Recensioni per
Questione esistenziale
di Mattimeus

Questa storia ha ottenuto 9 recensioni.
Positive : 8
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Veterano
01/05/12, ore 11:05

Stupenda! Ieri mi sono data alla lettura delle tue storie e, se le altre che ho letto finora mi sono sembrate molto belle, questa è davvero bellissima! *.* Non era dunque un caso che due su due delle tue storie contenessero riferimenti così palesemente filosofici. ^^ Questa è impregnata di Cartesio. I tuoi personaggi sono due lati di una stessa medaglia, a mio vedere, tutta cartesiana. Difatti, l'uno sembra rappresentare il lato metodologico, per così dire, di Cartesio, l'altro il lato dubitativo di Cartesio, imbevuto di una certa maieutica socratica. Nonostante questo, tuttavia, i personaggi talvolta si discostano dalla pura filosofia cartesiana ed assumono tratti propri, che li fanno sembrare più simili a dei personaggi reali e non più a delle figure emblematiche e simboliche, rappresentative di qualcosa.
Difatti, proprio come per la filosofia di Cartesio, si parte da un presupposto, ovvero che criterio basilare della verità sia l'evidenza, ciò che appare semplicemente e indiscutibilmente certo, mediante l'intuito. Ma l'uomo riscopre la propria esistenza nell'esercizio del dubbio; questo è il Cogito ergo sum: dal momento che è propria dell'uomo la facoltà di dubitare, l'uomo esiste. Cartesio capisce che qualunque cosa possa fare il Genio Maligno, questi non potrà mai far sì che l'uomo, il quale dubita di essere ingannato da lui, non esista. Egli inganna chi subisce l'inganno ma che dubita di essere ingannato e, se dubita, pensa.
Mi è piaciuta la riflessione filosofica che si è spostata dall'esistenza alla società odierna, in una critica sottile e ben fatta che ho apprezzato molto per come è stata scritta.
Certo, Perché la loro cosiddetta esistenza diventa sempre più scontata mano a mano che la loro popolarità aumenta. Ma io ti ho detto che l'esistenza non è scontata!” A questo aggiungerei che è vero anche il contrario, in un certo senso: ovvero, mano a mano che la loro popolarità diminuisce, tendono a scomparire anche loro, sprofondando ad un livello di isolamento tale, rispetto a ciò che erano prima, da rasentare la non esistenza, limitando ovviamente il campo al discorso principale dei giornali e dei media. E' infatti paradossale come gli esseri umani un giorno diano un'importanza addirittura esagerata a qualcosa o qualcuno che il giorno dopo non si ricordano neppure più chi o cosa sia. So che è un discorso trasversale rispetto al tuo e che c'entra sì e c'entra no, ma quella tua frase mi ha fatto riflettere anche su questo.
Dimostrano solo quanto sia sentito il bisogno di esistere. Chiunque vuole essere famoso. Chiunque vuole trovare prove della sua esistenza: vedere un proprio annuncio sul giornale, oppure leggere di un nostro amico o di noi stessi in un articolo, sentir parlare di un luogo dove siamo stati. Tutte queste cose, che ci danno la brevissima illusione di essere qualcosa nel mondo, non sono altro che la prova non dell'esistenza, ma del bisogno di sentirsi reali, reali quanto il mondo che ci circonda.” Questo pezzo è un vero e proprio piccolo specchio dell'umanità; l'umanità che vuole con tutta sé stessa essere qualcosa di più di quello che è per essere accettata; l'umanità che sul serio, forse, come dici tu, ricerca una popolarità caduca e fittizia per avere l'illusione di essere qualcosa, di sentirsi reali e parte del mondo che ci circonda. Io personalmente ritengo che l'Uomo desideri, in fondo al suo animo, essere accettato dagli altri, non rimanere solo e isolato, per quanto a volte la sua vanità lo porti a credere di essere superiore agli altri per la sua diversità. Verrà un giorno in cui anche il più vanitoso degli uomini vorrà abbandonare la sua diversità per mescolarsi alla massa; magari anche per poco, ma verrà il giorno in cui vorrà essere come tutti gli altri per essere da loro accettato.
E la fine... beh, la fine è, in parte, la conclusione cartesiana del Cogito ergo sum, ma da un altro lato è qualcosa che va oltre. Difatti A non arriva a credere di esistere in quanto esercita il pensiero. No, egli ci arriva aggrappandosi ai propri ricordi felici e al proprio presente, fatto di piccole cose e di persone che ama. “Non vorrei essere qualcos'altro.” E questa è la cosa principale, il riconoscere e l'ammettere di essere qualcosa che vada bene per sé stessi e non desiderare nulla di più; questa è una conclusione che, paradossalmente, smonta tutta la riflessione filosofica precedentemente costruita con una semplicità ed un'immediatezza notevoli. Come dicevo, l'uomo non è mai contento di ciò che ha; chi, come A, riesce a fare di quello che ha il fulcro della propria esistenza e del proprio Essere si può dire che sia arrivato a scoprire uno di quei piccoli segreti della Felicità, altro argomento sul quale i filosofi si sono lungamente dibattuti senza arrivare a nulla.
Molto bella, complimenti. ^^

Nuovo recensore
31/07/11, ore 22:17

Sei riuscito a riempire di significato un Nosense.
Molto bella, la si potrebbe quasi definire una rivincita dell'uomo medio sul filosofeggiare di un Cartesio a caso. Non banalizza il concetto, ma lo rende attuabile nella vita quotidiana fatta da un giornale e da una famiglia e dai personaggi famoosi... Sono contenta che ci sia qualcuno che si fa queste domande perchè da brava presuntuosa, presumo appunto, che questo ti renda vero.
:)
M.D.
(Recensione modificata il 31/07/2011 - 10:20 pm)

Recensore Master
17/03/11, ore 16:16

Ciao nonostante non ami lo stile copione questa storia è particolarissima, questa domanda esistenziale che tutti si pongono almeno una volta nella vita non trova qui risposta, ma già il fatto di pensare e di domandare della propria esistenza è una prova, "cogito ergo sum", ma dato che non filosofeggio la mia è solo un'opinione opinabile, povero A il suo interlocutore lo ha fatto impazzire...
Carina ^^

Recensore Master
18/02/11, ore 20:45

Una recensione ultrapositiva fatta da una che si sta laurendo in Filosofia ti può interessare?? XD 
Che dirti? Spettacolo puro! Qua e là ho trovato che manca qualche virgola, ma, per dirla con il tuo protagonista, "non mi interessa". Molto profonde le riflessioni e molto belli e poetici gli interrogativi, così come le risposte. Non mi metterò a fare una dissertazione su quel che penso della questione in sé, ma ti dirò che l'hai trattata egregiamente e hai scelto con cura le parole per ottenere un ottimo risultato. La totale assenza di introduzione, di descrizione, di presentazione di personaggi... l'aver ridotto tutto a scarno, puro significato è stata l'idea più geniale. Questa conversazione, calata in un luogo definito, con personaggi definiti, avrebbe perso parte della sua universalità e della sua efficacia. Complimenti!

Nuovo recensore
09/02/11, ore 16:33

Ed eccolo lì, che scrive capolavori e non avverte la sua zietta U.U prima o poi mi offendo, sai? *w* 
Ok, adesso, scemate a parte, davvero bellissimo. In alcune parti mi ha ricordato un po' il tono del mago dei numeri, non so se l'hai mai letto. E, beh, sì, direi che "contorto" è davvero l'aggettivo giusto. Grande Matt!
Vieni dalla zia che ti da i dolcetti *w* XDXD

Recensore Veterano
05/02/11, ore 08:49

Mi viene da dire: Cogito ergo sum!Secondo me non c'è nulla di più vero....se pensi vuol dire che esisti e non sei solo un illusione. Tra l'altro se mai noi tutti umani fossimo irreali, illusioni, non avremmo senso perché non ci sarebbe più nessuno di vero ed esistente da illudere. E allora nessuno si porrebbe il problema, nessuno entrerebbe in crisi. Se non esistessimo veramente non avrebbe senso nemmeno porsi il problema dell'esistenza...se ci domandiamo il senso della nostra vita su questo mondo credo non sia per comprendere fino a che punto siamo reali, ma piuttosto per dare risalto al nostro animo individuale che tra tutti quelli esistenti nell'universo è considerato meno di un granello di sabbia.

Recensore Junior
02/02/11, ore 16:36

accidenti.
Sono un po' scioccata. Al di là del fatto che mi piace sempre tantissimo quello che scrivi e che sono impressionata, non saprei davvero definire questo scritto con un termine più preciso.
E' un dialogo, e su questo non c'è dubbio, ma di certo non è un dialogo che si possa inserire all'interno di una piece teatrale perchè i tempi, le azioni e i pensieri sembrano essere più destinati alla lettura che non alla recitazione. E se fosse recitazione sarebbe sicuramente teatro di parola, e il teatro di parola ha sempre rimandi, per un verso o per l'altro, alla filosofia.
E questo ci porta a quello che è il dubbio che mi ronza in testa. Filosofia? Se dovessi dire la prima cosa che mi ha ricordato il tuo dialogo,  non potrei prescindere da quelli che sono i dialoghi di platone. ma allora perchè poi il tono ironico, quasi canzonatorio e altamente critico verso i filosofi? E' geniale e al tempo stesso follia pura.
Critichi la filosofia con il genere letterario che più di tutti la ha caratterizzata.
magico, davvero.
Per quanto riguarda i contenuti.... non posso negare che tutte queste domande siano la resa esplicita dei dubbi che tormentano tutti noi, forse in termini più precisi, più concreti... e mi piace.
Ma la chiusura...tu hai sospeso il giudizio. Il comportamento di A è antifilosofico, scettico. Mentre B... B è impressionante... è il Socrate della situazione, ma è un Socrate cattivo, un socrate antifilosofico, quasi sofista. E poi... non lo so.
E' tutto così assurdo e grandioso.
Credo che resterò a pensarci su ancora un po'.

Recensore Junior
01/02/11, ore 20:16

Contorto è la parola giusta, no? un perfetto discorso tra due menti contorte è esattamente quello che mi aspettavo da te :) i miei complimenti

Recensore Veterano
01/02/11, ore 15:48

Mi hai fatto riflettere. E di solito non faccio mai certe cose, come riflettere. L'ultima frase mi ha fatta impazzire..molto bella!