Recensioni per
Storie di Veglia
di Dira_

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
10/06/23, ore 22:02

Oh ma che sorpresa!
Questo estratto di prequel mi fa sorridere. Ormai i tuoi personaggi sono Entità, hanno vita a sé, perciò è bellissimo ricontrarli così inaspettatamente!
Tu e il soprannaturale siete una cosa sola. Mi fai pensare ai miei tempi d'oro in cui andavo alla ricerca di fate e folletti nei boschi. Mi piacerebbe ritrovare quell'entusiasmo e fermarmi ad ascoltare i suoni che dopo un temporale si sentono tra gli alberi.
Ah, mia cara Dira. Tiro un sospiro speranzoso, non si sa mai che quella bimba interiore riemerga e mi faccia ritrovare la magia delle cose semplici!

Nuovo recensore
08/12/22, ore 20:34

Bellissima anche questa e complimenti per il premio!

Da emiliana la descrizione della stazione e della città avvolta nella nebbia mi ha fatta sentire molto a casa, l'unica differenza è negli articoli davanti ai nomi maschili e il risotto alla fiera di paese :P noi preferiamo i tortellini
Però l'atmosfera perfetta, da leggere sotto la coperta e con le luci tutte accese...

Recensore Junior
08/12/22, ore 13:56

E con questo aggiornamento Racconti di Veglia vola dritto tra le storie preferite!
Sul serio, sei riuscita a farmi provare quel senso di struggimento, alienazione, malinconia e segreto affetto che i paesi e le campagne Lombarde al di fuori di Milano mi hanno sempre comunicato.
Questo non era scontato, perchè secondo me è più facile descrivere l’atmosfera magica di quei posti in Italia che sono già di per se’ folkloristici, spesso lasciati essere tale anche per scopi turistici, che non di quei posti e quelle regioni in Italia che tutto ciò che avevano di magico, naturale o colorato s l’hanno soffocato o stanno provando a soffocarlo da decenni. In che non vuol dire che il folklore non ci sia più: anche la battaglia tra un’anonimo e asettico fumo industriale e un’altrettanto grigia ma più eterea nebbia di palude, che avvolge l’intera zona da ottobre a gennaio rendendo impossibile distinguere i contorni delle case, dei paesi, portando con se’ un’impalpabile e invincibile malinconia e facendo sfumare il confine tra ciò e che è vero, è una forma stessa di atmosfera folkloristica. Più triste, più ambigua, più struggente di quella tipico di altre zone italiane, ma chi dice che non c’è nulla di creepy nella Monza-Brianza moderna non ci ha mai vissuto in autunno e soprattutto in inverno, punto.
È un’atmosfera magica meno intensa e soprattutto diversa da quello dell’Appennino, meno evidente e caratteristica, ma in un certo senso più nostalgica e spettrale, perchè non è data dal verde profondo e rigoglioso dei boschi, ma dal grigio impalpabile e malinconico della nebbia invernale e autunnale. È una giostra che ho visto una volta a Monza che girava e girava e girava senza bambini sopra in un parco desolato di un’autunno uggioso, sono i cimiteri in luoghi sperduti, avvolti da una nebbia quasi gotica per sei mesi l’anno, è la tradizione (ormai credo perduta, ma mia nonna ha fatto in tempo a viverla) di vestire ogni anno il 13 dicembre una bambina del paese di bianco e farle interpretare la Santa a cui i fratelli strapparono gli occhi.
Tutto l’aspetto creepy e spettrale sta lì alla fine, in quella nebbia che, appena esci dai rassicuranti confini di Milano-città, sembra salire dalle campagne per avvolgere le strade, e sembra intimarti di andare piano, non importa quanto la strada sia sicura e quanto tu creda di sapere tutto, perchè ormai non è più estate, e tra il giorno dei Morti e l’Epifania devi convivere con questa nebbia dal sapore di fantasma ti impedisce di distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è antico e pericoloso da ciò che è nuovo sgargiante.
Scusa se sto divagando, ma sto cercando di racchiudere in questa recensione tutte quelle sensazioni e quei ricordi che la tua breve storia mi ha risvegliato, pur senza nominarle direttamente. Leggere le tue storie sul folklore dell’Appenino toscano è per me come essere accompagnati ad esplorare un posto bellissimo che prima si conosceva solo superficialmente, da chi invece di quel posto conosce ogni emozione ed ogni segreto. Leggere questa storia invece è stato come venir trasportati in un ambiente e un’atmosfera che magari si detesta un po’, ma a cui si vuol bene come si vuol bene solo alle cose particolarmente famigliari, legate ai ricordi d’infanzia. Le cose a cui si vuol bene controvoglia, con un po’ di rancore, ma fedelmente e intensamente. 

Quegli articoli davanti ai nomi propri, quei treni in quelle stazioni anonime avvolte dal grigiore, e sotto le banchine deserte e fredde lo spauracchio di quei tossici senza casa che nessuno conosce ma tutti imparano a temere, quel senso di vuoto malinconico spezzato solo dal chiasso, dalle risate e dai litigi dei ragazzini pre-adolescenti che si muovono in piccole bande...

Gli ultimi avanzi della fiera di paese, in cui *il* Ricky ha mangiato il risotto, svaniscono nel buio ed è già notte fonda poco dopo le undici. Le strade sono immerse in un silenzio antico e innaturale, qualcosa di profondo che non può essere spezzato dal rumore lontano e moderno della musica di un locale, che suona chissà per chi e chissà per quanto, per un mondo completamente diverso da quello per cui è stata bruciata la giöbia. 
Il fumo del falò che svanisce nell’aria dopo aver bruciato il fantoccio *sbagliato*, perchè nessuno si ricorda più cosa si debba bruciare esattamente, e la strega vera che i nonni dicono bisognava bruciare che invece è viva e vegeta, solo che nessuno la ricorda, anche se qualcuno può sentirne la presenza come si sentono sulla pelle i brividi che preannunciano l’arrivo di cose sgradevoli; ma nessuno la vede, perchè si mimetizza nella nebbia e nel buio che avvolgono la sera di un paesino di provincia, e insegue i bambini per mangiarli, prima di venir sconfitto da un mondanissimo set di accendino+lacca per capelli abbandonati nella borsa di una madre distratta e indaffarata, e usati all’occorrenza da una ragazzina coraggiosa e intraprendente. Una ragazzina che appena sconfitta la strega è già tornata ad essere scettica sul fatto che la leggenda sia realmente vera, o che quello che ha sentito e visto sia stato reale, e non un’autosuggestione...eppure probabilmente da questo momento si porterà sempre dietro un’accendino e una pacca per capelli, perchè “non si sa mai”.
(Recensione modificata il 08/12/2022 - 01:57 pm)
Spero che continuerai e approfondirai le storie di anche questi personaggi, perchè amo i personaggi del ciclo toscano di Malacena e spero di leggere la fine della Selva Oscura ed eventuali sequel, ma ora vorrei anche saperne di più su Chiara e i suoi amici. Complimenti e spero che questa raccolta di storia sul folklore magico italiano diventerà un giorno un progetto più ampio conosciuto anche fuori da efp, perchè nasce da un’idea interessante e originale che tu sai sviluppare al meglio.
(Recensione modificata il 08/12/2022 - 02:02 pm)

Recensore Junior
31/10/22, ore 18:15

Proprio nel.momento che ho lasciato una recensione estremamente logorroica a Opera Al Nero hai pubblicato la nuova storia! Aspetto come sempre il nuovo capitolo della Via Smarrita, ma ho apprezzato anche questa storia. È interessante come Marina sia stata una madre distratta con entrambe le figlie, ma in modo diverso: mentre con Cate lo è in modo permissivo, forse anche troppo, per Roisin , la maggiore, l'assenza continua della madre voleva dire assumersi sempre nuove e maggiori responsabilità, in un'età in cui tutto quello che si vorrebbe fare è uscire con le amiche e vivere esperienze di socializzazione normali e sane, com'è giusto che sia. Che poi che Marina, come madre single e lavoratrice E come Sorvegliante, si trovasse spesso, durante l'infanzia delle figlie, in una situazione "damn if you do, damn if you don't", è un altro discorso di cui abbiamo già parlato in passato. Ma la verità è che spesso un genitore può avere tutte le comprensibilissime giustificazioni del mondo per il fatto di aver responsabilizzare troppo e troppo presto il/la proprio/a figlio/a, ma rimane il fatto che così facendo ha privato suddetta figlia o figlio di determinate esperienze di crescita, con cause psicologiche più o meno gravi a seconda dei casi e della frequenza con cui avveniva. È un po' il succo del rapporto Roisin-Marina, e fa un bel contrasto con la prima volta in cui, attraverso il PoV di Cate, ci viene raccontato quanto sia *figo* avere Marina Silvani come madre.
Ovviamente ho ADORATO il fatto che il climax della storia sia la paura che Roisin prova per Cate: rimanere a casa con la sorellina è un obbligo sgradevole percepito come un'ingiustizia, e un po' lo è, perchè è Marina che scelto di adottare Cate, non Rosi, e perciò dovrebbe essere Marina ad occuparsene. Aldilà di tutte le giustificazioni di Marina, che ripeto io capisco, le ragioni di Roisin, sia pure venute di quell'episodio tipico dell'adolescenza, sono sacrosante, perchè dietro la mancata festa di Halloween c'è un problema più grande, che è: chi si occupa di Caterina quotidianamente? Spoiler: non Marina. Però ciò non toglie che Roisin voglia bene a Cate, che le voglia DAVVERO bene, non solo come responsabilità (Roisin è il tipo di persona che a lungo andare si affeziona alle sue responsabilità e ai suoi fardelli) ma proprio come sorella. Aldilà del sangue, delle apparenze, dei caratteri diversi, dei conflitti e dei risentimenti. Roisin avrebbe potuto riversare addosso a Caterina il risentimento per la sua mancata adolescenza, e io non l'avrei giustificata, ma sicuramente l'avrei capita. Una sorella che è sia la prova vivente del tradimento di uno dei genitori sia, data l'assenza sistematica di suddetto genitori e quella intermittente dell'altra, un "fardello" che si ritrova a dover crescere, educare e proteggere quando lei stessa è poco più che una bambina che dovrebbe essere protetta e accompagnata nel suo cammino di crescita. E invece Roisin vuole bene a Cate come a nessun altro al mondo, forse neanche a Tobia. Perchè, forse, inconsciamente, nonostante lo scompiglio che l'arrivo della piccola ha causato nella famiglia e nella vita di Roisin, quest'ultima capisce che la sorellina, come lei e forse ancora più di lei, è solo un'altra vittima di questo scompiglio, non la causa, che invece su trova nel padre la Rossa Silvani è un personaggio che spesso viene accusato di non guardarsi dentro abbastanza, e in alcuni casi è vero, però in questa occasione ha dimostrato una lucidità inconscia e una maturità emotiva non Comun per un'adolescente. Quanti adolescenti finiscono per risentire fratelli e sorelle minore per dinamiche che erano e sono sempre state colpa dei genitori?
....Ah, ma è qui che Ariele entra a far parte della famiglia! Per difendere e proteggere Cate! Momento tenerezza e fangirling acuto. Amo Ariele. E amo come ha deciso che Cate è la *SUA* Silvani.
Da amante dei gatti, non posso che apprezzare il ruolo di protettori che hanno nella tua storia: per carità, menefreghisti verso tutto e tutti, aiutanti che più che aiutare fanno dei giochetti mentali e moine per ottenere cibo e coccole, ma estremamente protettivi delle LORO persone (non della loro famiglia, come i cani: i gatti sarebbero capace di dare un membro della famiglia, colpevole solo di non saper fare i grattini bene, in pasto a una tigre, e poi divorare la stessa tigre se attacca quello che loro ritengono sia uno dei membri SIMPATICI della stessa famiglia) e dei LORO luoghi. Metà Creature dell'Altrove, metà protettori dalle stesse creature.
Oh poi, manco a dirlo: ho apprezzato anche il fatto che specifichi che in certi paesini italiani Halloween è/era una festa che non ha senso, MA esistevano comunque altre tradizioni legate al culto dei Morti, tradizioni pagane inglobate poi nella tradizionale folkloristica cattolica italiana.
(Recensione modificata il 31/10/2022 - 06:22 pm)
(Recensione modificata il 09/11/2022 - 02:39 pm)