Recensioni per
Equilibrio di un caos ordinato
di VigilanzaCostante

Questa storia ha ottenuto 8 recensioni.
Positive : 8
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/11/21, ore 09:50

Ciao Mati ❤
Ti avevo detto che volevo passare un po più di tempo sul tuo profilo ed eccomi qui. Non avevo ancora letto una Vic così e mi è piaciuta tanto: ho adorato che dalla magia si sia spostata ai calcoli e li abbia fatti suoi. Vic è eccezionale, è questo quello che penso ogni volta che la leggo. Vic è straordinaria e trasforma anche le cose più brutte in un nunnulla. Così si fa carico della sua disabilità e abbandona Hogwarts, ma non la magia, non del tutto. Trova un equilibrio chiaro tra un mondo e l'altro, perché non può abbandonare di botto tutta la sua meravigliosa famiglia.
E poi c'è Teddy. Teddy che le insegna i colori e che dorme con lei la notte e che prende il blu dei suoi occhi: l'esempio più chiaro di quello che è amore per una persona che può avere mille volti e mille colori. Teddy le insegna le sfumature, come deve aver fatto sua madre con suo padre, e la porta a scoprire il mondo. Vic così non ha più paura.
Teddy ha rotto il velo che la separava dal lanciarsi. Vic è grande, ha girato le spalle ad Hogwarts già e può girare le spalle di nuovo. Questa storia è bellissima, mati. Amo come l'hai scritta, amo che il primo colore sia il rosso e poi arrivi il verde, il giallo, il blu. E infine il nero. Quello viene insegnato al contrario, con una lettera e due parole sussurrate. Sono triste, ma trovo che tu sia stata eccezionale.
Sia ❤

Recensore Junior
28/08/21, ore 19:53

Quinta classificata
“Equilibrio di un caos ordinato”
di VigilanzaCostante/matiscrivo

 
Totale: 32.10/35
 
 
Grammatica e stile: 8.50/10
La grammatica è generalmente corretta, il lessico è utilizzato in maniera coerente e non ci sono grossi errori, ma solo piccole distrazioni e qualche sfumatura da utilizzare come spunto per tendere sempre al miglioramento.
 
Non ci sono ripetizioni involontarie che io abbia trovato sgradevoli, ma solo quelle volute di alcuni termini per una scelta stilistica, soprattutto a inizio frase. Questa è di fatto una figura retorica (anafora), che hai fatto tua e che fa parte del tuo modo di scrivere. Ti faccio però notare che, per quanto sia un efficace strumento per evidenziare qualcosa, l’eccesso della ripetizione può appesantire la lettura, rendendola troppo ritmica.
Ti riporto qualche esempio, e ti invito a notare, rileggendo il testo, quante volte hai fatto ricorso a queste tecniche, forse a volte in maniera anche inconscia. Nulla di scorretto, ma, secondo me, l’obiettivo deve essere utilizzarle in maniera controllata, per dare a ogni espressione un valore maggiore.
“Nacque nel calore, a pochi passi dal mare e con l’intera famiglia a sentire le sue urla di benvenuto al mondo. Nacque nel tacito tumulto della ripresa […]”
“Ma c’era anche la magia, la magia che aveva rinunciato a usare […]”
“Avrebbe voluto dire che le bastava, che le bastava conoscere il mondo spogliato di uno dei cinque sensi, che le bastavano i tiepidi baci sulla guancia di Dominique e le marachelle di Louis.”
“E Victoire, ancora scottata da quella magia che non era stata in grado di salvarla, se ne innamorò. Si innamorò della chiarezza […]”
Nello spirito del contest, preciso che la ripetizione in questi ultimi tre esempi costituisce la figura retorica dell’anadiplosi, ovvero la ripetizione di un termine a fine frase precedente e a inizio frase successiva per metterlo in evidenza.
 
Discorso analogo vale per le triple, sia come aggettivi che come segmenti sintattici. Io per prima le uso moltissimo, a volte anche inconsciamente, ma vale lo stesso discorso delle ripetizioni: un espediente stilistico è tanto più efficace quanto più è raro.
“figlio, fratello, amico”
“in quella pelle morbida, in quella peluria bionda, in quei gemiti da neonato”
“nata nella pace, nata dall’amore, nata cieca”
“Conosceva l’odore del mare in riva alla spiaggia, la sensazione dei granelli di sabbia sottopelle, le risate di sua madre quando suo padre la faceva ridere”
“rumorosa, numerosa, folle famiglia”
“di quei teoremi, delle implicazioni logiche, della perfezione astratta che riusciva a raggiungere”
 
Altra scelta stilistica è l’uso della virgola prima della e congiunzione. Qualcuno lo ritiene un errore, ovviamente non lo è, soprattutto se usato bene, e tu vi ricorri per enfatizzare un concetto. In questo caso ho riscontrato un equilibrio perfetto nella scelta di questo espediente e mi è piaciuto molto.
 
Infine, la contrazione “s’era” non è “spontanea” nella lingua italiana di oggi, si tratta quindi di una scelta dell’autore. Da lettore può piacere oppure no, io non l’ho trovata disturbante, può diventare un tratto stilistico, ma il mio suggerimento è di non abusarne, perché il rischio è quello di appesantire il testo.
 
Riporto qualche distrazione di varia natura:
“medimagi”, dovrebbe essere Medimaghi, con la maiuscola e con il plurale corretto.
“avvertila” dovrebbe essere avvertirla.
“babbano” e tutte le sue declinazioni secondo me andrebbero in maiuscolo perché si tratta di un termine inventato dalla Rowling e come tale è riportato nei libri.
“tassorosso” va in maiuscolo, per lo stesso principio e a maggior ragione perché è il nome proprio di una Casa di Hogwarts.
“vent’ anni” ha uno spazio di troppo dopo l’apostrofo.
“orgoglio misto rabbia” dovrebbe essere orgoglio misto a rabbia.
 
Dal punto di vista della costruzione delle frasi e della punteggiatura non ho riscontrato grandi errori, ma ti riporto qualche mia osservazione, sia per continuare a spiegare l’idea complessiva che mi sono fatta e che ha portato alla definizione del punteggio di questo parametro, sia nella speranza di poterti dare qualche spunto di riflessione.
“«Come la spieghi scientificamente la magia? Non la spieghi» prese la bacchetta sul comodino «eppure posso fare questo».”
Il primo la fa riferimento a la magia, quindi, per non ripetere il complemento oggetto nella stessa frase, sarebbe opportuno lasciare uno solo tra i due. Tuttavia, questo genere di ripetizione è comune nel parlato e può essere una scelta anche nella parte narrativa per evidenziare un elemento della frase. In questo caso, però, la costruzione corretta richiede una virgola (o in altri casi due) per isolare il segmento ripetuto: “Come la spieghi scientificamente, la magia?”. Inoltre, secondo me – e qui è davvero un punto di vista personalissimo – è necessaria una virgola anche tra le due parti di dialogo. La punteggiatura delle didascalie che reggono i dialoghi è assolutamente discrezionale, soprattutto per quanto riguarda mettere dentro o fuori dalle virgolette i vari segni di interpunzione, o nel caso della virgola non metterla affatto, ma nel tuo caso hai diviso due parti di periodo che se fossero unite sarebbero comunque separate da una virgola. Per spiegarmi con un esempio, troverei corretta la scelta di omettere virgole se la frase fosse stata del tipo: “«Eppure posso» Teddy mosse la bacchetta «fare questo».”
Non è la scelta che preferisco, ma l’assenza di punteggiatura può essere giustificata in quanto i due segmenti costituiscono un’unica frase continua. Nel tuo caso, invece, prima di “eppure” ci vorrebbe senz’altro una virgola da qualche parte.
 
In alcuni casi si potrebbero snellire delle espressioni. Alcuni aggettivi possessivi (“mi porti allo stremo delle mie forze”) o dimostrativi (“percepire quell’odore di salsedine che le sapeva così tanto di casa”), potrebbero essere omessi, lasciando inalterato il senso della frase e rendendola più scorrevole. È un’inclinazione poetica, quella di sottolineare i concetti importanti con possessivi e dimostrativi, e se usata con parsimonia può essere anche molto utile in narrativa. In questo specifico caso, però, io avrei tagliato. Eliminerei anche il “le”, perché sapere di casa è una proprietà dell’odore, che sì, è Victoire ad attribuire, ma l’odore non “sa di casa a lei”, ma per lei, quindi la particella le ha un significato sintattico non corretto.
 
Usi i tempi verbali in maniera generalmente corretta, senza grandi errori, ma mi permetto di farti notare qualche sottigliezza da intendere come uno spunto di miglioramento (e mai come una critica). Ad esempio, quando scrivi: “E mentre appoggiò la testa sulla sua spalla, Victoire ammise che aveva ragione.”
Il mentre, in questo caso, indica letteralmente contemporaneità. I verbi delle due proposizioni (appoggiò e ammise) sono entrambi al passato remoto e quindi effettivamente contemporanei, ma poiché esiste un altro significato dell’avverbio mentre, che sottintende una contrapposizione, preferire l’imperfetto sottolinea la contemporaneità ed esclude la contrapposizione: “Mentre Teddy appoggiava la testa sulla sua spalla, Victoire ammise che aveva ragione”. Per farti un esempio dell’altro uso dello stesso avverbio: “Mentre tu scrivi la storia, io la leggo e la valuto.” I tempi verbali sono sincroni, ma non c’è contemporaneità, perché mentre esprime una contrapposizione e il presente è usato, qui, in senso lato. Lo stesso discorso vale anche per il passato remoto, perché devi considerarlo come il presente di una narrazione ambientata indietro nel tempo.
 
Lo stile è semplice, e con questo intendo farti un complimento. Ci sono alcuni fanwriter che sono istintivamente portati a utilizzare periodi lunghi e complessi, perché per natura scrivono in quel modo, altri preferiscono frasi brevi e semplici, ma che siano d’impatto. A mio avviso, tu rientri in questa seconda categoria e penso che sia importante non commettere mai l’errore di credere che una scrittura più complessa sia automaticamente migliore.
A questo proposito, ti segnalo un punto in cui un periodo un po’ più complesso mi ha leggermente distratta dalla consueta efficacia del tuo stile.
“Teddy era goffo e impacciato, fin troppo sentimentale, vivo e carico di una magia elettrica che viveva nel profondo del suo animo, manifestando senza veli le sue emozioni.”
Provo a spiegarmi in maniera più logica possibile: la proposizione principale (“Teddy era goffo e impacciato, fin troppo sentimentale, vivo e carico di una magia elettrica”) si compone di una tripla descrittiva, in cui ogni segmento è già ricco di per sé (“goffo e impacciato”, “fin troppo sentimentale”, vivo e carico di…”); la frase potrebbe quindi essere già completa così, ma l’ultimo segmento della principale richiama l’aggiunta di una subordinata oggettiva, in cui quindi il soggetto cambia da Teddy alla sua magia (“carico di una magia elettrica che viveva nel profondo del suo animo”). Io qui mi sarei fermata, perché la subordinata seguente (“manifestando…”) rende il periodo troppo articolato e faticoso da seguire: il soggetto è implicito ed è ancora una volta la magia, quindi per quest’ultimo elemento della frase hai sia una subordinata esplicita (“che viveva”), che una implicita (“manifestando”); oltre alla pesantezza della costruzione della frase, il rimando implicito non è immediato dal punto di vista del concetto, perché se la magia vive dentro di lui, l’idea che si dà al lettore è di qualcosa che risiede, in maniera statica, nell’animo di una persona, in profondità, mentre la seconda subordinata riguarda l’esplosione esteriore della magia stessa.
Insomma, tutto questo sproloquio per dire che aggiungere tanti dettagli per raccontare tutto quello che stai immaginando rischia di appesantire la scrittura e far perdere il lettore. Un buon modo per decidere cosa raccontare e cosa sottintendere può essere proprio questo: se un periodo non deve essere troppo contorto, ma deve limitarsi all’espressione del concetto principale, nel caso in cui per aggiungere il concetto ulteriore che ho in mente fosse necessaria una nuova frase, varrebbe la pena farlo? Se la risposta è sì, allora aggiungi una frase separata, senza appesantire la precedente, altrimenti lascia alla fantasia del lettore. Nel caso in analisi, potevi aggiungere una frase apposita per spiegare che la magia in Teddy si manifestava anche all’esterno, oppure omettere l’informazione e lasciarla intendere dopo, quando lui racconta del colore dei suoi capelli. Io personalmente preferisco la seconda opzione, perché è un valido esempio di show, don’t tell, che caratterizza i personaggi in maniera più spontanea.
 
 
Struttura della narrazione: 4.75/5
La trama che hai costruito per questa storia è semplice ma efficace, l’ho trovata solida e molto chiara. È la storia di una ragazza che ha una disabilità e un ragazzo che la ama e vuole farla sentire come tutti gli altri. L’intreccio è lineare, hai strutturato il tutto in maniera funzionale, scandendo bene i momenti da utilizzare per portare avanti la narrazione. I dialoghi sono bilanciati bene con la parte descrittiva e narrativa.
Ho trovato la storia molto ben riuscita. Unico neo, dal mio punto di vista, è la conclusione, che non mi ha lasciata soddisfatta, complice probabilmente il pacchetto: ho trovato il finale leggermente affrettato, forse nel tentativo di dire e non dire, per renderlo aperto. Poiché il resto della storia è ricco di quei dettagli che sono assolutamente necessari a far appassionare il lettore, la loro assenza nella fase finale si percepisce come un “allontanamento” dal cuore della vicenda.
 
 
Coerenza e caratterizzazione dei personaggi: 4.25/5
I personaggi sono caratterizzati in maniera molto netta, si vede che nella tua mente ognuno di loro ha una personalità ben definita e questo non è facile per coloro che non sono tra i protagonisti della saga. Victoire è logica, un po’ cupa (non senza giusta ragione), mentre invece Teddy è solare e allegro. Sono un ossimoro, ma soprattutto si completano e restano coerenti per tutta la narrazione, ad esempio quando Vic si mostra infastidita nonostante apprezzi i tentativi di Teddy di tirarle su il morale.
Molti dei loro aspetti caratteriali, tuttavia, sono “raccontati”, più che mostrati. È il caso di una delle primissime presentazioni, in cui descrivi Teddy e poi, per contrapposizione, anche Victoire:
“Teddy era goffo e impacciato, fin troppo sentimentale, vivo e carico di una magia elettrica che viveva nel profondo del suo animo, manifestando senza veli le sue emozioni. Uno accanto all’altro parevano contradditori, lui così trasparente, e lei così fredda, pensierosa. I parenti li definivano “il cuore e la mente”, ma a Victoire quelle parole facevano sorridere: le emozioni, in fin dei conti, risiedevano nel sistema limbico, non tra un battito cardiaco e l’altro.”
Non è un errore in senso assoluto, le descrizioni compatte non sono affatto la radice di tutti i mali. Tuttavia, non posso non farti notare che molti degli aspetti che si evincono da questo paragrafo si ritrovano nelle azioni e nei dialoghi successivi dei personaggi. Non dare fin da subito una spiegazione su come sia un certo personaggio non lascia il lettore in dubbio, ma lo spinge a costruirsi un’immagine completa a poco a poco, catturando ogni dettaglio. Se invece sveli già tutto, quando poi le parole e le azioni dei personaggi confermano i loro tratti caratteriali si può apprezzare soltanto la loro coerenza, la percezione è che ciò che si legge sia giusto e quasi atteso, ma non c’è nessuna scoperta, nessuna sorpresa.
A parte questo piccolo aspetto, i tuoi protagonisti mi hanno colpita molto positivamente. Le loro interazioni sono bellissime ed è molto facile entrare in empatia con loro.
 
 
Titolo: 2/2
Il titolo è corretto, aderente al testo e mi piace moltissimo. In più costituisce un ottimo richiamo alla figura retorica, quindi l’ho apprezzato davvero tanto.
 
 
Utilizzo dei pacchetti:
Prompt stilistico: 5.75/6

2. La storia deve avere un finale aperto. L’obiettivo deve essere una chiusura che lascia al lettore libera interpretazione a quanto avverrà subito dopo: leggendo, due persone diverse potrebbero farsi idee diverse di cosa accadrebbe dopo, ma devono necessariamente riuscire a farsi un’idea. Non è ammesso, quindi, un finale incompiuto, in cui la storia non giunge a una conclusione e non fornisce al lettore nessuno strumento per immaginare cosa accadrà.
 
Premetto che questo era uno dei prompt più difficili che ho preparato, non perché fosse particolarmente insolito, ma perché i finali aperti sono difficili da “programmare”. Una storia generalmente nasce nella mente dell’autore con un finale già impostato a grandi linee o, se viene in mente durante la stesura, è comunque spontaneo. È difficile decidere a priori di scrivere un finale aperto senza che risulti forzato.
In un primo momento, ho avuto la sensazione che il finale aperto non ci fosse: ho pensato che Vic fosse partita per Tolosa, per uno studio sperimentale legato alla sua cecità. Soltanto in un secondo momento ho realizzato l’ambiguità della conclusione, la presenza della parola Artimanzia tra quelle che Teddy ascolta distrattamente e che io avevo voluto ignorare, allora ho immaginato una spiegazione alternativa: Vic parte per Tolosa per studiare Aritmanzia, la cosa più simile alla matematica e alla logica Babbana. In quest’ottica, sono riuscita a vedere tutti gli indizi in modo diverso e, di nuovo, l’unica espressione fuori posto era “studio sperimentale”, tra quelle che sente Teddy.
La duplice interpretazione possibile di questa conclusione è chiaramente voluta, ma ho un’osservazione da fare: una soluzione perfettamente “pulita” non avrebbe lasciato tracce dell’opzione alternativa (Aritmanzia e studio sperimentale, rispettivamente). Sono sicura che per entrambe ci sarebbe una possibile spiegazione, lasciata all’immaginazione del lettore, ma personalmente ritengo che prevarrebbe comunque la sensazione di aver incastrato un’interpretazione in mezzo agli indizi che conducono all’altra.
Altro aspetto strettamente legato a questo è il seguente: il mezzo di cui ti sei avvalsa per raggiungere il tuo scopo è la confusione di Teddy. Lui non approfondisce, ascolta discorsi che vengono interrotti quando lui entra in una stanza e non chiede di più, forse perché ha paura di sapere, forse perché nega quella realtà. Il lettore però è più lucido e viene “costretto” al dubbio dalla mancanza di informazioni che nasce dal personaggio. Alla fine Teddy, come scrivi tu, “collega i puntini e giunge all’unica conclusione che gli sembra plausibile”. A questo punto possono accadere due cose: il lettore sicuro della propria interpretazione (come me alla prima lettura) si convince che Teddy sia arrivato alla sua stessa conclusione; viceversa, il lettore più distaccato e critico osserva che se Teddy è così sicuro allora vuol dire che ha informazioni che “tace” al lettore. In un confronto, ovviamente, è destinato a prevalere il secondo, che ha più argomentazioni: se ne ottiene non una posizione definita, ma la certezza che ci sia più di un’opzione possibile, come un’equazione indeterminata, per usare una metafora che Vic apprezzerebbe. In questo senso, il finale aperto si appoggia sul personaggio che, deliberatamente, rende ambiguo al lettore ciò che ha interpretato.
Tutto questo discorso è una precisazione ingigantita con la potenza di un microscopio, perché in verità il prompt è usato molto bene, come si evince anche dal fatto che in un primo momento sono stata convintissima della mia personale interpretazione al finale. Per questo motivo, il punteggio del parametro è quasi pieno.
 
 
Figura retorica: 6/6
F. Ossimoro (https://it.wikipedia.org/wiki/Ossimoro)
 
La figura retorica è utilizzata più volte in maniera corretta ed evidenzia sia gli stati d’animo conflittuali dei protagonisti che la loro contrapposizione. L’uso dell’ossimoro è naturale, ben inserito e centrale. Pacchetto reso alla perfezione.
 
 
Gradimento personale: 0.85/1
La storia mi è piaciuta molto, il tema era interessante e toccante ed è stato trattato molto bene. Non c’è compassione nello sguardo di Teddy, solo un desiderio di mostrare a Vic ciò che lei non può vedere. Mi sono sentita coinvolta sempre, ad eccezione del finale, che non mi ha convinta del tutto perché non sono riuscita a condividere lo stato emotivo e mentale di Teddy, che dapprima non capisce cosa succede e dopo, quando lo realizza, si sente travolto dall’oscurità: mi è dispiaciuto per lui, ma non sono riuscita a immedesimarmi appieno nella situazione finale. Per il resto, invece, ho sentito nettamente tutte le emozioni dei personaggi.
 
 
Impaginazione – Senza valutazione
Il font utilizzato è standard, perfettamente leggibile, in una dimensione ottimale e questo l’ho apprezzato molto. Tuttavia, il testo non è giustificato, ed è un peccato perché una bella storia merita anche una bella impaginazione, che il testo “a bandiera” non garantisce. Altro aspetto, giusto per essere insopportabilmente puntigliosa, è che avresti potuto inserire i rientri di paragrafo, che rendono l’impaginazione più professionale e il testo più fruibile per il lettore.
Infine, per aggiungere una considerazione di puro carattere personale, quindi assolutamente soggettiva, avrei lasciato uno spazio in più tra i paragrafi divisi dai separatori, sempre nell’ottica di migliorare l’impatto visivo per il lettore.


Ancora complimenti e grazie per la partecipazione!

Recensore Master
23/08/21, ore 10:47

Ciao!
Mi sembra sia la prima volta che scrivi di questa coppia, ma trovo che il risultato sia molto godibile.
Innanzitutto ho apprezzato la descrizione di una protagonista con una evidente disabilità, un tema non popolarissimo nel fandom (e nell’editoria in generale, a dirla tutta). Trovo che la Rowling non si sia soffermata abbastanza sulla medicina nel Mondo Magico, sulle malattie esclusivamente magiche (penso al vaiolo di drago) e su quelle Babbane, se esistono, se sono curabili, se c’è differenza in tal senso tra maghi Nati Babbani o Purosangue. Questo senso di incertezza resta nella tua fanfiction rispetto alla genesi della condizione di Victoire, ma non è una mancanza: anche molte malattie Babbane hanno un’eziologia non nota.
Bello questo suo approccio così razionale, pur in una famiglia di maghi che fanno cose inspiegabili con la logica, cose che lei non può neanche vedere. (So che sei partita da considerazioni di ordine filosofico per sviluppare questa trama, e non è “ironico” che invece la tua protagonista abbia preso una direzione così “con i piedi per terra”?)
Teddy viene presentato soprattutto all’interno della coppia e, nonostante la ship sia a tutti gli effetti canon, in questa storia la loro connessione assume un significato ulteriore. Loro stessi si definiscono un ossimoro, d’altronde questa tua Victoire non può apprezzare – con gli occhi almeno – una caratteristica distintiva del personaggio di Teddy. Dolcissimo il suo proposito di mostrarle i colori con altre percezioni! E mi ha colpita che infine per contrasto sia lui, invece, a conoscere il nero, il non-colore, come scrivi.
Ti faccio un in bocca al lupo per il contest e alla prossima!

Recensore Master
22/08/21, ore 19:04

Ciao Mati,
ho già letto questa storia in anteprima, ma ci tenevo a darti una mia opinione anche qui. Trovo l'incipit di partenza (Victoire cieca) davvero interessantissimo, specialmente perché hai saputo declinarlo in modo concreto, non semplicemente dicendolo a parole. La sua passione per la matematica, la paura di non conoscere davvero una persona che attraverso i colori ci si esprime e poi quel tentativo di spiegare a parole i colori: tutto quadra perfettamente all'interno della prospettiva di partenza, che è resa per questo meravigliosamente. Mi piace come Teddy e Victoire, nonostante le premesse, riescano a trovare un punto di incontro, come riescano a concordare su cosa sono e quale significato hanno i colori anche se lei non può vederlo. La loro storia si sviluppa proprio alla ricerca di un senso a ciò che non è possibile vedere; scoprendo i colori ecco che scoprono anche se stessi.
Ho apprezzato tanto l'easter egg che strizza l'occhio al pacchetto:
«Credo sia un ossimoro».
«Non lo siamo anche noi?».

Sono dei rimandi sottili che apprezzo sempre nelle storie.
Hai fatto un ottimo lavoro anche con questa coppia, presentando una storia a mio parere molto originale. Bravissima!
 

Recensore Master
22/08/21, ore 18:10

Ciao Mati, sto passando a curiosare tra le storie che partecipano al contest di Futeki e devo dire che la tua dolcissima storia mi ha commossa moltissimo. In generale, Teddy e Victoire sono due cupcake tenerissimi, la loro storia è proprio tenera e il modo originale in cui tu hai sviluppato Victoire mi ha colpita. Ti dimostri un'autrice con uno sguardo fresco e alternativo sulla saga e non si parla mai abbastanza di disabilità nelle storie. Tu sei riuscita a costruire in modo credibile e profondamente umano un personaggio e mostrare il suo percorso, il suo legame con la famiglia e soprattutto con Teddy che le insegna i colori.
Trovo che hai utilizzato molto bene il prompt del finale aperto, non sappiamo come andranno le cose tra Victoire e Teddy. Il finale della lettera ci da la speranza (ma non la certezza) che si ritroveranno.
Bel lavoro!
Un abbraccio,
Sev

Recensore Master
22/08/21, ore 15:44

Ciao Vigilanza,
parto con il dirti che appena ho visto il tuo post su Facebook, non ho potuto fare a meno di scriverti. Amo la Victoire/Teddy ma soprattutto ero intrigata da quelle poche righe che hai utilizzato per descrivere questa tua storia.
L'idea di base è geniale, assolutamente geniale. Nonostante ciò, non credo che sia stato facile svilupparla in maniera tale da risultare credibile.
Il personaggio di Victoire è costruito minuziosamente – si vede l'impegno che ci hai messo – e i suoi sentimenti sono talmente vividi e potenti, che arrivano dritti al lettore. All'inizio è chiaramente percepibile il suo senso di frustrazione, amarezza, la paura di essere diversa, di non essere giusta per il mondo dei suoi genitori e coetanei. E l'arrivo a Hogwarts sembra confermare questi sospetti, perché il sentirsi fuori posto – sbagliata – si è manifestato con prepotenza.
Il mondo Babbano sembra l'unica alternativa e la scelta di razionalizzare tutto pare naturale e sensata. Victoire apprende le varie discipline mantenendo un certo distacco, impedendo a se stessa di abbandonarsi alla passione, e questa strategia sembra funzionare fino all'arrivo di Teddy.
Mi è piaciuto questo Teddy, il suo rendere instabile le rigide regole che lei si è auto dettata, il suo andare oltre alla logica di Victoire per mostrarle un mondo diverso.
Vedere la dolcezza con cui lui le spiega qualcosa di astratto, che cerca di colorare l'oscurità nel quale lei è imprigionata e condannata, è di una bellezza abbagliante. Teddy non si perde in troppi giri di parole, è diretto e sincero nel cercare di farle capire i suoi sentimenti ed è tenero quando le confessa alcune confidenze.
A me il giallo non piace ma in questa storia ho trovato impeccabile associarlo al tuo Teddy. Lo trovo un personaggio molto luminoso sia nelle parole che nei fatti, capace di scaldare il cuore con la sua sola presenza.
Inutile dire che il finale mi ha spiazzata e mi ha lasciata un po' con l'amaro in bocca. Saperli separati nonostante il loro legame, mi ha provocato una punta di malinconia ma al contempo mi ha fatto riflette che finalmente Victoire è riuscita a staccarsi dalla suo mondo sicuro – quello rappresentato da Villa Conchiglia e dalla Tana – per spiccare il volo.
Davvero una bella storia, complimenti.
Un abbraccio e a presto,
Blue

Recensore Veterano
19/08/21, ore 19:31

Eccomi!!!
Sono molto contenta di aver fatto questo scambio. Amo la nuova generazione quindi non potevo che essere attirata dai tuoi Teddy e Victoire. Inoltre, devo purtroppo ammettere di non aver mai letto di un personaggio cieco prima. Le disabilità, spesso, non sono nemmeno prese in considerazione nel nostro mondo abilista, figuriamoci rappresentate. Io stessa non ho mai scritto di personaggi con disabilità, quindi in futuro sicuramente dovrò darmi da fare per essere più inclusiva, ma per ora posso dirti che sono tanto contenta dell’esistenza della tua storia.
Passando alla storia vera e propria… Sei riuscita a descrivere le emozioni di Victoire e a la sua interiorità in modo assolutamente magistrale. Mi hai fatto irritare, sperare, disperare con lei ed è stata un’esperienza davvero intensa. L’amore tra Ted e Vic è davvero dolcissimo e mi piacciono tanto insieme in questa tua versione di loro. Mi è piaciuto tanto anche il modo in cui sei riuscita a far emergere moltissimo della personalità di entrambi in una storia in fin dei conti breve.
Col finale mi lasci speranzosa ma anche preoccupata. Si sente che per Vic è importante tornare a vedere quindi sono contenta che abbia fatto questo passo, spero però che la terapia sperimentale funzioni o ho paura che potrebbe rimanerci davvero malissimo. Diciamo pure che capisco lo stato d'animo di Teddy.
Insomma, come avrai capito sono proprio contenta di aver letto questa storia e ti faccio tanti tanti complimenti!
Grazie per aver condiviso con tutti noi questo racconto struggente e romantico!

Sofifi


(Recensione modificata il 19/08/2021 - 07:34 pm)

Recensore Master
19/08/21, ore 12:57

Ciao Mati,
come ti ho già anticipato adoro Teddy e Victoire, quindi ero particolarmente incuriosita dalla tua idea di presentarci una Victoire cieca dalla nascita e da come questo avrebbe influito sulla sua esistenza. Ho amato la sorta di contrapposizione che hai creato tra il suo essere la prima bimba della nuova generazione di Weasley e questo handicap con cui si è trovata ad avere a che fare - qualcosa che nessuno aveva preventivato, proprio ora che si era finalmente tornati in pace. Mi sono anche piaciuti tanto i dettagli che ci lasciano intuire il legame con i genitori, in particolare con Bill, e con i fratelli minori, oltre che con tutti i cugini.
Posso comprendere che Victoire non si sia trovata a suo agio a Hogwarts: così chiassosa e lontana dalla quiete della Cornovaglia e dal caos familiare della Tana, ho trovato plausibile la sua scelta di rifugiarsi nella matematica e nella logica, per dare un senso a ciò che un senso proprio non lo aveva. Mi è piaciuta la ragazza forte a cui hai dato vita, che non si è arresa alla propria natura di strega, non senza poter usare un senso così importante come la vista.
Ovviamente ciò che ho amato di più è stato il suo legame con Teddy, anche io lo immagino pasticcione e con la testa tra le nuvole, apparentemente in contrapposizione con qualcuno di pragmatico come la tua Victoire, eppure sono stati in grado di essere un ossimoro funzionante, hanno dato vita a un amore puro e forte, qualcosa che credo potrà anche superare la distanza che Victoire ha scelto di interporre tra di loro.
L'idea che Teddy sia riuscito a farle comprendere i colori abbinandoli ognuno a una diversa caratteristica, oltre a diverse emozioni, è assolutamente perfetta; così come ho trovato emozionante che Victoire per lui fosse il blu - il mio colore preferito - sei riuscita a descrivere questo colore in maniera convincente e a collegarlo benissimo alla personalità della tua Victoire. E poi l'idea che gli occhi di Teddy ricalchino il colore di quelli di Victoire quando il ragazzo è preda delle proprie emozioni è davvero la più eloquente delle dichiarazioni d'amore, non ci sono dubbi. Al tempo stesso ho amato il fatto che Victoire invece abbia ammesso di preferire il giallo, colore che secondo me è perfetto da associare a Teddy, e ci dimostra quanto - pur nella sua apparente freddezza - Victoire ami Teddy in maniera completa e se anche ha scelto di andare a Tolosa non lo ha fatto per spezzargli il cuore, ma proprio perchè lui le ha insegnato a inseguire la libertà e infrangere le regole prestabilite.
Mi piace pensare che si siano ritrovati in un prossimo futuro e, da perfetta inguaribile romantica, che Teddy sia davvero riuscito a fare un'epocale scoperta che ha permesso ai Medimaghi di combattere la cecità.
In ogni caso il tuo finale aperto è perfetto, struggente e terribilmente romantico; la tua storia mi ha emozionata tantissimo e sono super felice che tu abbia deciso di cimentarti con questa coppia.
Un abbraccio e alla prossima,
Francy