Recensioni per
Silenzi Parlanti
di fenice64

Questa storia ha ottenuto 8 recensioni.
Positive : 8
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Recensore Veterano
14/07/23, ore 22:33

Ciao
Il silenzio metafora di qualcosa che si e' perduta, ma il silenzio e' anche voce, dell' anima e del cuore, il silenzio solitario di piccole cose celate
Stupenda
V

Recensore Junior
27/01/22, ore 18:11

Carissima Elena: per la prima volta, da quando ho il piacere e il privilegio di seguirti, mi capita di pensare che questo tuo componimento non sia rivolto a te stessa, bensì a qualcuno che hai fatto amorevolmente oggetto delle tue attenzioni. Forse, una persona cara. Potrei sbagliare ma, da queste parole traboccanti di luce fluente e di calore quasi divino, percepisco l’energia di due mani che si tendono verso un destinatario in difficoltà. Le tue mani sono affettuose e ansiose di recare sollievo a colui o colei che ne ha bisogno, pronte ad accarezzare con delicatezza un dolore che non trova voce. Il dolore, per me, è sacro. C’è un passo tratto dal “De Profundis” di Oscar Wilde (riletto più volte nel corso della mia vita) che sento “mio” e che la tua poesia mi ha riportato alla mente: “Vi sono momenti in cui il Dolore mi appare come l'unica verità. Altre cose possono essere illusioni dell'occhio o degli appetiti, fatte per accecare quello o nauseare questi, ma dal Dolore sono stati creati i mondi, e alla nascita di un bimbo o di una stella assiste la sofferenza”.
E tu, questo dolore, hai saputo riconoscerlo. Hai saputo farlo tuo. Lo hai cullato e custodito, nella speranza che l’altro alzasse lo sguardo e si accorgesse delle tue mani tese, quindi del messaggio di speranza che recavi con te: speranza di “un nuovo domani”, di un sorriso, di un futuro radioso. Ognuno di noi dovrebbe trovare in sé la capacità e il coraggio di tramutare le proprie sofferenze in piccole feritoie dalle quali veder sgorgare la luce, quella stessa luce che in certi momenti non riusciamo a scorgere, quasi dando per scontato che non esista. Il dolore ci rende ciechi. Ma poi arriva una dolcissima autrice di talento, una sapiente e valente guerriera dall’armatura scintillante che vanta un cuore colmo di bontà e umiltà; tutti noi dovremmo avere una Elena che ci sostenga e ci incoraggi nei periodi più bui, e che ci mostri – con delicato buon senso – la giusta via da seguire. Non lo nego, oggigiorno si fa sempre più estranea l’idea di fidarsi di qualcuno, o peggio ancora affidarsi, ma quando si ha la fortuna di incontrare qualcuno come te, allora cambia tutto.
Cara Elena, tu possiedi un dono che si aggiunge alla vocazione per la scrittura: sai ascoltare, sai andare a fondo nelle cose e nelle persone… Tu sai amare a 360°. E da un’anima eletta che sa regalare tante e tali emozioni, non potevo aspettarmi niente di diverso. Puoi e devi essere fiera di ciò che sei.
Un abbraccio, stretto e avvolgente, che ti accompagni per l’intero weekend.

Recensore Master
08/01/22, ore 10:59

Ciao Fenice. Il titolo con parole antitetiche mi ha affascinata. Molto bella l'immagine scelta. Mi è piaciuta l'espressione "nella loro danza fatta di vocali e consonanti. " Quando una persona non si esprime con le parole si possono cogliere i silenzi nel loro dolore. Suggestivo quanto scritto riguardo le ferite e le feritoie con la luce di un nuovo domani, di un futuro. Un messaggio di speranza nel finale. Grazie come sempre per condividere questi pensieri. Un caro saluto.
(Recensione modificata il 08/01/2022 - 11:00 am)

Recensore Master
06/01/22, ore 16:20

Di nuovo, la tua poesia colpisce dritta all'anima.
Quelle ferite che diventano feritoie, quel velo troppo difficile da scostare sembrano passare alla vita e mi si appiccicano addosso.
E ancora quei silenzi, quei silenzi carichi di significato, anche carichi di parole a volte, parole senza senso, parole senza profondità... quelli sono un ricordo fresco sulla pelle. E intanto siamo sempre in attesa.
In attesa di qualcuno forse, a volte di qualcuno che c'è già.
Complimenti davvero!
A presto!

Recensore Master
05/01/22, ore 10:57

Una volta, in un lontanissimo mondo legato alla mia infanzia, mi dicevano: "il silenzio è d'oro". Qualcuno più arguto mi diceva: "nella bocca aperta ci vanno le mosche". Il silenzio era una virtù.
Poi qualcosa è cambiato. Sono cambiati i rapporti fra esseri umani. Fisicità negata. L'unico modo di comunicare è diventato digitare parole su una tastiera senza guardare negli occhi.
In questo mondo virtuale il silenzio è diventato offensivo, rifiuto di comunicare, voglia di chiudere ogni rapporto. Per lo meno così viene interpretato.

Ma ecco che viene incontro Fenice, sempre pronta a tendere le mani. "Le mani che verso di te si tendono.". Mani che stavolta ho percepito come carezze. Come un tremulo guardare negli occhi per interpretare silenzi. Fisicità ripristinata.
Ne è uscito un delicatissimo (capo)lavoro dove l'ego - sicuramente offeso dal silenzio - preferisce farsi da parte per lasciare il tempo di lenire i disagi dell'altro.

I versi, accuratamente studiati, appagano la mente.
"Nostalgia e malinconia, / rimorso e rimpianto, / amarezza e confusione". Danzanti e cullanti, non solo a parole.
Geniale il gioco di parole ferite / feritoie.
Versi che grondano significati. Il silenzio come espressione di sospensione e
di dolore. Il dolore come crescita, in accordo alla frase di Hesse.
Versi che invitano alla riflessione.
Nei momenti bui, quelli che zittiscono, non sono le luci, non sono le voci che si spengono. Siamo noi che interponiamo il velo. È la solita nostra attitudine a costruire muri. Muri di rifugio, in apparenza. Muri di prigione, in realtà.

Si arriva a fine lettura che la tenera Fenice è sparita, col suo alberello fiorito di rosa sul supporto solido della roccia. Piccolo, ma sembra perfino capace di fondere fra le nuvole il dolore lancinante di una Deposizione.
Fenice, messaggera degli "Dei", si ritira.
Rimane il silenzio parlante.
Arriveranno le parole.
Mai? Sempre? Concetti privi di rilievo e di significato. Vuote costruzioni della mente umana.

Un abbraccio, Fenice. Poetessa che ogni volta inventi modi nuovi di fare poesia.

P.S Ho dedicato del tempo a cercare chi potesse essere stato il mistico tedesco che aveva avvicinato le ferite alle feritoie. Non sono riuscito a trovarlo. C'è chi cita il poeta persiano Rumi: ‘Le ferite sono feritoie attraverso le quali vedere cose che agli altri restano precluse’.
Non so, mi sembrano inesatte entrambe le attribuzioni, il gioco di parole è troppo italiano. Forse è una seguace contemporanea, Chandra Livia Candiani. A te comunque l'onore di aver riportato in luce l'analogia.

Recensore Veterano
05/01/22, ore 09:13

Buongiorno Elena.
Mi è piaciuta tantissimo la parte in cui trasformi le ferite in feritoie in cui scorgere la luce di un radioso domani.
A volte fidarsi di qualcuno sembra impossibile.. Figuriamoci invitare altre persone ad esserlo...un impresa.
È proprio per questo che bisogna provare.
Che bisogna avere qualcuno che ci prova per te. Che insiste. Che magari in un primo momento può metterti a disagio.

Brava. Hai lanciato un incredibile gesto di Speranza.

Un caro saluto
Roberto

Recensore Master
05/01/22, ore 05:22

Buongiorno,
Poesia di speranza! Ma se una persona è chiusa è difficile che si apra... la vita è cosi. Poi le ferite varie non aiutano.
Sempre un testo scritto con il cuore, complimenti!

Recensore Master
04/01/22, ore 13:56

I silenzi, per quanti sforzi io faccia per comprenderli, li trovo aberranti.
Questo tuo componimento cade a fagiolo, cara Elena. Proprio oggi pensavo a qualcuno che tace...tace...e non risponde.
Si cela un grande dolore dietro ogni silenzio, è vero.
Ma quel silenzio provoca altrettanto dolore in chi sta dall'altra parte, e attende risposte che mai arriveranno.
Una guerra psicologica senza vincitori.
Solo sconfitti.
Da entrambe le parti.