Recensioni per
Il giorno delle promesse eterne
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 16 recensioni.
Positive : 16
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
11/10/22, ore 13:09

Fermi, le ali vibranti sul rosone, osserviamo muti, da lontano, la messa in scena del sogno arreso alle paure più grandi. La voce tremula che batte in testa il “Ti odio”, piccola articolazione e unico interludio languido di un canto diabolico e senza coro, una risata limpida nella eco sedata e sorridente di chiacchiericcio. 
Anche noi tutte vittime spaurate sullo stesso altare del ladro di sogni, la musica del carillon a scandire, meccanica, il film muto del dramma degli invisibili al cuore degli amati, degli esseri immutabili del destino già scritto, tutti nessuno finché la molla scatta, il meccanismo si inceppa, la scatola della musica si chiude inghiottendo il film in bianco e nero. Si odono allora voci a colori diventare coro, gli strumenti armonia, salvati dal maestro poco prima di essere schiacciati sul muro che ci sorreggeva.

Un abbraccio e grazie per le tue parole,
Minaoscarandre 

Nuovo recensore
30/07/22, ore 20:07

Caro Graal,
Non potevo non lasciarti due righe, e sono pure in ritardo, la tua storia l’ho divorata come un assetato salvato dal deserto, quasi senza assaporarla, ma il tempo ultimamente ha preso a scorrere a una velocità incredibile. Finalmente riesco a riprendermi un attimo e a riappropriarmi del piacere di andare a trovare un vecchio amico, le cui storie mi hanno tenuto compagnia anche in questi mesi.
Il meta mi piace tanto e sai già cosa penso dei tuoi personaggi, li riconosco e immagino la fila dietro alla tua porta quando non vogliono saperne di lasciarti in pace! E quindi ti saluto sempre e solo con un arrivederci che sia qui, in un mondo distopico, o ad un tavolo da gioco poco importa. Stasera berrò un bicchiere di vino per festeggiare il tuo compleanno. Tanti Auguri Sacrograal! Tanti Auguri Lorenzo!
Grazie, grazie di tutto.
Annalisa
(Recensione modificata il 30/07/2022 - 09:03 pm)
(Recensione modificata il 30/07/2022 - 09:04 pm)

Nuovo recensore
30/07/22, ore 17:28

Che tiro ci hai giocato, buon vecchio Graal! Ma io un cazzotto da quel bravo diavolo di André te l'avrei fatto tirare! Complimenti per questo bel metaracconto. E buon compleanno anche da parte mia! :-)

Recensore Veterano
27/07/22, ore 17:58

Allora, una giornata come tante, come tante volte entro ne La Disperazione, ho voglia di incontrare i miei vecchi amici…
È silenziosa stasera La Disperazione, Joss è dietro il bancone, solo Gobemouche e Louise in un angolo parlano fitto fitto, chissà cosa tramano.
Chiedo a Joss dove sono tutti, al solito si limita ad alzare le spalle senza proferire una parola.
Improvvisamente la porta si spalanca, entra il pulcino e sorride non appena mi scorge. Velocemente si avvicina e mi afferra la mano.
“Vieni con me.” mi dice, e io lo seguo. Mi fido ciecamente di lui. Quasi di corsa, attraversiamo le strade di Parigi, quante volte le ho percorse quelle strade…
Foret si ferma davanti alla Cattedrale di Notre-Dame, sorpresa lo guardo e lui sorride facendomi cenno di entrare. È imponente, maestosa, incute rispetto, quasi ne conosco ogni angolo, la Cattedrale, vi son entrata molte volte.
Vi entro, so di essere gradita, son tutti lì, anche lui, cavaliere innamorato.
C’è molta gente, sembra che si celebri un matrimonio, ma il mio sguardo è attratto dall’altare. Sorrido e ti guardo, e gli occhi più non vedono, tutto scompare. Può fermarsi il tempo? Imprigionare in un istante infinito il passato, il presente, il futuro?
Lui… cavaliere innamorato, semplicemente uomo. Ché un uomo può essere un cavaliere anche senza armatura e spada. Ché una armatura per un vero cavaliere è la sua essenza, il suo sentire. Un uomo semplicemente.
Lui… che sa amare sempre, nonostante tutto. Che conosce il dolore, che è diventato ancora più forte, nonostante tutto. Che sa amare in silenzio, che sa aspettare.
Lui… che sa che l’amore è realtà, la realtà che si fa sogno. Il sogno che è realtà, perché lui ha attraversato la sua vita con il coraggio di chi può sconfiggere ogni avversità.
Essere “qualcuno” rappresenta un traguardo da raggiungere ad ogni costo, può essere effimera fama, essere “tutto” per chi davvero conta nella vita è la più grande conquista di un uomo.
Lui… che ha sconfitto il suo Dèmone, perché non è vile, perché sa pensare solo alla felicità di lei. E non sa che lei lo guarda quando non si sente guardata. Non sa che lei conosce il suo cuore, sa chi è lui. Ancora non lo sa lui…
Sento risate felici, mi riscuoto e li vedo, son tutti lì i miei amici. Sorrido e strizzo l’occhio al Marchese, mi fa un inchino e ricambia. Ci rivedremo a La Disperazione e brinderemo a Gral e alla sua Scrittura.
Mi volto a guardare la Cattedrale, io so chi l’ha ideata.
Chi sa comprendere il vuoto, gli echi e le ombre.
Mi siedo accanto a te e guardo le tue dita che giocano con lo zippo. Mi guardi e io sussurro piano “E ora Gral?”
Sorrido e in silenzio aspetto…

Recensore Veterano
27/07/22, ore 16:29

Imprevedibile Gral, architetto di meraviglie...bentornato! Anche se, temo, solo per i saluti.
I migliori son già passati e da aggiungere rimane poco, se non sottolineare che il metaletterario come lo fa Gral, lo può fare solo Gral.
Ci porti dentro il peggior incubo di André Grandier senza che questo si verifichi. Ci spiazzi ma non del tutto perché ci hai abituato che il lieto fine non lo si può lasciare per strada e ci fai sorridere con la comparsa del suddetto architetto in abito talare a spezzare l'incubo e riportarci alla realtà. Poi però, sul finale, ci si stringe un po' il cuore perché sembra di vederli i tuoi personaggi impegnati in un inchino collettivo prima della chiusura del sipario sull'ultimo spettacolo di una stagione della quale io non posso che ringraziarti. Visto che oggi, guarda caso, ho per le mani una torta con candeline, se il 31 dovesse mai essere il tuo compleanno, pensa ad un desiderio...vuoi mai che possa servire...
Grazie di questo ultimo (ma davvero?) regalo e buona vita.

P.S: se incontri quello con il nome lunghissimo che si fa chiamare Will, salutalo da parte mia ;)

Recensore Veterano
25/07/22, ore 22:37

Messer Gral,
è così bello rileggerti che quasi non mi sembra vero. Davvero, quando ho scorto la storia ho dovuto stropicciarmi gli occhi per essere sicura di non trovarmi di fronte a un miraggio (sai com'è, con il caldo di questi giorni il rischio c'è).
Un vero ritorno in grande spolvero il tuo, così come quello dei tuoi magnifici personaggi a cui mi ero tanto affezionata. Solo ora che li ritrovo riesco a realizzare quanto mi fossero mancati. E c'erano proprio tutti: dagli avventori della Disperazione al Demone di Andre' Grandier. Che bellezza!
Ho adorato il tuo Alain, uomo vissuto e figlio di nobile decaduto, che fa le corna e tocca legno; ma, soprattutto, sono stata felice di ritrovare Lui, il Divin Marchese, quello che mi era mancato più di tutti: ed è proprio lui che fomenta Andre' "Braddock" perché è un inguaribile romantico, ma, soprattutto, perché vorrebbe fare "casino" in un luogo sacro. Come faccio a non trattenere un sorriso?
Mentre leggevo mi pareva proprio di essermi calata in uno dei peggiori incubi del Grandier: hai presente quando nei sogni vorresti parlare, ma non riesci ad aprire bocca? Oppure vorresti muoverti ed agire, ma resti con i piedi incollati al suolo?? D'altronde è giusto accontentare tutti: stavolta era il turno di Girodelle. E nemmeno quel Fersen tutto tronfio è di buon auspicio per il Grandier (ma tanto lui, lo sappiamo, è un pezzo di pane e ti perdona sempre tutto, alla fine).
Ho letteralmente adorato questa storia: come sempre, la tua prosa è poesia e i tuoi discorsi filosofia.
Grazie di tutto, veramente.
Un caro saluto e una riverenza, 
G.

Ps. Devo farti una confessione: putroppo il Divin Marchese, nella mia fantasia, non ha più le fattezze di Anthony Hopkins. Dopo aver visto "Quills", non posso che immaginarlo con la fisionomia e la voce di Geoffrey Rush. Potrai mai perdonarmi?

Recensore Junior
25/07/22, ore 19:20

Mio carissimo Graal,
quando si dice l’importanza di un pronome!  
Ci provo anche con la penna in ammollo in piscina, per un commento veloce e molto poco di fuoco e di fiamma.

Il passo tra “chiunque”, “qualcuno” ed “io” è talmente breve, così ingannevolmente minuscolo, da eguagliare la magnificenza della tua cattedrale e la differenza tra Scrittore e scribacchino.
È tanto sorprendente quanto un avverbio posto “quasi” a delimitare qualità simile e mai autentica, tanto vicina quanto irraggiungibile, e che attesti – quasi quasi – che quel qualcuno spesso equivale a nessuno.
Questione di ambivalenza o duttilità della parola, della sua connotazione, denotazione e percezione, ma che non concerne la tua, non in questa particolare accezione, caro Graal, perché né per eccesso di ottimismo, o che dir si voglia generosità, né per difetto o pitoccheria – e qualsiasi fosse l’interlocutore da questa parte – neanche un signor nessuno potrebbe confondere il peso della tua Scrittura. Neanche quando vi entri da sotto la tonaca e lasci volutamente il personaggio in balìa del libero arbitrio e di quell’alter ego che ci aveva lasciati da demone e che ora, riappropriatosi della figura di suono e del suo paronimo, è tornato demonio. 
E sempre perché i pronomi mi piacciono tanto  – e pure quelli hanno una ragione tutta loro  – ciascun pensiero è plausibile espressione del giusto e proprio soggetto e nessuna caratterizzazione è negata o preclusa quando sono l’indole e il carattere dello stesso personaggio che la dettano e la giustificano.
La chiamo chiarezza sintattica dei personaggi, ed è quella che regala ad un narrato il dono di essere controverso.
La scorrettezza di posizione di un attributo, di una locuzione o di una subordinata e non sposterebbe la valutazione dall’altra parte del fossato.
E se la scrittura è anche, non solo, espressione di sé, e il linguaggio è espressione di un soggetto umano, va da sé che, in quanto tale, il racconto narrativo dei fatti rimane espressione soggettiva. Sta allora all’interlocutore capire le luci e le ombre che di quel racconto fanno il colore.
Soggettività che lo Scrittore bravo – quale sei – usa come strumento di fuga  dalla sterile dittatura di registri unici e dall’indirizzo omo-linguale di chi racconta e di chi ascolta che, pur raggruppando la totalità nella stessa dimensione omogenea di spazio e tempo, se lasciata sola, ammazzerebbe l’ordito del discorso. Ecco tu non corri mai questo rischio.

Hasta luego “bimbo”! L’idioma mi ha fatto sentire un po’ più giovane e meno letargica. 
Sempre solo tua di fuoco e fiamma 
F.

Recensore Master
24/07/22, ore 10:19

Mio caro S.
Ti trovo bene, tenacemente ancorato ai tuoi capisaldi narrativi.
Mai direi di no alla Banda della "Disperazione", anche se su queste righe è più d' una delle sue appartenenze a difettare (per esempio: manca il mio adorato poeta, struggente e sempre innamorato) ed è stato estremamente delizioso per me ritrovarli quasi tutti e... ritrovare te. Per questo fortunato accadimento ti mando il mio più vivo ringraziamento. Giunta qui (chissà se te lo starai aspettando...) però, mi scappa un però...
Dov'è Oscar qui?! Quella che c'è non è lei e quella che manca non c'è proprio.
Si, nulla da eccepire, questi sono i tuoi personaggi, che, nonostante tutto, sempre mi saranno cari...
Ma leggere di un ipotetico odio di Oscar, quello nei confronti di Andrè (anche se poi esso sconfessa se stesso), è una libera interpretazione della storia talmente immensa che il "non spenderci sopra qualche parola" mi è impossibile. Oscar avrebbe potuto "disintegrare" anche il ricordo della persona "che arrivò a fare ciò che fece" e ne avrebbe avuto tutti, ma proprio tutti, i diritti di farlo e, perfino, la potestà, ma lei mai si spinse oltre a quella soglia. Lei, semplicemente, preferì dimenticare. Un atto che si compie soltanto per amore.
Poi veniamo al "demone"... Quanto ti piace e quanto lo sai narrare bene, ma... ci sarà stato veramente un "demone" in una certa camera, in una particolare serata?!
Personalmente (non metto quell' "io", che pare tanto mostruoso - ma senza di lui come sarà mai possibile arrivare all' amare gli altri tanto quanto se stessi??! Mah!) ritengo che quegli antichi atti di Andrè non fossero dettati da mancanza d' amore, bensì dalla sovrabbondanza della sua presenza. L' immenso amore è soggetto a estremi "deragliamenti", ahimè! (Lei, ferita oltre il possibile, inseguiva la chimera... Lui, costretto al muro, si è gettato, malamente, "oltre tutte le siepi".)
Come si può notare le nostre "visioni d' insieme" continuano a correre parallele...
Però (si un altro) nemmeno la dislocazione di tali nostri modi d' intendere e di sentire può intaccare il risultato da te raggiunto su queste righe e a me non è di nessun affanno il riconoscerne l' assoluta buona qualità. Maestria narrativa, ironia, creatività, intelligenza... sono tante le doti rintracciabili in questo tuo testo. Hai "giocato", con loro e con noi, ancora una volta e lo hai fatto deliziosamente bene.
Nel farti un bel regalo... (peccato che tu ne abbia fatto soltanto mezzo a Oscar) hai portato felicità anche in tanti altri cuori. Ti ringrazio e ti invio i miei più affettuosi auguri, di buon compleanno e "oltre".
Un caro, sentitamente caro, saluto
E/L MMXV

Recensore Junior
24/07/22, ore 00:50

Caspita quanto è imponente questa cattedrale. Sono lì a rimirarla e a condividere il dramma di Andre’. Perché so già che l’evento che vi si terra’ sarà grandioso ma nello stesso tempo potrebbe essere il compimento di un dolore che è lì strisciante da troppi mesi.
Mi faccio coraggio ed entro e come mi aspettavo è tutto luce ed oro e gli occhi sono abbagliati da tanta bellezza. Una bellezza che sembra non possa mai crollare eppure l’impensabile è lì come lingua di fuoco pronta a divorare tutto.
È possibile che in una cattedrale si possa concentrare tutto un mondo? Sono presenti tutti, tutti coloro che lo hanno costruito e gli hanno dato significato. Ognuno con il suo ruolo fondamentale ed insostituibile. Ed anche i miei occhi diventano lucidi al ricordo di tutto l’amore e il dolore ed il riso ed il pianto che questo piccolo e prezioso mondo ha saputo donarmi. Se fanno parte del passato o li troverò ancora in futuro non è dato sapere con certezza. Quello di cui sono certa è che nei pensieri di Andre’ c’è forse l’elenco di tutto quello che conta veramente sapere nella vita. Perché amare è ridere in faccia alla morte e l’amicizia come l’amore possono essere eterni. Un dono scolpito nella viva pietra di questa cattedrale, opera eterna da poter tornare ad ammirare quando lo spirito rischia di smarrirsi.
Ed infine eccolo lì l’autore, che spezza la tensione all’apice del patos e che si palesa richiamando a se le sue creature per potergli donare l’infinita possibilità di gioire e soffrire e sbagliare ed amare in un modo sempre nuovo e sempre uguale.
Non sappiamo chi sia l’architetto che ha progettato Notre Dame, ma sappiamo chi è l’autore che ha saputo costruire questa meravigliosa cattedrale.
Forse non è dato a tutti di diventare qualcuno, forse ai più è concesso di essere solo degli aspiranti. Ma non è questo l’essenziale. In fondo desiderare intensamente qualcosa può rendere felici anche se non la si possiede.
Io sono immensamente felice ed a lui vanno i miei più devoti ringraziamenti ed omaggi per averci donato ancora la sua penna.

Recensore Master
24/07/22, ore 00:26

Carissimo Gral che bella ed inaspettata sorpresa ritrovarti.
Sei mancato, è mancata la tua penna che all'inizio è in punta di fioretto ma poi colpisce e affonda.
Un matrimonio, una delle cattedrali più famose del mondo, anche se il mio Duomo a Milano è molto più grande, e la sorpresa delle sorprese lo sposo non è André.
Lo smarrimento è totale, André perso e afflitto ripensa a quel momento in cui tutto è cambiato. Quel maledetto litigio fra loro, quel momento in cui lui ha perso il lume della ragione e ha incrinato il loro rapporto. Ora in quella chiesa aspetta la sua condanna e piano piano ad uno ad uno arrivano tutti i tuoi personaggi che abbiamo imparato ad amare, tutti pronti a sostenerlo e pronti anche a compiere una follia pur di interrompere quel dramma.
E poi quella frase che non fa parte della liturgia cattolica ed ecco che anche tu ti presenti e sei niente di meno che il sacerdote officiante.
E la storia si sposta in un' armeria dove il nostro eroe ha appena subito un brutale pestaggio e ovviamente ti manda a scopare il mare come diceva la mia di nonna.
Questa dama affezionata spera con tutto il cuore che questo non sia un addio, ma che ogni tanto torni a trovarla magari scrivendo di un vero matrimonio.
Se il 31 fosse il tuo compleanno ti faccio i più sentiti auguri e ti mando un grande abbraccio gentile cavaliere.

Recensore Veterano
23/07/22, ore 22:57

Bentrovato! Bentrovato davvero!
Un racconto, che sia ben fatto, deve prenderci un po' alla sprovvista, innanzitutto. Spiazzarci un po'. Almeno così la vedo io. E questo tuo racconto lo fa senz'altro.
Perché si celebra un evento importante, ma non è quello che ci aspetteremmo. E comunque, alla fine, questo evento non si celebra nemmeno.
In secondo luogo un bel racconto ci deve far soffrire, cioè ci deve mettere in comunicazione con quel dolore che è una componente ineliminabile della vita. Tanto nella realtà quanto nella finzione letteraria. E in questi casi, si sa, bisogna prendere tutto il pacchetto.
Sarebbe poi auspicabile che un racconto ci facesse sorridere, dato che, ci dicono, la lacrima e il riso si fa prima ad accoglierli insieme, che a tentare di separarli.
Un racconto degno di questo nome deve anche lasciarci un po' in sospeso e noi rimaniamo con la curiosità di sapere quale fosse il punto di vista di Oscar, un personaggio qui - come si dice?- senza battute.
Come dici? Il suo punto di vista bisogna leggerlo tra le righe? Giusto. Non ci avevo riflettuto. E' vero!
Infine un racconto deve essere coraggioso. E lasciarci con la speranza che, nonostante tutto, certe cose non cambieranno mai.
Perché quando si scrive una fanfiction è facile cadere in tentazione "da un lato, quella di appropriarsene, distorcere i personaggi a proprio piacere; dall'altro, essere troppo pedissequi, e far riassunti, magari per timidità - in entrambi i casi, si tradisce lo spirito della fanfiction, che ci sfida a fondere idea nuova e rispetto all'autorità." Questo me lo ricordo bene, vedi? Il coraggio però paga sempre e non si possono fare le cose a metà.
Quest'ultima cosa mi piacerebbe fosse vera in generale.
Grazie, quindi e...a presto?
Quando ci scappa di scrivere, alla fine, non possiamo certo deciderlo noi. Quasi mai.
Octave

Recensore Veterano
23/07/22, ore 16:46

“Ma Notre-Dame in fiamme è una visione impossibile, neppure fra due secoli potrebbe accadere. E Dio possiede il Suo esprit, il Suo senso dell’umorismo.”
Dio gradisce l’umorismo nero. Evidentemente ti ha ascoltato Grandier.
Ma non è solo Dio che si burla di te (e di noi ...almeno di me lo fa continuamente).
Quando si è così disperati da non sentire più neppure il dolore sono i dettagli che fanno restare interi.”
“I dettagli, i dettagli. Sono quelli che possono salvare.”
I dettagli … hai proprio ragione Grandier, ma spesso lì si nasconde il Diavolo. Non dargli retta quando fa dire al Divin Marchese “vi vuole bene, ma non vi ama” e subito dopo ti propone di rapirla. Vuole solo divertirsi.
Ma non dare retta nemmeno al tuo personale Demone, di quello non ti devi fidare mai Grandier. Perché tu non puoi salvarti da solo, lontano, da lei. Proprio non puoi.
Dai retta ad un solo dettaglio. Lei non ti ha degnato nemmeno di uno sguardo. Perché quella che avanzava verso l’altare non era Oscar, era solo il suo Demone. Se si fosse girata verso di te l’avresti capito e lei sarebbe svanita.
Del resto il dettaglio principale l'hai individuato subito Grandier: "L’amore è ... ridere in faccia alla morte. Qui tutti sorridono e nessuno ride."
I tuoi compagni  ti hanno pestato proprio per bene Grandier, ma a qualcosa è servito sai: nel delirio l’hai detto a bassa voce quel “no”, ma lei l’ha sentito.. E per citare Wallace, la devi perdonare la tua Oscar "È difficile notare quello che vedi tutti i giorni."
Ma soprattutto, caro Grandier, mi raccomando: non punirlo troppo severamente il nostro Gral, non lo ammazzare il Divin Demiurgo, architetto ed alchimista degno di un romanzo di  Peter Ackroyd.
Vogliamo che scriva ancora ed ancora …
(Recensione modificata il 23/07/2022 - 05:37 pm)

Recensore Master
23/07/22, ore 15:39

Mio caro Cavaliere, accolgo il vostro ritorno con piacere anche se, dall’incipit, temo sia un passaggio radente che lascia spazio a quello che appare come un addio, magari temporaneo, ma comunque un addio. Forse andrete a giocare in altri tavoli, più o meno amichevoli, ma prima di lasciarci avete voluto omaggiarci di questo che è molto più di un regalo per tutto ciò che contiene.
Un regalo che non si osserva e apprezza dall’involucro, ma solo quando lo si scarta, ed è allora che appare ai nostri occhi di lettori tutta la meraviglia che contiene.
Il ritorno non poteva che essere corale, con tutti quei personaggi che hanno fatto da degno corollario alle vostre storie che hanno allietato, e fatto riflettere al contempo, i nostri pomeriggi o le nostre serate. E non ne avete scordato proprio nessuno, perché ognuno ha regalato a voi e a noi un pezzettino di sé, e per questo Vi ringraziamo.
In questo caso ci avete immerso in un universo alternativo, di quelli che a Voi tanto piacciono, nonché nei pensieri di André. Questa volta avete voluto giocargli uno scherzo, che però ha fatto riflettere, e anche tutti i personaggi a raccolta hanno deciso di partecipare allo scherzo.
Poche sono questa volta, fortunatamente per Voi, le parole che posso spendere su questo esperimento metaletterario, forse proprio come il primo con cui ci avevate allietato e con il quale vi avevamo conosciuto, scoprendo la vostra vena creativa e narrativa, avendo Voi stesso già scritto tutto e pure di più, lasciandoci qualche perla che non scorderemo.
Mi sono focalizzata su due passaggi che mi hanno colpito particolarmente:
” Mio amore, io non so chi sei. Conosco le tue tempie, i tuoi polsi, le rughe sulla tua fronte, il tuo profumo, conosco i tuoi pensieri, i tuoi desideri che neanche tu conosci, e i tuoi rari sorrisi, e le tue trasversalità, quello che non dici di fronte agli specchi, quello che neghi a te stessa; conosco quello che ti fa ridere e quello che ti fa piangere, il suono della tua voce quando è sottile e quando è pieno, e conosco la tua ironia quando disprezzi e la grazia quando la risata è solo nascondersi, negare la profondità. E conosco gli sguardi, sempre gli sguardi: diretti, obliqui, incerti, sognanti, umidi, alati, dispersi. Conosco i tuoi pensieri: onesti, limpidi, distratti, offesi, tristi, onirici, colmi, sempre colmi, e profumati. Conoco il tuo cielo che è del colore dei tuoi occhi, conosco le tue mani che sfiorano ogni cosa, che impugnano tutto, che tutto conoscono. Ma non so chi sei. Non so chi sono io stesso. La Verità è un sogno e un prisma. Io ho sognato la mia vita, l’ho attraversata a passi felpati, lento come son lento nel comprendere, e troppe volte bestemmiando in silenzio Dio e la mia condizione. Tu non usi mai “chiunque” come soggetto di una frase. E quando parli inizi con un avverbio, come se ti ricollegassi a un discorso già sospeso, o con un nome proprio, a richiamare tutta l’attenzione. I tuoi desideri son desideri di luce. Come sono arrivato a questo?”
Essenza pura di un amore che non ha confini né di tempo né di spazio, un discorso muto ma continuo con l’anima.
E poi ancora:
“Da te ho imparato molte cose. Che se prendi un secchio col suo coperchio e lo porti fuori, di notte, puoi intrappolare un raggio di luna. Che esiste la generosità silenziosa. Che puoi aver voglia di vendetta per anni e poi ti capita l’occasione giusta, quella che aspettavi, e non te ne importa più niente. Che tutti coloro che sono segretamente convinti di essere migliori degli altri in realtà sono esattamente uguali agli altri. Che i biscotti sono più buoni se mangiati in buona compagnia. Che se cammini dietro a una persona, il profumo dei capelli si sente in maniera più intensa a un mezzo metro di distanza quando il vento spira bene. Che l’onestà è una gran cosa. Che un soldato deve prima agire e poi pensare, ma se un soldato non pensa finisce ammazzato prima degli altri. Che esistono le persone, prima, e poi tutto il resto. Che l’amicizia può essere eterna. Che l’amore può essere eterno. Che all’alba il cielo possiede colori che non diresti mai quando lo vedi al tramonto. Che desiderare qualcosa senza possederlo davvero può essere appagante. Che gli altri, che tutti considerano stupidi, possono vedere qualcosa che tu non vedi. Che non è necessario far pesare la propria superiorità quando è evidente. Che tutti quelli che si preparano ad affrontare un evento pensano a un evento drammatico, non a uno bello. Che il tempo non cambia niente. Che concentrarsi intensamente su qualcosa può far venire i capelli bianchi. Che chi crede di sapere tutto non sa niente. Che “io” è il più lurido dei pronomi. Che il dolore, quando è davvero forte e ti sembra di non poter resistere oltre, tuttavia non ammazza. Che la preoccupazione per come gli altri ti considerano sparisce quando ti rendi conto che le persone pensano ad altro. Che le persone cattive esistono. Che le persone buone esistono. Che le persone buone non umiliano gli altri. Che i coltellini devono avere il manico rosso. Che il passato è il futuro cui diamo un altro nome.”
Un pensiero che non è solo riferito ai personaggi e al contesto da voi descritto, ma che va oltre e che può essere declinato su ognuno di noi, indipendentemente dal fatto che il racconto possa piacere o meno.
E come ogni addio che si rispetti, Vi siete voluto calare Voi stesso all’interno delle vicende, e non poteva essere che una parte incisiva, come quella dell’officiante di questa particolare cerimonia, forse per sentivi ancora più vicino ai personaggi e tentando di sistemare le cose a modo vostro prima di andarvene, in quanto loro tanto hanno dato a voi e, per una sorta di vasi comunicanti, avete voluto che anche noi lettori potessimo quasi esserne parte integrante, avendo fatto parte del percorso insieme e chiudendo così idealmente un cerchio.
Ormai temo di aver esaurito le parole, ma mai il piacere di leggerVi.
Dovunque andrete, spero che il destino Vi arrida sempre, e questo è l’augurio della vostra dama d’altri tempi.
Ancora grazie e buon proseguimento per tutti i vostri progetti futuri.

Recensore Master
23/07/22, ore 15:24

Tutto magnificamente descritto, molto originale e ironico.
Si vede la classe e la superiorità di chi possiede il dono dello scrivere.
Peccato solo per quel "bimbe" al termine della presentazione, ma a parlare è il mio animo oscariano.
Buone ferie anche a te

Recensore Veterano
23/07/22, ore 14:50

Mio carissimo Cavaliere,
il metaletterario espone a dei rischi, dici tu, ma qui, ti assicuro, hai cavalcato un'onda che te li ha fatti superare tutti.
E mi hai fatto ridere di cuore, cavaliere, perché sul più bello hai addirittura oscurato la sposa! Quella battuta di André, sperduto e spaurito al centro della navata di Notre Dame, spariglia tutte le carte, trasforma il gelo della chiesa nel calore della finzione buona che non fa male a nessuno e fa dimenticare per un istante che, in effetti, la sposa era Oscar, pronta a convolare con Girodelle!

Ma, caro Gral, la struttura è un guscio e, per quanto ben architettata, non basta per una bandierina verde, giusto?. Allora ti dico che ancor più del guscio, tanto mi è piaciuto il frutto racchiuso in quel guscio. Qualche frase? Vuoi un elenco? Adoro gli elenchi.
"Qui tutti sorridono e nessuno ride"
L'aggettivo "dispersi" per il sostantivo "sguardi"
"Chiedere perdono era stato estremamente facile. Aveva sentito in tutto il suo essere ancora giovane e verde come limone il bisogno di chiedere perdono e di essere perdonato. L’aveva vista piangere. E l’aveva vista spogliata. Nuda no, ma spogliata sì"
"Ti odio perché sei un ipocrita. Ti odio perché sei un vile. Per nessun altro motivo, André. Solo perché sei un vigliacco"
"E allora forse sarebbe stato meglio conservare quello che avresti potuto essere, invece di soffrire per ricavarne solo la sofferenza"
"Che desiderare qualcosa senza possederlo davvero può essere appagante"
E infine, cavaliere, è proprio così: "io" è il più lurido dei pronomi. Ti ringrazio tanto perché mi hai fatto pensare subito al mio nonno che ai suoi nipoti che urlavano "io, io, io!" rispondeva sempre "Io, Io, la vacca di Giove!" e noi ridevamo come dei matti.
E poi ancora il divin marchese, e Sanson e Foret, specialmente Foret, Foret che tutto comprende solo ascoltando il cuore, che mai inizia la frase con "io", che è talmente concentrato sul bene degli altri che nemmeno pensa al suo.

Grazie, Cavaliere, di questa storia, spero che la porta non si chiuda proprio del tutto e, forse, quello sguardo di intesa tra Gral e il conte svedese può essere una piccola speranza che la tua penna lucente e affilata più che mai torni da queste parti.

Sempre il mio abbraccio, Cavaliere, e grazie,
Sett.

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