorata di aver potuto scambiare con te e spero che si potrà rifare. In ogni caso io continuerò a leggere il tuo capolavoro, e a godermi la tua scrittura. Un abbraccio e un grandissimo incoraggiamento da parte mia!! Alla prossima.
Caaatkhad

Recensore Veterano
07/10/20, ore 23:39

[Recensione premio per il contest "This is Halloween" - 2/3]
Ciao di nuovo!
Eccomi per la seconda recensione, stavolta in un ambiente a me più congeniale rispetto agli horror eppure pur sempre ad esso affine.
Ho apprezzato la tua scelta di ritrarre uno spaccato di vita di qualcuno che probabilmente siamo portati a disprezzare a pelle: un ufficiale delle SS al servizio ad Auschwitz.
Non vorrei essere frainteso: sinceramente non riesco a capacitarmi di come delle persone normali abbiano potuto scegliere questo stile di vita, abbracciando queste mostruose teorie politiche che si basano e hanno come fine ultimo l'annichilimento e la distruzione di intere categorie di persone, trattate come subumani da eliminare e basta.
Ma come ci ricorda la Arendt nel suo lucidissimo saggio, il male è davvero banale e si può annidare nel cuore delle persone più normali, e condurle a commettere atrocità inimmaginabili.
Il personaggio di Hans ne è l'esempio perfetto: all'inizio anche lui soffriva per questo lavoro, fino a stare male fisicamente davanti a ciò che stava compiendo; ha però poi scelto forse la strada "più facile", ovvero quella di negare tutto, rifiutare di riconoscere alle sue vittime la qualifica di esseri umani, e riuscire in tal modo a continuare la sua vita come se niente fosse. Privando anche sè stesso dell'umanità che non riconosceva nelle persone che mandava al macello.
Eppure, tu hai descritto una breccia in questa corazza autoconservativa: proprio una di queste vittime innocenti riesce a demolire il carnefice, a ricordargli che non può soffocare la sua umanità nè rinnegare la loro per sempre. La bambina riesce a riportarci alla mente, così come ad Hans, che cos'è che davvero sta succedendo, l'orrore infernale che stiamo osservando. Come una coscienza che arriva a battere di nuovo alle nostre porte, ci risveglia e in qualche modo ci libera dalla gabbia che abbiamo costruito intorno per proteggerci.
Questa bambina ci permette, in qualche modo, di empatizzare per Hans: perché alla fine, è inevitabile, la soluzione davanti a tutto ciò è una sola. Hans non può più vivere con la consapevolezza di ciò che ha visto e fatto. Si è di nuovo fatto uomo comune, ha smesso i panni del soldato, e non ha più retto davanti alla scelta impossibile fra la difesa dei suoi valori malati e l'orrore indicibile a cui portavano.
Ti ringrazio per questa storia, che mi ha fatto riflettere ancora una volta su questo tema del male e di come sia stato possibile un abominio tale come l'Olocausto.
Hai scritto una storia rispettosa di ciò che è stato, e perfettamente ben scritta. Le note conclusive sono puntuali e precise e aiutano eventuali persone non così esperte dell'argomento a comprendere il tutto.
Mi sento di farti un'unica nota: poichè la storia è tutta concentrata sul punto di vista del personaggio di Hans, avrei probabilmente utilizzato il nome tedesco del campo di concentramento di Terezin. Non ce lo vedo difatti un ufficiale nazista utilizzare un nome ceco al posto del più germanico nome di Theresienstadt, e credo che questo piccolo accorgimento avrebbe evitato di farmi percepire la rottura della finzione letteraria che invece ho sentito leggendo il nome ceco in bocca a un nazista.
Per il resto, tutto assolutamente perfetto. Complimenti!

Recensore Master
12/08/20, ore 23:13

Ciao :-)
Era da un po' che desideravo leggere questa storia, sia perché ho partecipato allo stesso contest sia perché apprezzo molto i racconti storici (specialmente quello ambientati in età contemporanea).
La storia nella sua brevità è molto intensa e commovente; inoltre credo che l'idea sia anche originale: il protagonista è un soldato tedesco che piange consapevole del destino di quei bambini.
La tematica che tocchi in questo racconto è molto interessante ed è stata a lungo dibattuta: perché i soldati tedeschi non si ribellavano? Perché compivano simili azioni? Basti pensare alla Banalità del male dell'Arendt. Eppure non credo sia per nulla semplice comprendere la macchina messa in moto da Hitler. Hans credo rappresenti una risposta a questi interrogativi: anche loro avevano un cuore e una famiglia, ma, a volte, agivano per inerzia, come se i prigionieri fossero senza volto e senza dignità. Naturalmente ogni uomo ha un carattere diverso e un modo differente di affrontare il mondo. Mi ha colpito molto la consapevolezza di Hans di non poter nemmeno essere umano.
Non so perché, ma quando ha lasciato andare quella bimba, ho sentito che non ce l'avrebbe fatta, che si sarebbe suicidato. E così è stato. Pensandoci sarebbe interessante fare una ricerca su quello che effettivamente provassero i soldati tedeschi e su quanti si siano suicidati (probabilmente ci sono dei saggi, ma non li conosco).
Il titolo mi sembra molto adeguato.
Complimenti ;-)
A presto,
Carme93

Recensore Veterano
01/03/20, ore 17:44

Valutazione per il contest "Il mio Babbo Natale segreto"
Quarto posto a parimerito
DarkSider: Il soldato che sapeva piangere
Grammatica&stile: 19/20
"Guardava come da attraverso un vetro opaco" In questo caso, si usa o "da" od "attraverso", non tutti e due. -0,5
La storia inizia in maniera piuttosto poetica. Non è una cosa che si fa così evidente più avanti, per assumere un tono più crudo, ma vi sono comunque rimandi ed è una cosa che ho trovato molto ben fatta: da un'incipit irreale, fantastico, ci ritroviamo catapultati in una realtà ben diversa, in cui le nostre impressioni iniziali sono distrutte, e ci mettiamo un po' a riorganizzarci.
E ciò avviene nella parte introspettiva, che ho trovato molto ben fatta. A parte qualche frase secondo me un po' troppo lunga, e un uso secondo me esagerato di punti e virgola (questo in tutta la storia. E sì, per alcuni hanno lo stesso valore dei due punti, ma a parer mio sono una cosa leggermente diversa, che va usata con più moderazione di qua), riesce a farci inserire perfettamente nella mente del personaggio, senza ricorrere a forzature o lunghe esposizioni, più pedagogiche che altro, e senza rinunciare, ogni tanto, a qualche parola elevata che ben s'incastra con l'ambientazione. Nonostante il tempo della tua storia sia il passato remoto, il tempo che descrive si presenta qui e ora, di fronte ai nostri occhi, in immagini forse cristallizzate ma con un'attenzione alla psicologia, ai movimenti dei personaggi e ai loro pensieri che le rende vive. Questo, forse, è aiutato dal lessico che considero in "presa diretta": frasi secche, che dicono molto in poche parole e che vanno quindi subito al punto, e frasi più lunghe che sono usate per approfondire, spiegare, più poetiche. Il tutto mi è apparso ben modulato e mediato, senza che una parte si sovrapponesse all'altra. Ma la parte in cui crudezza e fantastico s'incontrano/scontrano di più è quello in cui Hans vede la bambina, anche qui fatto magistralmente (escluso il mio problema col punto e virgola di prima). La frase finale racchiude il tutto: crudezza nella semplicità, realtà che trionfa su qualsiasi speranza fantastica potrebbe ancora rimanere.
Trama&Personaggi: 8/8
Ciao Dark Sider! Prima di tutto devo ringraziarti per il grandissimo lavoro che hai fatto: hai scritto di un genere a te poco familiare pur di accontentare i miei gusti, e solo per questo il regalo è stato graditissimo! La qualità, poi, è stata quella che mi aspettavo, altissima, e non avrei potuto essere più soddisfatto. Ma andiamo con ordine.
Il contesto storico da te scelto è al tempo stesso il più facile e il più difficile: al giorno d’oggi, anche se non se ne parla mai abbastanza se non il 27 gennaio, la tragedia della Shoah e in generale dei campi di concentramento nazisti è conosciuta a tutti, e proprio per questo le storie si assomigliano un po’ tutte, perché in pochi approfondiscono e in molti si fermano alle nozioni di base per scrivere una vicenda d’amore piena di trascuratezze storiche.
Tu non sei caduta affatto in questo errore, ma hai caratterizzato Hans in modo coerente con l’ambientazione. Sebbene oggi certe idee siano viste come sbagliate, all’epoca non era così, e tu hai mantenuto il tuo protagonista fedele al suo ruolo e agli ideali in cui aveva creduto per anni, senza cadere in riflessioni anacronistiche: il fatto che vacilli di fronte alla morte di tutti quei bambini non è una contraddizione, è solamente un’evoluzione che il tuo personaggio compie gradualmente nel corso della storia. Mi è piaciuta molto la tua scelta di rendere il tutto molto graduale, e quindi realistico: la trama è chiara fin da subito, ma non si ha un’idea precisa di come possa finire, e questo convince il lettore a proseguire.
Ciò che cambia la consapevolezza del protagonista definitivamente è la vista di quella bambina sola e spaventata che si dirige verso la morte, e anche qui hai avuto un’idea a mio parere molto valida: il protagonista vede infatti, oltre al terrore, anche la somiglianza della bambina ebrea con la propria figlia, e pensa quindi a cosa potrebbe accadere se fosse una persona a cui tiene ad essere destinata alla morte senza nessuna colpa. Sembra un ragionamento un po’ egoista (finché non ha avuto paura anche per sé e per la sua famiglia non ha fatto nulla, sebbene sia stato male), ma il nostro istinto e la nostra mente funzionano proprio così…
Infine, anche il finale seppur tragico è stato corretto: Hans non avrebbe mai potuto tradire i suoi ideali, e di fronte alla vista degli orrori che essi hanno provocato il suicidio è stata l’unica scelta possibile.
Concludendo, ho trovato lo sviluppo del personaggio completo e coerente a se stesso e la trama semplice ma lineare e accompagnata da un’ottima introspezione: senza dubbio, non posso che assegnarti il punteggio pieno!

Gradimento personale: 11,5/12
L’hai detto tu stessa, il periodo storico da te scelto come ambientazione della vicenda non mi interessa particolarmente, ma di fronte alla grande qualità della storia che hai consegnato, a mio parere, questa scelta passa davvero in secondo piano. Anche se non devo essere io a giudicarlo ho amato il tuo stile, intenso dall’inizio alla fine senza mai perdersi, e come già detto in precedenza ho trovato la caratterizzazione realistica e affatto banale. Il titolo, poi, è un capolavoro: sembra tratto da un romanzo classico. C’è solo un motivo per cui non ti assegno il punteggio massimo, che è una mia valutazione soggettiva che mi ha leggermente infastidito all’inizio della lettura (molto probabilmente è una cosa inesistente che vedo solo io, ma tant’è): hai iniziato la narrazione parlando del clima, un espediente molto utile se ben utilizzato come hai fatto tu, ma già nel secondo capoverso hai citato i convogli provenienti dai ghetti dell’est… ecco, considerando che più avanti nella storia riprendi (marginalmente) alcune descrizioni ambientali, a mio parere hai fatto iniziare la vicenda vera e propria “un po’ troppo in fretta”, prima che il me lettore si fosse già immerso completamente nella vicenda.
A parte ciò, non posso che farti i miei più sinceri complimenti, sei un’autrice bravissima e continuerò sicuramente a leggere le tue storie. Grazie di cuore per il bellissimo regalo ❤
mystery_koopa
Totale: 38,5/40

Recensore Master
28/02/20, ore 15:35

Carissima, finalmente passo anch'io a (ri)leggerti: questa volta mi sono presa la liberta' di passare su questa storia, che avevo adocchiato da un po' e che desideravo davvero leggere, vista la tematica che mi restera' sempre nel cuore.
Spero non sia un problema per te! ^^'
Ora che ho letto, pero', devo dire che proprio non so da dove iniziare, ammesso che sia possibile commentare questa tragedia umana ancora troppo recente in maniera sensata, senza scadere nel banale, perche' forse e' tutto piu' grande di noi per poter essere davvero compreso appieno.
Noi, in fondo, siamo un po' come la figlia di Hans Naumann, relativamente al sicuro nelle nostre case, nonostante non viviamo piu' in un periodo di guerra.
Sono stata ad Auschwitz l'anno scorso e non credo ancora di essere in grado di descriverlo; potrei dire che tutto cio' che e' rimasto e' un campo vuoto, se volessi raccontare cio' che appare agli occhi di chi non conosce la Storia.
Ma, a chi la conosce, non apparira' mai come tale: non e' possibile entrarci e non soffrire, non vedere, non sentire quello che a noi e' stato fortunatamente precluso.
Scusa quest'ampia parentesi che mi sono permessa di aprire, che probabilmente non ha neanche senso ed e' totalmente ridicola di fronte a cio' che e' accaduto realmente a milioni di persone; volevo solo porre le basi per quello che sto per scrivere.
Il fatto che i protagonisti di questa storia siano i bambini (visti dagli occhi di Hans) e' qualcosa che spezza il cuore in mille pezzi, perche' i bambini in particolare non dovrebbero mai essere esposti ad alcun genere di tortura, figuriamoci qualcosa di questo calibro.
In secondo luogo, ricordo bene dove sono stata e questo mi ha trafitto il cuore ancora di piu', rendendo la storia di quest'uomo piu' reale di quanto sia.
Dietro questa storia, come dietro il campo di Auschwitz, c'e' molto di piu' di quello che appare, che forse e' addirittura qualcosa di inimmaginabile per noi: ricordo che, prima di partire per la Polonia, ho dovuto seguire un seminario obbligatorio in cui ci hanno ordinato di metterci in fila, spiegandoci lo scenario dell'epoca.
Io ero un uomo che non aveva lavoro, aveva una famiglia da mantenere e, senza immaginarne le conseguenze, si era arruolato per combattere per Hitler. Lo scenario successivo implicava la scelta di abbandonare un campo di prigionia perche' in disaccordo con cio' che succedeva, perdendo di conseguenza il lavoro, oppure restare, per se stessi e i propri cari.
Chi preferiva abbandonare le proprie mansioni doveva solamente fare un passo avanti, e io stetti ferma, perche' avevo paura ci sarebbero state ripercussioni per un tale gesto. Il mio soldato aveva scoperto di avere paura di chi inizialmente idolatrava.
E non immagini quanto questo mi abbia fatto sentire in colpa, nonostante non mi sia realmente trovata davanti a una tale scelta, fortunatamente, nella mia vita.
Sto farneticando, lo so, ma questo e' esattamente come quest'uomo appare ai miei occhi, e sei riuscita a renderlo non bene, di piu'.
La delicatezza caratteristica del tuo stile si adatta perfettamente a tali temi, che non saranno mai troppo trattati in letteratura al punto di tediare i lettori.
Leggere questa storia e' stato come un pugno in faccia, ma un pugno meritato, un gesto che tutti dovremmo ricevere, per quanto brutale.
E io ti ringrazio per avermi regalato tutto cio'. Hans mi e' entrato nel cuore e dubito ne uscira' mai, come tutti gli innocenti che sono morti per qualcosa di assolutamente inutile e assurdo.
Non so come hai fatto a scrivere qualcosa del genere, con una tale vividezza, crudezza, fedelta' storica.
Questa e' sicuramente la storia piu' bella scritta da te che io abbia letto, oltre che una delle piu' belle in assoluto. E tutto cio' conferma quello che gia' credevo, ossia che potresti davvero scrivere qualsiasi cosa in modo esemplare.
Scusa se sono andata fuori tema e se mi sono permessa di passare di qui e non proseguire la long, che sicuramente riprendero' in ogni caso, ma ora piu' di prima, lo trovo doveroso.
Grazie, davvero.

Recensore Master
17/02/20, ore 16:59

Recensione premio per il contest “Specchi, ombre e presagi: il doppelgänger II Edizione”, indetto sul forum di Efp – giudice Shilyss.

Cara Dark Sider,
Leggere storie ambientate nella seconda guerra mondiale è sempre un rischio su un sito di scrittura amatoriale e gli effetti del Secondo Conflitto ci toccano ancora troppo da vicino per leggerle storie come questa con la spensieratezza e l’indulgenza che toccherebbero ad altri conflitti o tragedie dell’umanità. Eppure, con te sapevo che sarei andata sul sicuro, che avrei letto qualcosa di gradevole. Al termine della guerra ci si chiese, per esempio, come fu possibile che nella Germania degli Anni Trenta, che aveva prodotto Weimar e dato vita a una serie di pensatori di rilevanza mondiale, potesse svilupparsi una dittatura come quella nazista. Come fu possibile che persone come l’immaginario Hans abbiano potuto lavorare alacremente consapevoli di mandare a morte gente innocente. A rispondere è stata la filosofa Hannah Arendt, Goldhagen e una serie di altri studiosi su cui aprire una parentesi qui e ora sarebbe riduttivo. La figura della bambina che spicca l’ho voluta intendere come un omaggio a quello che è il film meglio riuscito sulla Shoah, ovvero Schindler’s list nella sua iconica scena della bimba col cappotto rosso. Hans è un personaggio ben gestito e irreggimentato.

Ciò che gli viene detto di fare è giusto, non lo riguarda, è lavoro, un ordine cui obbedire. Di fronte alla somiglianza tra la piccola sconosciuta e la figlia però, qualcosa in Hans si incrina. La bambina smette di essere un numero o un compito e torna improvvisamente a essere un’umana e in questo riconoscimento sta il dramma di Hans, che esplode in un pianto che in quarantotto ore lo porterà alla scelta di uccidersi. In una shot di lunghezza media hai cristallizzato un momento essenziale, indagando un personaggio la cui corazza di certezze viene sconvolta da un’unica visione che tenta di fuggire. A questo proposito, la tua shot si pone sulla falsariga anche di opere cinematografiche come JoJo Rabbit, che tutto è fuorché un film comico, inserendosi anzi in un filone che definirei “commedia amara.” La tua shot è amara e introspettiva nel giusto modo, ma di un amaro dolce, rispettoso, che sa di neve e gelo, che sa di una casa lontana e che parla del dramma dell’Uomo che rimane solo con la sua Coscienza quando le idee, la retorica, la politica gli cadono attorno come un castello di carte. Ho apprezzato anche che tu abbia scelto non il 45, per ambientare la vicenda, ma il difficile 42.

Ti faccio i miei più sentiti complimenti, le tue storie sono, come sempre, preziose, preziosissime.
Un caro saluto e a presto,
Shilyss

Recensore Master
25/01/20, ore 12:36

Ciao!

Credo sia la prima storia inerente la seconda guerra mondiale e in particolare l'Olocausto, tema sempre delicato per via di tutto ciò che l'accompagna.
Francamente e questa storia sembra dimostrarlo in pieno, non ho mai pensato che nella Wermacht ci fossero soltanto esseri privi di una qualsiasi anima o sensibilità e che anzi i casi come quelli di Hans in questa storia fossero molto più comuni di quello che si potesse pensare: si serviva perché si doveva farlo, non perché si provava gusto o piacere nel farlo. E si sa che i doveri imposti possono essere scalfiti non troppo difficilmente; la bambina bionda che al soldato ricorda sua figlia, rappresenta in un certo senso la sua umanità che Hans ha visto morire, bambino dopo bambino, all'interno del campo di sterminio. Ma ecco che ha un ultimo sussulto o rantolo che dir si voglia, è ancora un uomo dopotutto e il ricordarsene è veramente troppo. Non può far altro che togliersi la vita e farla finita.
In poche parole sei riuscita a toccare i tasti giusti per una breve storia emozionale e indimenticabile, complimenti. ;)
Un caro saluto e a presto
Will D.

Recensore Veterano
19/12/19, ore 21:38

Ciao Dark Sider,
Marika qui a scriverti!
Sto passando per le storie del mio babbo natale segreto perché mi diverte fare congetture su chi è capitato a chi.
Mamma mia che idea triste e raccapricciante che hai sviluppato! Hai corso un rischio, perché scegliendo di scrivere dal punto di vista di un nazista hai rischiato di fare l'opposto di quello che volevi. Invece di denunciare l'orrore potevi far sembrare di giustificare se non proprio il nazismo, questo nazista, ma tu sei stata molto brava a maneggiare la storia in maniera di non cadere in questa trappola. Mi hai spezzato il cuore, a presto!
MC/AC

Recensore Junior
16/12/19, ore 15:03

Ciao,
non trovo le parole giuste per descrivere questa piccola perla. Hai fatto un lavoro davvero eccezionale, i miei complimenti! In particolare, ho apprezzato il paragone tra la figlioletta a casa e la bimba, la cui vita sarà spezzata. Grazie per aver condiviso qui la tua storia! Storie come questa sono importanti per sensibilizzare le coscienze e portare avanti la Memoria.
Nadine

Recensore Master
14/12/19, ore 06:48

Buongiorno.
Una vera e propria macchina di morte, che funzionava grazie al supporto incondizionato dei devoti militari al regime; alla fine tutto sì, diventava una macabra, spietata e orribile routine.
Mi aspettavo quel sorriso, da parte della bambina. Sono sempre convinto che ci sia qualcosa che possa far scattare i sentimenti in noi, anche quando pare che li abbiamo seppelliti per sempre. Un sorriso innocente, per esempio.

Recensore Master
13/12/19, ore 18:37

Ciao, carissima. Come vorrei che questa meravigliosa storia fosse per me! Non so che altro dire: è di un'intensità, di una verità che colpisce e fa male. Perché ciò che questa vicenda insinua con potenza, è che non siamo alla presenza di mostri, ma di esseri umani in carne e ossa, che credono in qualcosa e di fronte a questo riescono a chiudere gli occhi del cuore a tutto il resto. Persino all'evidenza più assurda. Sono cose che, in piccolo, possono capitare a ciascuno di noi. Abituarsi talmente alla miseria dell'altro da riuscire a trovarla persino ridicola. Ripetersi che comunque ciò che ripugna alla coscienza è una necessità, in nome di un ideale più alto. Questo è sempre il pericolo degli ideali assoluti, quando incominciano a staccarsi dalla realtà e a seguirli si rischia per essere degli "eroi" disumani. Perché senza dubbio, questa gente nei campi era convinta di combattere una guerra contro un nemico invisibile, una guerra analoga a quella di chi in quel momento si trovava al fronte. E il nemico invisibile poteva essere un uomo sfiancato dalla febbre, dal freddo e dalla paura, un vecchio in carrozzella, addirittura un bambino.
Hai meravigliosamente delineato l'introspezione dei personaggi, creando una scena che non può lasciare indifferente il lettore, tanto meno lasciarlo in pace. La bambina del racconto ricorda la biondina col cappottino rosso de "La lista di Schindler", unita nota di colore e di vita in una scena raccapricciante e lunghissima, filmata in un bianco e nero che evoca i filmati dell'epoca ma anche il buio dell'anima. E come nel film questa bambina si stacca dalla massa indistinta che la circonda, e provoca un mutamento nel modo di vedere del protagonista, qui avanza come un monito fiducioso, in direzione di un uomo che si sente, alla stessa maniera, le mani legate. Un uomo che non riuscirà a sopravvivere alla disperazione, a ritagliarsi uno spazio per dare a se stesso una possibilità di riscatto. Le descrizioni sono vivide e intensamente realistiche ("...E dovevano essere stati belli, quei boccoli, dorati come i raggi del sole del mattino, come quelli delle principesse nelle favole; ora, invece, erano spenti dalla sporcizia e dagli stenti, e parevano paglia secca intrecciata in sudici nodi..."), colpiscono al cuore anche perché situazioni del genere continuano a ripetersi in ogni parte del mondo: ciò che colpisce qui, e che tutti sappiamo, è l'organizzazione razionalmente approntata in nome di un delirio, come se tutto questo fosse realmente necessario, assolutamente indispensabile.
Il fatto è che quando il mondo attorno a noi si rovescia, è difficile mantenere le coordinate del giusto. Ci si perde nella massa, per timore o per convinzione, perché se il mondo è così forse c'è una ragione.
Un racconto che fa molto pensare, anche perché rivela dei meccanismi molto attuali. Grazie per averlo scritto, davvero.