Non sono ancora arrivata a studiare Ovidio e di lui ho letto solo le Metamorfosi, però questa storia della sua Musa mi fa impazzire: è qualcosa di estremamente profondo e forte, se ci si pensa. Il poeta è colui che è stato scelto dall'arte, colui che è amato dall'arte stessa, che diventa sua compagno e fedele servitore. Ma allo stesso tempo diventa suo figlio.
Questa tua storia, alla prima lettura, dà questa impressione: come se Ovidio, solitamente rassicurato dalla voce dolce e melodiosa di Eutrepe, ora si ritrovasse strappato da lei, come se essa fosse il seno dal quale si nutre -la poesia stessa- che ora non lo culla più, non lo tiene più mentre fa i suoi passi.
Lo stile è meraviglioso, Ire. Già la tua storia su Ulisse mi aveva affascinato, ma quando scrivi sei veramente brava <3 Mea culpa che non leggo tanto di te! Riprometto a me stessa di iniziare a studiarti, analizzarti e smembrarti ♥
È una storia breve, ma molto efficace: è il lessico, le parole scelte, la costruzione delle frasi, questo continuo evocare immagini forti e drammatiche ("Le onde rabbiose risuonano di lamenti ferini e ferite senza tempo."). Allo stesso tempo è carica di dolcezza, un amore profondo e smisurato che oltrepassa i confini fisici -è l'amore per l'arte, per la poesia.
Le ultime due richieste, che mi sembrano così accorate, ti stringono il cuore e sembra come se Ovidio prendesse per mano la sua Eutrepe e le chiedesse dolcemente: vuoi amarmi di nuovo? Vuoi prenderti cura di me, nuovamente?
Credo di aver sproloquiato abbastanza, vero?
La dedica finale, mia cara Ire, l'ho adorata. Mi ha lusingata profondamente e allo stesso tempo mi ha reso orgogliosa di me stessa: grazie, carissima.
Grazie, grazie, grazie.
Un natale con il sapore di antico e di bravura, la tua ♥ |