Caro Old, eccomi qui! Come ti avevo anticipato, mi son segnata questa storia, molto curiosa di leggerla, e finalmente l'ho fatto, quindi adesso mi devi sopportare coi miei commenti xD
In realtà prometto di non blaterare, anche perché certi argomenti, nella loro complessità, non richiedono ciance, anzi. E ho apprezzato di questa lunga os proprio l'asciuttezza e la misura con cui hai reso la guerra e l'effetto devastante che ha su un ragazzino. La storia di Axel ci mostra quanto a poco servano le parole o tutti "metodi di contenimento" molto razionali, tipici della mentalità dell'Occidente, nell'affrontare i traumi, metodi che non si confrontano con l'orrore insito nella vita, non ne hanno le capacità, forse proprio il coraggio.
Il passaggio che mi ha colpito di più, come potrai forse immaginare, è proprio quando il giovane Porter pensa al confronto con l'orrore e a come Iskander e molti della sua razza ne abbiano fatto uno strumento. Lo capisce anche lui, a un certo punto, dopo tanto travaglio, che l'unico modo per avere un po' di pace è confrontarsi con l'orrore, "guardare il buio ad occhi aperti" per citare una bellissima frase di Carrère che mi è sempre rimasta impressa. Tutte le soluzioni per curare il suo disturbo, quando rientra in patria, si sono rivelate fallimentari, tanto da spingerlo quasi al suicidio, buttando via quella vita miracolosamente "graziata" ancorché maledetta dal peso di essere sopravvissuto; ed è particolare come trovi il modo di uscire da quella spirale non grazie ai metodi appunto razionali, scientifici, burocratici che gli offrono i suoi simili, ma in una visione più vasta e ancestrale, mi sembra il termine giusto (a te molto caro, lo so!) che lo porta non a un mero disegno di vendetta ma di giustizia, anche per sé, per acquietare il senso di colpa che prova.
Interessante poi anche il confronto con il padre, che è della parrocchia di stringere i denti e andare avanti, un'altra generazione che non riesce a capire il turbamento del figlio. In realtà lui e Axel sono più simili di quel che si pensa, solo che Axel per me fa un "passo in più", più spirituale, ecco. Dall'esterno può sembrare una pazzia la sua decisione di ritornare in Afghanistan, letteralmente nell'inferno, ma si vede che era quello di cui la sua anima aveva bisogno: doveva chiudere il cerchio, in barba a qualsiasi possibile ripercussione, altrimenti non avrebbe mai smesso di tormentarsi per tutta la vita. È qualcosa che un tribunale o la società non potrà mai capire, ma d'altronde si parla di guerra e in guerra le leggi degli uomini scompaiono, se ne impongono altre. Questa storia mostra molto bene tutto ciò.
Ecco, come vedi mi è venuto un commento un po' pseudo-filosofico delirante, spero che si sia capito qualcosa ^^' È che questa storia mi ha ispirato una lettura, come dire, a diversi livelli. Ovviamente, non c'è bisogno che lo dico, è ottimamente scritta, sempre tanti complimenti per il tuo stile lineare eppure risonante, per la precisione delle dinamiche belliche e gli slanci suggestivi qua e là, quando descrivi certi paesaggi, che arrichiscono il testo e fanno avere la sensazione di essere proprio lì, tra le montagne, in un paese di guerra, in un buio così denso da non avere nessuna luce.
Chapeau, dunque, e tantissimi auguri per il contest!
Prim |