Ciao carissima^^
Il diario di Elia Avanzini ci spiega molte cose. Ci dà uno scorcio su una vita fatta di apparenza, un padre dall’aura irreprensibile, una madre tutta dedita a opere di carità e attività mondane, una scuola perfetta, una carriera già tracciata.
E poi, come spesso succede, vai a grattare un po’ e trovi il marcio, perché nella buona borghesia è facilissimo trovarlo, dietro questa apparenza perfetta (non so se hai presente la canzone sulla borghesia del compianto Claudio Lolli).
In ogni caso, Elia è bravissimo a recriminare, ad accusare, a detestare la sua famiglia e i suoi segreti miserandi, ma a parte ciò fa poco altro.
Il massimo atto di ribellione è stato andare a fare una finta vacanza e lavorare in un emporio per un mese, poi Vittorio l’ha trovato e lui docilmente è tornato a casa.
Chiaramente, quello che tu riproduci in questo capitolo è il diario di un adolescente, quindi pieno di sentimenti estremi, di ideali e di ardore. Elia Avanzini non è mai stato felice in vita sua, ha odiato con tutta l’anima, ha amato forse altrettanto intensamente, ma non ha mai avuto (né avrebbe potuto averla, essendo adolescente) una percezione della realtà che includesse anche la mera quotidianità.
A questo pensa Vittorio De Nistri, il grigio, anodino, conformista De Nistri, che però gli ha assicurato una vita di agi, un’istruzione di alto livello e una carriera sfolgorante.
Elia voleva forse il brivido, l’imprevisto, la “vita spericolata”, sempre per stare su canzoni ben note, però poi ha rinunciato a fare il famoso “grande salto”, non ha mandato alle ortiche la sua vita di lusso per andare a fare il portalettere in qualche paesello sperduto, non ha sposato un’Olivia qualsiasi per poi andare a fare l’operaio da qualche parte, povero ma felice, secondo un modo di dire che ho sempre trovato quanto meno poco realistico.
Perché chi piange in una Mercedes non ha idea di cosa voglia dire piangere in una Cinquecento, o magari proprio sul ciglio della strada, senza nemmeno un catorcio miserando, come Artin, che stava per ammazzarsi, e l’avrebbe fatto, perché non sapeva più dove sbattere la testa e quello sembrava l’unico modo per aiutare la sua famiglia.
Quindi chi ha torto, chi ha ragione? Nessuno, ovviamente, o forse tutti. Qui vediamo un punto di vista, che è quello di un ragazzino che ha avuto una vita per tanti aspetti brutta, ma per tanti aspetti anche invidiabile.
E non so se quel famoso cielo di carta Elia non l’ha strappato perché non ne ha avute le possibilità o perché alla fine non ne ha avuto il coraggio, e come il detestato De Nistri si è adattato a seguire la corrente.
Un capitolo molto bello, complimenti. In questi pezzi di introspezione estrema sei bravissima!^^ |