Fa piacere leggere ancora una volta i tuoi versi belli, dopo un anno e mezzo di astinenza.
Musicali pur senza curarsi della metrica. Rimati pur senza curarsi delle rime.
Non è facile scrivere versi sciolti. E tu come sempre ci riesci.
Stavolta hai giocato con coppie di versi che iniziano con la stessa parola: una continua, efficace anafora.
Ci ho trovato un'accozzaglia di pensieri, affastellati in maniera disorganica, che assillano e si affollano. Tanta carne al fuoco, appena suggerita. Come aver dato la stura a un vaso di Pandora, dopo secoli di silenzio.
C'è attesa, come strategia di lotta col tempo, che ci ruba il momento presente.
C'è la ricerca insoddisfatta di una dimensione solitaria.
C'è scontentezza, che si riflette sul biasimo conflittuale verso la propria immagine.
Ci sono enigmatici granelli, come parti di sé che si perdono, irrimediabilmente. Sul fondo in vetro?
C'è noia per l'apparente monotonia del tic-tac (ma è davvero così uguale o siamo noi che non riusciamo più a coglierne le differenze?).
C'è paura per questa sorta di quiete prima della tempesta, il "giorno della verità".
Occorre rimboccarsi le maniche. Dormire anziché sonnecchiare. Dare una bella ripulita a quello specchio. Dare un senso a quei granelli. Come gocce di cioccolato per addolcire e decorare la torta.
Ma chi ce la fa fare? Si vive lo stesso, anche vivacchiando.
Un caro abbraccio. |
