Recensioni per
La cosa più terribile.
di ParalleliAlleli

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
06/08/24, ore 03:52

bellissima, non dovrei aggiungere altro anche se è troppo profonda ed è proprio vero quel che tu dici!
grande!

Recensore Master
11/07/24, ore 12:56

È bello - son tentato di dire: come il cacio sui maccheroni, se non avessi paura di rovinare tutto - il tuo far riferimento ad un elemento che ci accomuna tutti: la pioggia. Pioggia e lacrime.
È un’esperienza comune, è un modo per farsi capire appieno e per sconfiggere quella funesta sensazione di “solitudine totale”. Una specie di mal comune mezzo gaudio.

Gutta cavat lapidem, scrivevano i poeti latini, la goccia scava la pietra e questo fa da spunto pure alla tortura della goccia cinese.
Ma tutto nel nostro mondo imperfetto ha un doppio senso, e la stessa frase serve per affermare che col tempo e la pazienza si può ottenere qualsiasi risultato.

In questa poesia però non c'è neanche bisogno della pioggia per attirare a sè il lettore e per spiegargli le angosce della tua anima sensibile. Tutto è incredibilmente plastico, così come il risucchio e la ristrettezza delle “melme” mobili.
Ogni verso è perfetto da solo e perfetto affiancato agli altri.

Gli ultimi due versi - che, leggo, sono rimasti impressi in quanti hanno recensito - mi fanno molto meditare.
Non trovi in fondo che sia peggio, peggio che vivere credendo di essere già morti, morire illudendosi di essere ancora vivi?
Se ne vedono tanti, troppi, di zombi che credono di essere ancora vivi: gente che ha rinunciato alla propria anima.
Lasciamelo scrivere in tutta sincerità: c'è tanta voglia di vivere nei tuoi versi, e questo mi scalda il cuore.
Un abbraccio.

Recensore Master
10/07/24, ore 20:43

Già. È quella la cosa più terribile.
Specie perché quel dolore è tuo, solo tuo. Gli altri sono solo spettatori. E non possono capire.
Per questo la solitudine.

La morte non è niente, se sei già morto in vita.

Recensore Master
10/07/24, ore 15:25

Caro Gabriele,
noto che, dopo un periodo di silenzio, sei tornato con tante cose, o meglio, tanti stati d’animo da condividere con i lettori.
Questa tua ultima poesia è come ricevere una fucilata in pieno petto: è terribile il suo contenuto, come terribili sono le sensazioni che il tuo soggetto sta provando.
E’ evidente il senso di profondo smarrimento nel non riuscire a far emergere il vero se stesso.
Forte è la sensazione di annaspare senza essere in grado di contrastare ed uscire dalle acque fangose in cui è precipitato.
Quelle lacrime che rigano il suo volto bruciano come le fiamme del suo personale inferno, mentre ancora continua a chiedersi il perché sia costretto a tanta sofferenza, non trovando alcuna maniera per lenirla, tanto da sprofondare sempre più nella convinzione che quella che sta conducendo non sia vita ma al contrario lui sia un morto che cammina.
Poesia molto forte, che ho particolarmente apprezzato, la quale, forse, definisce un percorso che si è intrapreso, facendo uscire tutto il malanimo che si ha dentro alla ricerca di un fazzoletto di serenità.
Complimenti e un affettuoso saluto.

Recensore Junior
10/07/24, ore 14:35

Questi versi mi fanno venire i brividi, perchè ripercorrono esattamente il mio stato d'animo com'era fino a qualche anno fa. Poi per fortuna le cose sono migliorate, ma ricordo ancora bene le bruttissime sensazioni provate in quei momenti.
Versi tristi e intensi, ma belli.
Unico appunto al verso finale, che non mi torna tanto bene. Forse sarebbe meglio scrivere "Ma vivere credendo // di essere già morto". Suona meglio, secondo me.

Fede