Recensioni per
Non ho più paura
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
30/09/23, ore 15:23

Caro Old, eccomi qui! Come ti avevo anticipato, mi son segnata questa storia, molto curiosa di leggerla, e finalmente l'ho fatto, quindi adesso mi devi sopportare coi miei commenti xD
In realtà prometto di non blaterare, anche perché certi argomenti, nella loro complessità, non richiedono ciance, anzi. E ho apprezzato di questa lunga os proprio l'asciuttezza e la misura con cui hai reso la guerra e l'effetto devastante che ha su un ragazzino. La storia di Axel ci mostra quanto a poco servano le parole o tutti "metodi di contenimento" molto razionali, tipici della mentalità dell'Occidente, nell'affrontare i traumi, metodi che non si confrontano con l'orrore insito nella vita, non ne hanno le capacità, forse proprio il coraggio.
Il passaggio che mi ha colpito di più, come potrai forse immaginare, è proprio quando il giovane Porter pensa al confronto con l'orrore e a come Iskander e molti della sua razza ne abbiano fatto uno strumento. Lo capisce anche lui, a un certo punto, dopo tanto travaglio, che l'unico modo per avere un po' di pace è confrontarsi con l'orrore, "guardare il buio ad occhi aperti" per citare una bellissima frase di Carrère che mi è sempre rimasta impressa. Tutte le soluzioni per curare il suo disturbo, quando rientra in patria, si sono rivelate fallimentari, tanto da spingerlo quasi al suicidio, buttando via quella vita miracolosamente "graziata" ancorché maledetta dal peso di essere sopravvissuto; ed è particolare come trovi il modo di uscire da quella spirale non grazie ai metodi appunto razionali, scientifici, burocratici che gli offrono i suoi simili, ma in una visione più vasta e ancestrale, mi sembra il termine giusto (a te molto caro, lo so!) che lo porta non a un mero disegno di vendetta ma di giustizia, anche per sé, per acquietare il senso di colpa che prova.
Interessante poi anche il confronto con il padre, che è della parrocchia di stringere i denti e andare avanti, un'altra generazione che non riesce a capire il turbamento del figlio. In realtà lui e Axel sono più simili di quel che si pensa,  solo che Axel per me fa un "passo in più", più spirituale, ecco. Dall'esterno può sembrare una pazzia la sua decisione di ritornare in Afghanistan, letteralmente nell'inferno, ma si vede che era quello di cui la sua anima aveva bisogno: doveva chiudere il cerchio, in barba a qualsiasi possibile ripercussione, altrimenti non avrebbe mai smesso di tormentarsi per tutta la vita. È qualcosa che un tribunale o la società non potrà mai capire, ma d'altronde si parla di guerra e in guerra le leggi degli uomini scompaiono, se ne impongono altre. Questa storia mostra molto bene tutto ciò.

Ecco, come vedi mi è venuto un commento un po' pseudo-filosofico delirante, spero che si sia capito qualcosa ^^' È che questa storia mi ha ispirato una lettura, come dire, a diversi livelli. Ovviamente, non c'è bisogno che lo dico, è ottimamente scritta, sempre tanti complimenti per il tuo stile lineare eppure risonante, per la precisione delle dinamiche belliche e gli slanci suggestivi qua e là, quando descrivi certi paesaggi, che arrichiscono il testo e fanno avere la sensazione di essere proprio lì, tra le montagne, in un paese di guerra, in un buio così denso da non avere nessuna luce.
Chapeau, dunque, e tantissimi auguri per il contest! 
Prim

Recensore Master
10/09/23, ore 11:55

Carissimo, sprezzante del pericolo e ignorando i tuoi avvertimenti a stare lontano da questa storia a causa della sua lunghezza, eccomi a commentare la vicenda di Axel; una vicenda umana e personale sullo sfondo tragico della guerra in Afganistan.
Sapere, col senno di poi, com'è finita la permanenza degli americani in quella regione rende ancora più drammatico il sacrificio di moltissime giovani vite.
Dicevo vicenda personale, quasi intima, perché nonostante i continui pattugliamnti, gli scontri e gli agguati, fin dall'inizio c'è il soldato in primo piano e tutto quello che gli accade intorno viene filtrato attraverso il suo punto di vista. Axel non sta bene, s'intuisce subito, ma riesce a reggere alla pressione fintanto che può contare sul supporto della sua squadra, quando questo precario equilibrio va in frantumi comincia la sua discesa all'inferno.
Un trauma del genere ti segna a vita e non c'è terapia o supporto che tengano, lo vediamo quindi peregrinare da uno psicologo all'altro, cadere nella dipendenza da alcol e psicofarmaci, nella quasi totale incomprensione della sua famiglia.
Il padre soprattutto, che appartiene ad un'altra generazione, altri valori, altre esperienze e non vede le ferite dell'anima liquidandole come debolezze di carattere.
Il gruppo di supporto rappresenta il punto di svolta e anche il punto più basso a cui arriva Axel, che tenta il suicidio (e la cosa non mi stupisce!).
L'incontro provvidenziale con lo sciamano è, a mio parere, la parte più bella della storia: il momento della rinascita e della consapevolezza. 
Non è un miracolo, non ha guarito Axel, ma lo ha rimesso in piedi e gli ha ridato uno scopo.
La parte finale è la chiusura del cerchio, il giovane soldato va a completare la sua missione, per dare pace a sé stesso, anche se non è la pace in senso religioso, quanto piuttosto un venire a patti con le proprie paure e riuscire a dominarle.
Per concludere: menzione d'onore non solo al protagonista, che hai delineato così bene, ma anche ai molti personaggi secondari come appunto lo sciamano, la seconda psicologa militare, i veterani del gruppo di supporto.
Ovviamente ti faccio un grosso in bocca al mannaro (o allo spirito lupo dello sciamano ^^) per il contest!

Recensore Master
06/09/23, ore 14:15

Carissimo,
ho letto tutta la storia con molta attenzione e i passaggi vissuti da Axel, resi nei vari blocchi narratologici sino alla conclusione, sono svolti con giusta misura e notevole capacità argomantativa. Mi riservo di commentare quando pubblicherai per capitoli, ma volevo comunque lasciare un pensiero. ^^
Un bacio!

Recensore Master
03/09/23, ore 12:16

Questo è sicuramente il oneshot più lungo che hai scritto, e sono assolutamente sicuro che sia anche il più bello tra le tue opere a tema bellico. Innanzitutto per la scelta di trattare la guerra in Afghanistan, tema relativamente recente e poco affrontato nelle storie. Poi, l'eccellente caratterizzazione dei personaggi, in particolare il povero Porter. Lui arriva lì, con la sua divisa pulita pulita, bello allegro e pieno di ideali, e deve subito scontrarsi con gli orrori della guerra. Orrori abbastanza particolari, che traumatizzerebbero anche uno come Rambo. Lasciatelo dire, certe scene mi hanno fatto venire i brividi. Per fortuna, anche se con molte difficoltà, alla fine il povero Porter si riprende. E speriamo bene per il suo futuro!

Di nuovo complimenti per la storia, caro Old. Alla prossima!

Recensore Master
02/09/23, ore 17:13

Amico carissimo, quando si sa scrivere, come nel tuo caso, non esistono mappazzoni che tengano.
Mi sono immersa nella lettura di questo splendido racconto, e mi hai fatto partecipe della vita di un ragazzino che della guerra ha conosciuto l'unico vero aspetto.
Un ragazzino di 17 anni, che si è arruolato volontario, pompato all'inverosimile dal padre ex militare (che non si capisce se sia del tutto normale oppure no, da quanto ci appare completamente senza empatia ed indifferente alle sofferenze interiori del figlio reduce dall'inferno: una forma di difesa per non impazzire pure lui?). Sotto l'egida di Zio Sam, Axel voleva dare il suo contributo di americano in un paese dimenticato da Dio e financo da Satana. Un non-paese fatto di sassi e di persone che sembra che siano fatti di sassi pure loro, con una civiltà ferma ai tempi delle caverne o forse peggio ancora. Perché è questo che succede, no? Tu ci credi, nella democrazia, nella civiltà, nei diritti umani: da occidentale, non puoi che pensarla come Axel. Vai volentieri insieme a lui, col pensiero, in quel posto maledetto dall'umanità, per portare un po' di speranza. Non ti nascondo, che, da donna, il  mio pensiero sia andato, una volta di più e grazie al tuo racconto, alle condizioni di vita miserande delle donne afghane.
Ecco: mi dico, il bravo marine che amiamo tanto, perché va ad aiutare i civili, le donne, i bambini. Va a proteggerli dai maledetti talebani.
Poi ti ritrovi un bimbetto sui dieci anni che ti viene incontro sorridente tutto ricoperto di tritolo, per farti saltare in aria insieme a lui.
Poi ti ritrovi, incaprettato, al reparto macelleria dove si fanno a pezzi gli esseri umani e ti chiedi se sei ancora vivo e cosciente,  mentre sei costretto ad assistere all'agonia dei tuoi compagni, o se stai solo annaspando in una specie di mondo alternativo e parallelo. 
Ed Axel ritorna a casa, distrutto nell'animo. Soffre pure della sindrome dell'impostore: lui è colpevole di essere vivo, di avere arti e faccia perfettamente integri. E' ancora il bel ragazzo wasp, alto, biondo e con gli occhi azzurri, di quelli che le ragazze guardano ben volentieri.
Ma è un impostore, dicevo, perché lui è vivo e sano nel corpo. Niente protesi, gli funziona tutto perfettamente: braccia, mani, gambe e piedi. Tutto si muove per bene.
Ma la sua mente no. Lui vive, gli amici del battaglione ora sono solo frattaglie.
Ma perché? Cos'ha di speciale Axel Porter per aver riportato il culo a casa, mentre gli altri no?
Per questo vuole sparire, pure da se stesso. Neppure l'oblio del sonno lo vuole. Sta sempre cosciente, pure negli incubi.
Mi ha commosso vedere questo ventenne, che potrebbe essere mio nipote, che cerca in tutti i modi di stare meglio. Mi sono scese le lacrime quando l'ho accompagnato dalla psichiatra, al bar dei reduci, dallo sciamano lappone. 
Ho esultato nel vederlo tornare in quello schifo di posto, per dare un senso al suo immenso dolore. Vuole riscattarsi, vuole perdonarsi, e può farlo solo chiudendo il cerchio. E ci riesce, grazie al cielo. 
Che arrivino pure l'inchiesta e la Corte Marziale: Axel si è perdonato.
Grazie, amico carissimo, mi sei mancato.