I tuoi versi sono come al solito inconfondibili. Ci va "inchiostro" buono per scriverli. Ti entrano dentro come stilettate, benefiche. Una sorta di agopuntura.
Descrivi intensamente un attimo, uno di quei momenti che si cade dalle nuvole e ci sembra di aver perso il treno.
In ritardo? O addirittura ritardati, ma con orgoglio?
Si sa, ciò che conta è fare i conti. È questo il succo delle allegre compagnie: contare i soldi, contare quanto ci vestiamo e quante volte ci svestiamo, contare i giorni di vacanza. Contare e raccontare.
Ma basta un attimo e si è soli: "dove sono finiti tutti?".
Non si tratta di fare distrattamente i conti. È proprio non saperli fare. Tant'è vero che quest'attimo diventa "una vita che…". Sempre lo stesso libro che si sfoglia e si risfoglia daccapo; non senza diletto: "riscopro". Perché c'è diletto anche nel riscoprire l'acqua calda.
Ci si barrica dietro labili scuse: "scusate se avevo da fare".
Forse però si avverte che c'è davvero qualcosa che non va: si scambia il giorno con la notte ("che ore sono?"); l'inchiostro macchia; i granelli disperdono; i pensieri rimbombano.
Ritardo, scontroso, orgoglioso.
È quello che ci allontana? O piuttosto ci avvicina, scrivendo e leggendo?
Sempre molto profonda.
Sempre con eleganza. La testa fra le nuvole e la mano fra i fiori.
Un abbraccio. |