Mia cara milady, dall'avatar sparito, ci sono poesie che risvegliano i sensi (in senso lato, intendevo) ed altre che risvegliano gli interessi. Questo tuo nuovo gioiellino fa parte - per quanto mi riguarda - del secondo gruppo. Sono andato a rileggermi le 147 Massime delfiche, non senza diletto: 147 gioiellini (per rimanere in tema) di perduta sapienza greca, da cui tu trai la citazione iniziale. Ho gustato i primi quattro versi: impeto che tutti dovremmo avere, prima o poi, nel corso della nostra breve vita. Impeto che, negli ultimi versi, rimbomba dentro e fuori - difficile non ascoltarlo - e, solenne, si trasforma in divino vaticinio elevato a cosmologica dimensione. Culminando nell'ultimo verso che sembra suggerire che scopo della vita è principalmente quello di non rimanere soli. Ho riflettuto sulla variopinta e variegata molteplicità delle interpretazioni. Già, perché i tuoi versi, quelli intimistici e quelli oracolari, li avrei associati senza sforzo all'altra massima delfica, anche più conosciuta, la γνῶθι σαυτόν (conosci te stesso), che però non fa neanche parte delle 147. E poi anch'essa si presta e si è prestata a molteplici interpretazioni, da quella di "stare al proprio posto" a quella di "scoprire l'universo che è in se stessi". Boh… Tutta la realtà, e la verità stessa si prestano a un'infinità di interpretazioni, ma adesso sto pericolosamente scivolando fuori tema e… mi taccio, come si dice oggi. Un caro abbraccio.

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