Graziosa girandola di versi corti, strettamente allacciati. Con rime alterne e senza rime.
Senari stavolta, ma ci scappa un settenario ("di servirsi da bere").
In continuo movimento, spinta dal vento vivace della fantasia, che avvicina immagini e suggestioni apparentemente senza collegamento.
O che, volutamente, non c'entrano proprio niente, come "il polline cade"?
Quel "da soli si muore" mi ricorda una canzone del 1969 di Mogol:
"Tu o un'altra è lo stesso
aspettare non posso
soli si muore
senza un amore".
Ma anche questo non c'entra niente :)
Ne viene fuori una poesia leggerina, di gradevole e divertente lettura.
Profondo peraltro il finale. Io ero avvezzo a dire "il gatto si morde la coda". Ignoravo il serpente che si morde la coda, l'uroboro, simbolo del continuo alternarsi fra creazione e distruzione; la vita stessa, dopotutto.
Complimenti. |
