Mio caro Cavaliere, sorprendente sempre il vostro modo di narrare. Ogni volta che vi leggo ho come l’impressione che voi riusciate ad entrare nella mente e, soprattutto, nell’animo dei personaggi di cui raccontate le vicende, proprio come in questo capitolo particolare, dove voi dite che nulla accade, la trama ristagna un pochino, ma che invece dà un ampio sguardo a chi sono i personaggi.
Riuscite a passarli in rassegna disegnando per ognuno di loro una particolarità mettendola così in evidenza.
Il boia di Parigi Sanson, sempre vicino alla Morte, che lo guarda e attende, vorrebbe essere solo un uomo e considerato come tale. Lui fa il boia, ma lo fa per lavoro e non per diletto. Si è ritrovato questo mestiere fra le mani e “ama” farlo al meglio, non dando più sofferenze del dovuto ai malcapitati che finiscono sotto le sue mani, che vede sempre sporche di sangue, nonostante le lavi con accanimento.
Poi il poeta Goubemouche, affranto per le condizioni di salute della sorella, che vorrebbe poter trovare la soluzione e riavere una persona viva e vera nella sua casa, non il fantasma di ciò che ella era stata e che ora pareva posseduta, non tanto da una malattia, quanto dal demonio in persona. Si dà la colpa del fatto che anche la poverina abbia assaggiato il Maudit e abbia così peggiorato ulteriormente le sue già precarie condizioni di mente e corpo.
Il dottor Lassone, che è della partita, vuole essere il medico progressista che non approfitta del malato per propinargli assurde teorie e altrettante assurdità, come la guarigione a mezzo delle sanguisughe che porterebbero via gli umori malati. Lui guarda al futuro ed è certo che il suo agire potrà portare giovamento alla donna, non appena il demonio, che lui intravede nei suoi occhi ,sarà uscito dal suo corpo. Forse la troppa frequentazione con padre Etienne lo fa pensare in un tal modo, ma non si sente all’altezza ancora di affrontare nella maniera canonica il problema.
Fra Etienne è un prete nel vero senso della parola, uno che pensa agli altri prima ancora che a se stesso, che mette in pratica il verbo divino, con la condivisione, l’assistenza, la disponibilità, la fiducia, la fratellanza con i suoi simili. Bello l’episodio del “mariuolo”, espressione napoletana di un giovane ladro senza arte né parte, che esalta la figura del prete, il quale si erge come esempio di fronte alle due guardie che lo avevano quasi pregato di denunciare il povero ladro, rincarando la dose con la sua parte del racconto circa il calice rubato al quale mancava quello che era rimasto nella canonica, però poi parlando al ragazzo in modo schietto da uomo pratico e soprattutto molto terreno e per nulla ascetico.
E Foret, è sempre l’anima pura che vede solo il buono e il bello che la vita gli può offrire. Con la sua sensibilità e il suo affrontare le situazioni, si resta spiazzati da tanto candore, non studiato ma che viene dal profondo, pur senza saperlo.
Ora i ranghi alla Disperazione sono stati tutti riuniti e pronti ad ascoltare il resoconto che il poeta, insieme a Foret e Joss possono raccontare circa l’incontro con il comandante della guardia parigina, che ha promesso che sarebbe andata in fondo alla questione, poiché la mattanza, causa il vino Maudit, doveva finire e presto. Solo Goubemouche appare titubante e poco incline a credere che quella donna dal collo di cigno sarebbe giunta a scoprire l’arcano. Intenso il momento del suo dipinto sul muro della Disperazione dove, dalle sue mani sporche di carbone, appare, come una celestiale visione, Oscar in tutto il suo fulgore, con quella luce che sempre sembra circonfonderla, oltre che a tutte le sue altre caratteristiche fisiche, che dal dipinto paiono parlare a chiunque lì alla Disperazione la stia osservando.
Come vedete caro cavaliere, la trama apparentemente sembra ristagnare ma la rappresentazione dei singoli partecipanti alla riunione ci dona un quadro di inusitato interesse per tutto ciò che la vostra penna ha in serbo per ognuno di loro.
Non mi resta che attendervi al prossimo antefatto, mentre nel frattempo colgo l’occasione per porgere a Voi e ai lettori tutti un caro augurio per una Pasqua serena, sperando che ci traghetti presto fuori dall’incubo che stiamo vivendo.
Un saluto e un inchino dalla dama d’altri tempi. |