Ciao Blue, passo a pubblicare il giudizio che hai ricevuto nel contest. Complimenti ancora!
Sev
Secondo posto
BlueBell9/_BlueBell – Baratro
29/30
Specchietto
Autore EFP BlueBell9
Nickname sul Forum EFP: _BlueBell
Link alla storia: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3972989
Titolo: “Baratro”
Tema controverso scelto: tortura fisica e mentale, annientamento psicologico.
Totale: 29/30
Grammatica: 4,20/5
Mentre leggevo la tua storia, Babbano mi ha sentito imprecare ripetutamente perché hai scritto una storia che mi è piaciuta un casino, come vedrai nelle altre voci di giudizio, ma hai commesso degli errori e devo segnalarteli.
Il primo errore è lessicale e per questo ti ho tolto – 0,10. In questa frase hai usato il verbo sbagliato: “Gli scorreva nelle vene, potente e ammagliante, accarezzandogli la mente con una serie di promesse.” – 0,10 La definizione di ammagliare nel dizionario è riunire tra loro le maglie di un lavoro fatto a maglia. Ammagliare è anche legare qualcosa con corda o fil di ferro incrociati a forma di rete: a. una balla. Immagino che tu intendessi “ammaliante” nel senso di affascinante.
Per il secondo errore mi piange il cuore perché è veramente sciocco: hai sbagliato a impostare il discorso diretto. Tra le virgolette caporali e l’inizio del discorso diretto non ci vuole lo spazio. Ho consultato le convenzioni editoriali delle principali case editrici per verificare il mio assunto e mi spiace tantissimo doverti togliere – 0,50. Ho tolto 1 punto a Inikos che ha usato il simbolo sbagliato e lo spazio, quindi mi sembra giusto valorizzare il fatto che pur essendoci lo spazio tu hai usato il simbolo corretto. Ti lascio le convenzioni editoriali delle varie case editrici come riferimento.
(http://www.oblique.it/images/formazione/dispense/punteggiatura_dialoghi_scheda.pdf )
“dopo aver appena finito di tortura un uomo” Credo che sia “torturare” – 0,10
« Gli ha torturati » sottolineò lui. Gli sta per “a lui”, per loro si usa “li ha torturati”. Riporto dal sito dell’Accademia della Crusca: Dunque, gli e li hanno funzioni ben diverse: gli ha funzione di oggetto indiretto maschile singolare (equivalente alla forma tonica ‘a lui’), li ha quella di oggetto diretto maschile plurale (equivalente al pronome loro tonico).(https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/lo-gli-li-loro-un-sistema-pronominale-non-facile-da-usare/) – 0,10
Stile: 4,8/5
Se usi l’articolo sotto-intendi la Maledizione Cruciatus, quindi è la Cruciatus non “il Cruciatus” – 0,10
“il Mangiamorte appella la sedia con un incantesimo Non Verbale.” Questo è l’unico uso delle maiuscole un po’ strano che mi ha fatto storcere il naso. Sono andata a controllare sul web e non verbale è sempre scritto in minuscolo, anche in inglese. Come riferimento ti porto l’articolo di wizardingworld https://www.wizardingworld.com/features/the-hardest-wizarding-world-spells
Il tuo stile è semplice ed estremamente narrativo. L’introspezione dei personaggi filtra attraverso l’alternarsi di passato e presente, di ricordi e tempo della narrazione, di pov della vittima e del carnefice. Ho apprezzato il modo furbo in cui hai alternato i piani, così da farci capire e conoscere sempre un po’ di più i personaggi, la loro evoluzione. Ne parlerò più avanti nella gestione dei personaggi, qui mi limito ad affrontare lo stile.
Ho apprezzato molto il modo in cui hai fatto emergere il contesto in cui i personaggi si muovevano e ci hai mostrato i loro pensieri e il loro ambiente. I rapporti, le gerarchie, la situazione personale viene mostrata al lettore che si trova nel sotterraneo con Benjy Fenwick e proprio come lui osserva i Mangiamorte parlare tra loro. Ciò ci permette di avere un’introspezione sulla vittima, sulle scelte che è chiamato a fare, sui suoi ricordi e la paura che prova. Al tempo stesso, i ricordi di Rosier ci aprono un varco sul passato del Mangiamorte, sulle sue scelte e sul percorso che l’ha portato a trovarsi davanti Fenwick. Tutto semplicemente attraverso gesti e dialoghi. Sono i sorrisi smorzati, il comportamento pacato di Rosier, la freddezza con cui si approccia alla tortura di Fenwick, il gioco che inventa per farlo parlare che rivelano più di ogni giudizio che può avere Fenwick.
Personalmente non amo l’alternanza dell’allineamento tra destra e sinistra, capisco il senso, per avvertire il lettore che quello è un altro blocco, ma ritengo che il corsivo sia già sufficiente. Penso anche che affatichi un po’ la lettura, ma non ti penalizzo per una scelta di impaginazione che è rimessa a te. Ne avrei tenuto conto se avessi utilizzato il criterio del gradimento personale, ma volendo epurare i giudizi dalle mie opinioni personali, mi limito a segnalarti solo che la scelta affatica un po’ la lettura.
Gestione del tema: 10/10
Sono stata combattuta sul voto da darti, devo confessarlo. Ho riletto la tua storia più volte perché nelle prime volte avevo la sensazione che il tema non fosse pienamente centrato. Ci hai mostrato come si tortura un uomo, come lo si spezza e si assiste al suo annientamento, al punto che arriva a uccidere ben due persone in conseguenza delle sue bugie, si assiste al venir meno della sua fedeltà e della fiducia nell’Ordine quando realizza che nessuno andrà a cercarlo. Però tutto lo spazio che hai dato a Rosier sembrava togliere spazio al tema principale, ma poi, quando mi sono soffermata a riflettere sul rapporto tra Evan e il padre e la figura dello zio, ho realizzato e mi sono detta che era geniale, semplicemente geniale.
Hai usato la tortura di Fenwick, un padre, per mostrarci un’altra tortura, di un altro padre, quello di Evan. Lui stesso è arrivato a torturare il padre ma questo non è altro che l’esito di un percorso di manipolazione mentale e di annientamento di un ragazzo da parte dello zio. Le paure di Evan sono state esaminate e le sue ferite sono state cicatrizzate, omicidio dopo omicidio, fino a renderlo un’altra persona. Il padre se n’è accorto e chissà quando ha realizzato che gli avevano messo in casa il proprio assassino, chissà che cosa ha fatto il padre di Evan, in che modo ha deluso le aspettative per andare incontro a una simile punizione: la trasformazione del figlio nel proprio omicida.
L’annientamento è doppio, quindi, vittima e carnefice non sono uguali, perché Evan ha sempre avuto una scelta, mentre Fenwick no, ma comunque entrambi si sono trovati in un percorso con un solo esito possibile e questa cosa mi è piaciuta un sacco.
Gestione dei personaggi: 10/10
Tu non hai idea di quante volte abbia esclamato “Ma che figo Rosier” mentre leggevo la tua storia. Avevo una voglia matta di leggere una storia con un Mangiamorte come protagonista e sono contenta che almeno una concorrente mi abbia accontentata!
Parto da Fenwick, però, cercando di essere oggettiva. Allora, come ho già detto anche a dirkfelpy, io adoro quando un autore prende un personaggio minore (anzi, marginale) e lo caratterizza al punto da farmelo sentire vivo. Di Fenwick sappiamo solo due cose in croce e tu gli hai dato una backstory, papà di Anne, marito di Mary, membro dell’Ordine della Fenice, non troppo “famoso” ma che comunque da il suo contributo alla causa portata avanti da Silente. Questi dettagli emergono nel corso della storia, dal dialogo con Rosier, da colpi di scena che ci portano a vivere il dramma di quest’uomo e ad assistere alla sua caduta e alla sua umanità. Nessuno vorrebbe essere costretto a dover scegliere tra l’obbedienza, la fedeltà alla causa e la sopravvivenza della propria figlia. Nessuno vorrebbe essere costretto a dover scegliere tra far vivere la propria figlia o un altro prigioniero. La scelta è scontata, il sangue, l’amore vincono sempre e sono più forti di ogni principio. Assistiamo al modo in cui lui viene spezzato, certezza dopo certezza, fino a crollare e confessare tutto. Sappiamo che di lui non troveranno altro che pezzettini, e non c’è modo di sperare che per la piccola Anne vi sia una sorte migliore.
Passo a Rosier, adesso, che per me è il vero protagonista della storia, il carnefice che è diverso dagli altri. Non urla, non minaccia, sta serio, sarcastico, è spiritoso e non si scompone davanti le provocazioni di Fenwick. Sa come suscitare la paura e controllarla. Man mano che i pov con i suoi ricordi si susseguono, scopriamo del rapporto conflittuale con il padre, del ruolo che ha lo zio nella sua scelta di diventare un Mangiamorte e dell’addestramento, del modo in cui ha addormentato la coscienza e rinunciato a Emme, finita sull’altro lato della barricata in quella guerra.
Non lo sapremo mai, ma non ho potuto fare a meno di domandarmi se la debolezza di cui accusava il padre non fosse altro che il desiderio paterno di tenerlo lontano dalla guerra, di proteggerlo e che nel non saperlo guidare in un mondo che cambiava non abbia finito per consegnarlo al mentore sbagliato. Mi ha colpito il pensiero che suo padre fosse stato l’unico ad accorgersi del cambiamento di Evan, perché non ho potuto fare a meno di paragonare il rapporto conflittuale di Evan con quello di Barty e di Severus con i rispettivi padri.
Nel caso di Barty, il rapporto conflittuale è dentro Barty, rimane latente ed esplode perché lui non si sente visto. Nel caso di Evan il rapporto conflittuale è palese, Evan si sente considerato un debole, considera un debole suo padre perché ha paura dei suoi superiori e forse lo minacciano sui figli, ma è un pensiero che rimane latente nella storia, che realizza il lettore mentre Rosier parla e dice che lui non ha figli e allora diventa chiaro che non può o non vuole comprenderne la posizione.
Il conflitto di Severus con il padre lo porta a cercare un riscatto tra i Mangiamorte, così come Evan, che preferisce la misteriosa figura dello zio (senza nome) a quella del padre. Il mentore che lo guida e gli insegna a dominare la paura e metterla al suo servizio. A differenza di Piton che finirà per riscattarsi per amore, Evan non fa questo passo, forse non ha il tempo di realizzare perché la morte interrompe ogni possibile arco di trasformazione. Anzi, di Evan sappiamo che gli incontri sono spontanei e basati sul reciproco accordo di tenere fuori la guerra. Sappiamo che c’è un Avery ad attenderlo e che è uno dei loro con cui Travers tenta di provocarlo, ma il sollievo sul volto di Evan ci dice che Avery non è niente, è solo sollevato perché nel mirino c’è il nome sbagliato, non c’è quello di Emmeline.
Spendo due parole anche per Travers e Dolohov di cui mi è piaciuta molto la rappresentazione e la caratterizzazione. Soprattutto quella di Travers, più viscido, rispetto a Dolohov che è più… ehm… emotivo, si diverte con le Cruciatus e si esalta al ricordo di missioni passate, quella dei Prewett in particolare. Travers, invece, ricorda quella dei McKinnon e mi piace il suo modo di provocare, insinuare, dialogare sia con Dolohov che con Rosier.
Totale: 29/30 |