Ciao cara Anna, eccomi nuovamente date: non ricordo se questa era una delle storie che mi hai suggerito, ma il titolo mi attirava e ho deciso di leggerla.
Come di consueto nei tuoi racconti vi ho trovato una commovente descrizione - sempre equilibrata, attenta a non cadere in facili suggestioni lacrimevoli - delle miserie umane e di quel covo di serpi in cui può trasformarsi una famiglia. Qui ci sono un padre tentennante, incapace di rivendicare il suo ruolo (e nessuno mi toglierà dalla mente che no, avrebbe dovuto lottare con molta più energia per non rischiare di perdere suo figlio per sempre), una madre disturbata e disturbante ma che, nel bene o nel male, è l'unico straccio di famiglia che il protagonista abbia avuto da quando ne conserva memoria. Un ragazzo miracolato dall'amore, che guarisce le sue ferite e lo aiuta a non odiare chi pure ha reso la sua esistenza un inferno. Entrambi, madre e padre, l'uno con la sua assenza e l'altra con la sua presenza asfissiante.
Perchè, alla fine, questo è un racconto sul potere salvifico dell'amore, che ti rende una persona migliore, più tollerante, più generoso nel comprendere e perdonare le debolezze altrui. Certo, rimane l'amarezza per il rapporto con il padre perso troppo presto, subito dopo averlo ritrovato, ma il protagonista non è solo ad affrontare il lutto e questo regala al racconto una prospettiva serena, quasi ottimista.
Un abbraccio, a presto. |