Recensioni per
E dei remi facemmo ali al folle volo III
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 6 recensioni.
Positive : 6
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
06/04/21, ore 21:24

La prima cosa che ti dico è che scrivi molto bene, ma non è solo quello, hai creato un mondo che mi piace assai.
E adesso vorrei saper tutto su la Disperazione - mi sembra un posto per gente in fondo a modo, basta stare attenti a ciò che si beve.

Sanson mi piace - fa bene quello che deve fare, che probabilmente non gli piace, ma questo passa il convento (o forse no, va a sapere, ad un certo punto ti ritrovi in un posto e sapere spiegare per benino come e perché non è mica facile). Beve birra, per stare sul sicuro, pure se non gli piace - un professionista.

La sorella di Gobemouche mi piacerebbe conoscerla meglio, da cosa è consumata? Solo da un desiderio? E ce l'ha un nome questo desiderio o è solo desiderio e basta?

Fra Etienne è bello, un po' prete di una volta, prete di paese, prete dei matti e degli uomini con la testa dura, cita Hugo prima di Hugo ci sia, e somiglia pure un poco a Don Camillo, che però somigliava, appunto, ai preti di paese - certo che però qui i vini hanno nomi proprio strani...

Gobemouche sorprende: poeta e pure pittore - pittore non del suo secolo - che brutta storia quella con Michel anche se, va bene, era un quadro, ce ne sarebbero stati altri.
Fa un po' effetto che Oscar sia ad un passo dalla Morte - ma in fondo, chi più chi meno, chi di noi non lo è?

Scrivi , scrivi, ti prego, mi piacciono queste storie :)

Recensore Veterano
05/04/21, ore 20:29

A volte penso che mi lascerei rinchiudere in una prigione dieci tese sotterra, dove non penetrasse un filo di luce, purché in cambio potessi scoprire di che cosa la luce è fatta. E il peggio è che, tutto quello che scopro, devo gridarlo intorno: come un amante, come un ubriaco, come un traditore. È un vizio maledetto, mi trascinerà alla rovina. Quanto potrò resistere a parlare solo coi muri?

Galileo Galilei a Fulgenzio,
Bertolt Brecht “Vita di Galileo”

Non so se sia vero che il peggio che possa capitare a un genio è di essere compreso ma il perdigiorno imbrattamuri qui finalmente fa quel che pensa per esprime quel che prova ed è subito successo, il gesto estetico arriva infatti in uno sfavillio di tonalità piene.
Esprime, imprimendolo accanto alla Morte sul muro della disperazione, tutto il sentire immaginativo vivo e alimentato nei sensi dal breve lampo d’incontro con la luce che tutto a confronto scolora ma che pure illumina: colpe, desideri e speranze.
Vi riesce per sottrazione e nella miseria di un nero di pece, regalando, a chi nella Disperazione entrasse, uno sguardo diverso su tutto.

Ti regalo qui in chiusura, parole - come sempre - non mie, sperando che al tuo bellissimo imbrattatele sia concesso di incontrarla ancora.
A presto Minaoscarandre.

Il desiderio di dipingere ~ Charles Baudelaire ~

Infelice forse l’uomo, ma felice l’artista che è dilaniato dal desiderio!
Io ardo dal desiderio di dipingere colei che mi è apparsa così raramente
e che così presto è fuggita come una cosa bella da rimpiangere
che nella notte il viaggiatore perde dietro di sè.
Quanto tempo è passato, ormai da quando è scomparsa!
È bella, e più che bella è sorprendente.
In lei abbonda il nero: e tutto ciò che ispira è notturno e profondo.
I suoi occhi sono due antri in cui lampeggia e vaga il mistero.
Il suo sguardo illumina come il lampo:
è una esplosione nelle tenebre.
Potrei paragonarla a un sole nero,
se si potesse concepire un astro buio che riversa la luce e felicità…
Ma ancora di più fa pensare alla luna,
che certo l’ha segnata con il suo temibile influsso.
Non la bianca luna degli idilli, che sembra una fredda sposa,
ma la luna sinistra e inebriante nel fondo di una notte,
tempestosa, sospinta dalle nuvole in corsa;
non la luna placida e discreta che visita il sonno dei puri,
ma la luna strappata dal cielo, vinta e ribelle,
che le Streghe della Tessaglia costringono senza pietà
a danzare sull’erba atterrita.
Nella sua piccola fronte abitano la volontà tenace e l’amore di preda.
E tuttavia, in fondo a questo viso inquietante,
splende con una grazia inesprimibile il riso di una grande bocca,
rossa e bianca, e deliziosa, che ci fa sognare il miracolo
di uno splendido fiore sbocciato in un terreno vulcanico.
Ci sono donne che ispirano la voglia di vincerle e di goderle.
Questa dà il desiderio di morire lentamente sotto il suo sguardo.

Recensore Junior
04/04/21, ore 18:17

Mio amatissimo Gral, 
Macrosequenza pregevolissima! Si passa dalla digressio meditativa del capitolo precedente all’agnizione del personaggio di Gobemouche.
Questo volo fra tutti è il più alto e ben riuscito, è un crescendo, un climax che conduce a un magnifico explicit di capitolo.
È vero che la trama non procede, che il tempo del discorso si amplia e che - a eccezione dello iato temporale, piccola  prolessi di metà volo - il tempo della storia si ferma quasi, ma tornano i personaggi nati liberi, i dialogoi continuano, l’introspezione approfondisce la conoscenza da parte del lettore del carattere dei personaggi e infine arriva anche il colpo di scena che rivela la prima grande verità su uno di essi. Gobemouche non è più soltanto il filosofo e poeta che era stato descritto ma anche un imbrattatele, artista completo che vede attraverso la realtà. 
È una combriccola di amici fidati che implicitamente ammette che il male è loro alieno.
Osservo la costruzione di questi personaggi e annoto che  sono in divenire, non sono tipo ma individuo. Nessuno ha una caratterizzazione fissa ma evolutiva, ancora una volta direi che sono assolutamente “liberi” da ogni cliché, la fantasia dello scrittore ne è padrona.
Caro il mio Gral, nel rinnovarti i miei più sentiti auguri in questa giornata di festa, ti ringrazio per la bella e gradita sorpresa.
Sempre solo tua di fuoco e fiamma,
F.

Recensore Veterano
03/04/21, ore 15:23

Allora, a volte un racconto è solo un racconto. A volte un racconto è uno sguardo sul mondo che mette a nudo l'animo umano mostrandone le debolezze e la forza, i pregi e i difetti, la luce e le ombre.
La paura serpeggia tra questi disperati. La paura dell'inspiegabile, di ciò che non si può controllare, di ciò che potrebbe accadere se solo uno di loro abbassasse la guardia.
Perché il tempo scorre inesorabile per chi sta combattendo contro le Maudit e contro il lato oscuro che esso scatena.
E un'anima si salva non solo con le preghiere, si salvano le anime dando loro un'altra opportunità. E questa può arrivare dalle mani che sanno pregare e lavorare la terra, perché la vera fede la si trova nelle cose semplici, in colui che condivide la miseria del più disperato dei disperati.
Le mani del poeta visionario han svelato un segreto, un dono rinnegato, soffocato da un senso di colpa che ha oscurato la luce che quel dono sa creare.
Il pulcino sa riconoscere quei sentimento che si chiama colpa, il suo cuore puro sa guardare dentro l'animo umano.
E quelle mani di un poeta visionario, con pochi tratti creano l'immagine di lei. E la luce appare lì, accanto al Trionfo della morte. E quella luce illumina di speranza la Disperazione e i suoi disperati.
La tua penna è luce, è forza. Mi fido di te. Brindo a Graal. Brindo ad un folle volo.
(Recensione modificata il 03/04/2021 - 09:32 pm)

Recensore Master
01/04/21, ore 11:48

Mio caro Cavaliere, sorprendente sempre il vostro modo di narrare. Ogni volta che vi leggo ho come l’impressione che voi riusciate ad entrare nella mente e, soprattutto, nell’animo dei personaggi di cui raccontate le vicende, proprio come in questo capitolo particolare, dove voi dite che nulla accade, la trama ristagna un pochino, ma che invece dà un ampio sguardo a chi sono i personaggi.
Riuscite a passarli in rassegna disegnando per ognuno di loro una particolarità mettendola così in evidenza.
Il boia di Parigi Sanson, sempre vicino alla Morte, che lo guarda e attende, vorrebbe essere solo un uomo e considerato come tale. Lui fa il boia, ma lo fa per lavoro e non per diletto. Si è ritrovato questo mestiere fra le mani e “ama” farlo al meglio, non dando più sofferenze del dovuto ai malcapitati che finiscono sotto le sue mani, che vede sempre sporche di sangue, nonostante le lavi con accanimento.
Poi il poeta Goubemouche, affranto per le condizioni di salute della sorella, che vorrebbe poter trovare la soluzione e riavere una persona viva e vera nella sua casa, non il fantasma di ciò che ella era stata e che ora pareva posseduta, non tanto da una malattia, quanto dal demonio in persona. Si dà la colpa del fatto che anche la poverina abbia assaggiato il Maudit e abbia così peggiorato ulteriormente le sue già precarie condizioni di mente e corpo.
Il dottor Lassone, che è della partita, vuole essere il medico progressista che non approfitta del malato per propinargli assurde teorie e altrettante assurdità, come la guarigione a mezzo delle sanguisughe che porterebbero via gli umori malati. Lui guarda al futuro ed è certo che il suo agire potrà portare giovamento alla donna, non appena il demonio, che lui intravede nei suoi occhi ,sarà uscito dal suo corpo. Forse la troppa frequentazione con padre Etienne lo fa pensare in un tal modo, ma non si sente all’altezza ancora di affrontare nella maniera canonica il problema.
Fra Etienne è un prete nel vero senso della parola, uno che pensa agli altri prima ancora che a se stesso, che mette in pratica il verbo divino, con la condivisione, l’assistenza, la disponibilità, la fiducia, la fratellanza con i suoi simili. Bello l’episodio del “mariuolo”, espressione napoletana di un giovane ladro senza arte né parte, che esalta la figura del prete, il quale si erge come esempio di fronte alle due guardie che lo avevano quasi pregato di denunciare il povero ladro, rincarando la dose con la sua parte del racconto circa il calice rubato al quale mancava quello che era rimasto nella canonica, però poi parlando al ragazzo in modo schietto da uomo pratico e soprattutto molto terreno e per nulla ascetico.
E Foret, è sempre l’anima pura che vede solo il buono e il bello che la vita gli può offrire. Con la sua sensibilità e il suo affrontare le situazioni, si resta spiazzati da tanto candore, non studiato ma che viene dal profondo, pur senza saperlo.
Ora i ranghi alla Disperazione sono stati tutti riuniti e pronti ad ascoltare il resoconto che il poeta, insieme a Foret e Joss possono raccontare circa l’incontro con il comandante della guardia parigina, che ha promesso che sarebbe andata in fondo alla questione, poiché la mattanza, causa il vino Maudit, doveva finire e presto. Solo Goubemouche appare titubante e poco incline a credere che quella donna dal collo di cigno sarebbe giunta a scoprire l’arcano. Intenso il momento del suo dipinto sul muro della Disperazione dove, dalle sue mani sporche di carbone, appare, come una celestiale visione, Oscar in tutto il suo fulgore, con quella luce che sempre sembra circonfonderla, oltre che a tutte le sue altre caratteristiche fisiche, che dal dipinto paiono parlare a chiunque lì alla Disperazione la stia osservando.
Come vedete caro cavaliere, la trama apparentemente sembra ristagnare ma la rappresentazione dei singoli partecipanti alla riunione ci dona un quadro di inusitato interesse per tutto ciò che la vostra penna ha in serbo per ognuno di loro.
Non mi resta che attendervi al prossimo antefatto, mentre nel frattempo colgo l’occasione per porgere a Voi e ai lettori tutti un caro augurio per una Pasqua serena, sperando che ci traghetti presto fuori dall’incubo che stiamo vivendo.
Un saluto e un inchino dalla dama d’altri tempi.

Recensore Master
01/04/21, ore 10:05

Carissimo...
Cosa mi tocca leggere!!!! "(...) ma rammento che, leggendo il romanzo, mi aveva colpito, perfino commosso."???!! CI SAREBBE MANCATO ALTRO!!!!!
Insomma... quello è Hugo!!!
Tu, invece sei Sacrogral... perciò mi prendi un Carlo Francesco Benvenuto Myriel e me lo trasformi in un Don Camillo... Però lo fai nella tua solita, deliziosa, maniera, che riesce sempre a strapparmi un sorriso. Come supporter del "divin marchese" non sei per niente male e ti ci vedo proprio in sua compagnia a combinar "marachelle", magari, proprio, in giro per scantinati e cantine...
Anche alla "Disperazione" si cospira e si progetta il futuro e tutti i personaggi si raccontano ancora un pochino di più. Dei bei pezzi filosofico/narrativi, decisamente, sulle cui righe ci è data la possibilità di rabbrividire e di continuare a sorridere. Mi sa che il "maudit" si assume anche per via visiva!
La mia preferenza continua ad andare al tuo dottor Lassone... sempre più perduto nelle sue elucubrazioni squinternate. (e sto ridendoci su anche al solo ricordo) Ma in realtà amo tutti i tuoi personaggi e del dottore prediligo il modo di fare, mentre la tua creazione che, invece, adoro rimarrà sempre Gobemouche, ora scoperto anche artista di forme, immagini e colore.
Come, altrettanto, adoro il finale di questo capitolo (a cui ho personalmente assistito, ovviamente).
Anche se da un entroterra così particolare... colgo l' occasione per inviarti i miei più sinceri auguri di Buona Pasqua.
Con affetto e ammirazione L/E