[4° classificata al contest La Caduta dell'Inverno Boreale]
Hai descritto due passaggi di formazione uno più affascinante dell'altro: quello dello spavaldo Leonnato, che ascende al Monte Zanna per passare attraverso lo sguardo del Signore dei Cieli, e quello dell'ambizioso Xante, che scende nei reconditi della propria anima per raggiungere il primo stadio di sintesi alchemica.
La descrizione che fai dei due personaggi (parlando in particolare di Barnaba e Leonnato, che sono i più dettagliati) è pregevole, efficace, sommaria. Ma in generale ho apprezzato il modo in cui descrivi, e anzi già il fatto che tu lo faccia ti fa onore (forse non nell'ambito delle originali fantasy, ma ahimè, purtroppo le descrizioni stanno diventando sempre più rare). Credo che la tua sia la storia con le descrizioni più dettagliate, tra tutte quelle in gara, e sicuramente quella con le parti descrittive meglio scritte.
Mi piace anche il modo, veloce ma incisivo, con il quale hai tratteggiato la città, Astaldo. L'hai descritta in poche righe, sbrigative in realtà, eppure complete. In poche parole ci hai fatto assaporare i suoi sapori e i suoi odori (il profumo delle focacce al miele e della carne alla brace), i rumori (lo scalpiccio dei cavalli, il rumore dei carri, le risate e le grida di giubilo dei bambini, la voce delle madri), i colori (le lanterne, gli stendardi azzurri e dorati, rigogliosi angoli verdi), tutto racchiuso in una bellissima ed efficace sintesi che chiama a raccolta tutti i nostri cinque sensi. E in ultimo non manchi di darci un abbozzo della sua planimetria e delle sue tradizioni.
Lo stesso, non ho ritenuto opportuno darti il massimo, perché manca comunque un pizzico di contestualizzazione in più. Le descrizioni che inserisci, soprattutto quelle "a tempo perso" (perché non strettamente necessarie alla comprensione della trama) di Astaldo, sono un piacevolissimo intramezzo, ma un intramezzo rimangono, un "parlare d'altro" prima di ritornare alla vicenda principale. "Il testo non è per le descrizioni, le descrizioni sono per il testo", non so se mi spiego. Sono un buonissimo contorno, ma non diventano mai il piatto principale, per questo ho deciso di non darti l'eccellenza.
In generale comunque amo il modo con cui scrivi. Amo il tuo stile. Sei chiara, incisiva, eppure non sei convenzionale né semplicistica. Hai una penna sicura, è evidente che il tuo stile è pienamente maturato, e non traballa neppure per una riga.
Ritornando a parlare dei personaggi, i discorsi del chierico sono qualcosa di squisito, ma in generale la sua caratterizzazione è molto colorita, davvero gradevolissima, anche se la sua figura così tratteggiata sa un po' di "già visto". Comunque, ciò non toglie che la sua presenza dia un tocco di colore a questo breve racconto, e che faccia anche scappare qualche sorriso a chi legge.
Per quanto riguarda Xante, invece, l'ho trovato meno approfondito come personaggio. L'atto alchemico prevale sulla sua personalità, diventa più importante dire cosa fa piuttosto che chi è.
Ne approfitto per passare a parlare della figura che dovevi sviluppare, l'alchimista. Ho apprezzato moltissimo la descrizione dell'estasi dell'alchimista, o meglio, del ragazzo che sta per diventare un alchimista. Durante la lettura di quei tranci di testo ho provato un meraviglioso senso di confusione e smarrimento, il tutto culminante in un crescendo estatico, e descrivi tutto quanto in modo assolutamente ordinato. È il disordine ingabbiato nell'ordine del metodo.
La descrizione dell'ascesa estatica dell'alchimista è qualcosa di sensazionale: complice il tuo stile assolutamente efficace, riesci a ricreare sulla pagina scritta quel turbine che avviene dentro e fuori il personaggio in questione. Il lettore inizia a leggere piano, titubante, e all'inizio le cose sono chiare, poi si mescolano sempre più per poi arrivare a un punto in cui riesce a capire poco e niente di ciò che sta leggendo (o meglio, capisce ciò che sta leggendo - perché, lo ripeto, sei sempre estremamente chiara - ma fatica ad interpretarlo, ad es., che significato ha la decapitazione del corvo?). Non capisce il sunto di ciò che sta leggendo, soprattutto a una prima lettura. Ma l'effetto che si viene a creare è assolutamente consono a ciò che vuoi non solo descrivere, ma anche concretizzare, evocare fisicamente con le parole.
Molto affascinante anche questa faccenda del Linguaggio universale, pare quasi un linguaggio in grado di nominare senza zone di ambiguità e in modo diretto la natura stessa, le cose esistenti.
Bella e devo dire anche di grande effetto visivo la personificazione degli ingredienti, mi piace moltissimo come hai deciso di rappresentare l'atto alchemico, di nuovo cercando di fare intendere al lettore… no, già dicendo intendere sbaglio verbo: non ti limiti a fare intendere al lettore, ma miri a far provare al lettore il sunto dell'esperienza che Xante sta vivendo in quel momento. Per come la vedo io, è un buon modo, il tuo, di illustrare un atto alchemico, è un'immagine molto efficace quella della personificazione e quindi della "fisicazione" degli elementi: l'hai ben distinto da atti che possono essere simili per procedimento, come seguire alla lettera una ricetta di una pietanza o (anche) di una pozione: l'alchimista deve fondersi fisicamente con gli ingredienti. È egli stesso un ingrediente. Ecco, ritengo che tu abbia magnificamente risaltato questo concetto, in quelle caotiche, deliranti, difficili scene di estasi alchemica. Ciò che manca, secondo me, per raggiungere la perfezione, è la soluzione finale, ma di questo parleremo meglio poco più sotto.
Intanto, per restare sempre in ambito personaggi, ho amato davvero tanto i loro nomi. Sono tutti e tre molto adatti a descrivere il ruolo che ogni personaggio compie all'interno della storia. In particolare Leonnato è alquanto eloquente. Sotto un certo punto di vista, leggo dietro le tue righe un concetto di predestinazione, in qualche modo, legato al nome. Il nome (di battesimo ovviamente) descrive il destino del personaggio che lo porta. Ma non posso dirlo con certezza, dato che per quest'unico caso potrebbe essere una coincidenza. Che Leonnato sia spavaldo e coraggioso e che si chiami Leonnato, per l'appunto.
Ma ora cambiamo argomento.
Per quanto riguarda l'originalità, hai assemblato magnificamente tanti particolari classici: il drago sulla montagna, il drago che custodisce il tesoro, la saggezza e l'antichità del drago (molti legati alla figura del drago insomma), e altri particolari dal sapore tolkieniano, tra cui il più eclatante: il Popolo Alto degli Elfi che vivevano nelle terre al di là del mare. O anche la scalata del Monte Zanna per alcuni particolari ricorda l'ascesa del Monte Fato. Ma questi rimangono particolari minimi, perché la tua storia, e il background della tua storia, hanno una personalità ben precisa. Vorrei saperne di più su Astaldo, sulle guerre che ha combattuto, sui nemici dai quali si è dovuta difendere, sulle fatiche che ha dovuto sopportare per mantenere la sua posizione: la sua storia.
Ma le parti che più ti hanno fatto guadagnare punti in originalità sono state senza dubbio quelle di Xante, e il tuo particolarissimo e personalissimo modo di descrivere la sua esperienza, che mi azzarderei a definire mistica.
L'impostazione del racconto è oltremodo ingegnosa: la tua scelta di separare le vicende di Xante e Leonnato in blocchi, e alternarli tra loro, fa sì che difficilmente il lettore si annoi.
Sarebbe stata una scelta perfetta se tu avessi messo più contatti tra le due parti, o se non volevi metterli prima, se almeno le avessi collegate in modo più eclatante sul finale. Così come sono, rimangono un po' fini a loro stesse, separate. In ogni caso, ho amato il passaggio tra la prima scena in cui appare Xante, e quella immediatamente successiva in cui si torna a Barnaba e Leonnato: ho apprezzato tanto l'espediente quasi cinematografico di usare la pioggia, lo scoppio del temporale, come elemento di transizione e di collegamento tra le due scene. Sarebbe stato ottimo, per come la vedo io, inserirne di più e di più significativi di questi punti di collegamento, ogni volta che spostavi il fuoco da un personaggio all’altro.
In sintesi, bellissima l'ascesa del Monte Zanna, bellissima l'ascesa "spirituale" (se così posso definirla) del nostro alchimista: sono due racconti di formazione diversi che accadono in parallelo, ma è forse questa la mancanza (praticamente l'unica, oserei dire, ma non di importanza nulla) di questa storia: non si risolve. I racconti dei due ragazzi accadono sì in parallelo, ma rimangono separati, e per questo rimangono fini a loro stessi, autosufficienti. Rimangono come nel titolo, separati da una "e", non vanno a intersecarsi. L'uno non serve all'altro, potevano quasi essere scritti in due one shot separate, una che narrava la vicenda di Leonnato, e l'altra di Xante. Per questo la figura dell'alchimista, benché occupi una parte importante di testo (quasi metà testo, mi sembra) rimane sullo sfondo, perché una volta assunto Leonnato come protagonista, non si riesce bene a identificare il ruolo dell'altro: lo spazio che gli dedichi si limita a coincidere con la descrizione di un passaggio, una bellissima descrizione, ma una descrizione rimane.
Per me si sarebbe potuto aggiustare questo problema iniziando con un'introduzione un po' più ampia del personaggio Xante, senza passare subito all'alchimista Xante. È un po' come se, nella prima inquadratura che gli hai dedicato, avessi figurato subito Leonnato alle prese con il drago, senza prima passare per l'importantissima fase della scalata, dove con calma ci presenti anche il suo personaggio, prima che il rito di passaggio avvenga. Per Xante invece hai fatto proprio così: senza introdurre il personaggio, l'hai subito inquadrato non sulla soglia del rito di passaggio, ma con un piede già oltre la porta: in questo modo, a mio parere, il momento cruciale del passaggio diventa meno apprezzabile. Magari in questo modo la storia si sarebbe allungata oltre le tue intenzioni, ma sarebbe stato più funzionale, secondo me, insistere un pelo di più sul prima e anche sul dopo di Xante, per costruire un personaggio vero, che andasse anche al di là del proprio ruolo di alchimista, e inoltre per inserirlo meglio nella storia.
Questo finale che ci hai proposto, dove si scopre che i due giovani si conoscevano, non è sufficiente per ricucire le due parti, che continuano a rimanere separate e indipendenti. E inoltre non è abbastanza d’effetto, e la storia si conclude sottotono.
Silvar |