Inizio col dire che forse questo testo starebbe meglio nella sezione "nonsense", non perché non abbia un senso, sia chiaro, ma perché non è immediato né vuole esserlo.
Sono righe difficili da commentare perché imbevute di autobiografia e per questo motivo trincerate in una gabbia d'oro al quale il lettore non ha accesso; può allungare una mano attraverso le sbarre, ma entrare no. C'è dell'ermetismo, qui dentro, e devo dire che non sono un'amante del genere - di qualsiasi cosa preferisca affascinare piuttosto che comunicare - ma questa breve introspezione ha qualcosa di delicato e sfuggente che attira l'attenzione. Si intravede una figura femminile crudele ma dotata di un cuore, di un centro incontaminato. C'è una voce maschile che sussurra qualcosa che non riesce ad afferrare completamente nemmeno lei, ma che non rinuncia a inseguire quel petalo. Tra le altre cose, mi sembra di scorgere l'incapacità di prendere delle distanze che sarebbero salutari, da una parte, ma distruttive dall'altra.
A volte un po' satura di virtuosismi un po' artificiosi, a volte invece un po' banale nelle immagini e nelle espressioni, ma generalmente un lavoro "bello" nel senso più estetico del termine, tenue e soffuso, che rende bene l'idea dell'evanescenza e di ciò che è effimero.